Vendemmia 2017, eccelsa ma dimezzata

Quella di quest’anno è stata una vendemmia decisamente sottotono.
Una vendemmia che si è compiuta sottovoce, senza farsi notare, molto tranquilla ed allo stesso tempo povera di entusiasmo.

La produzione di uva a Correggio, così come in modo generalizzato su tutto il territorio provinciale,
è risultata dimezzata rispetto a quella del 2016. E questo anche nei vigneti che sembravano aver superato indenni l’effetto delle brinate tardive del 19, 20 e 21 aprile.
Il freddo quindi ha avuto conseguenze negative sull’allegagione anche nei vigneti dove non si è verificata
la grave lessatura dei germogli. In quei casi purtroppo, a Correggio è stata particolarmente colpita la zona di Prato e Fazzano, la perdita di produzione è stata addirittura dell’80%. Oltre alla brinata tardiva l’inverno particolarmente siccitoso, asciutto, povero di umidità relativa e con basse temperature aveva già di per se diffusamente contribuito a disidratare i ceppi provocando un germogliamento anomalo. Gli esiti sulla produzione però sono stati ben più deludenti del previsto. L’ammanco produttivo di Ancellotta, la varietà da colore tipica ed esclusiva del reggiano, che a Correggio rappresenta circa il 50% della produzione, è stato esattamente della metà. Per i Lambruschi, Salamino in particolare, la resa ponderale è risultata migliore pur con un ammanco medio minimo del 30%. In questo caso le perdite quantitative inferiori derivano dal fatto che le gemme, al momento del ritorno di freddo, si trovavano
in una fase più precoce e quindi più protetta.

La qualità in compenso è eccelsa ma il vino che saremo in grado di produrre quest’anno, sia a livello provinciale che di comprensorio del Lambrusco, non sarà sufficiente a soddisfare la domanda.
Tanto che si è già verificato un forte rialzo delle quotazione le cui evoluzioni future sono imprevedibili e complesse.
La debacle produttiva però non è solo locale ma addirittura nazionale ed europea.
In Italia la prima stima di Assoenologi (Associazione enologi ed enotecnici italiani) che annunciava una mancanza del 25% dovrà essere rivista in negativo ed allo stesso modo anche Francia e Spagna, assieme all’Italia fra i primi tre paesi produttori di vino al mondo, stanno lamentando un forte crollo delle rese
in campo. Anche in questo caso la causa principale della mancata produzione è stato il freddo assieme
al gran caldo ed alla siccità. Siccità che nel nostro comune è stata controllata quasi ovunque, pur se
con un aggravio dei costi di produzione, grazie alla possibilità di realizzare puntuali irrigazioni di soccorso. Piuttosto il gran caldo ha costantemente interferito con la fisiologia della pianta tanto che
la maturazione è arrivata con alcuni giorni di anticipo rispetto alla norma.
In una situazione del genere è inevitabile un forte incremento delle quotazioni dei prezzi medi delle uve, imprevedibile nelle sue prossime evoluzioni, ma che già ora sta iniziando a lasciare sperare nella possibilità di arrivare ad eguagliare quelli record della vendemmia 1997. Un’annata, quella di 20 anni fa nella quale le uve reggiane furono pagate intorno all’equivalente, allora c’era la lira, di 85 euro al quintale. Un record storico senza precedenti.  Ma se proprio vogliamo andare a ritroso nella storia della viticoltura locale possiamo spingerci leggermente oltre e tornare alla vendemmia del 1991.
Ventisei anni fa la vitivinicoltura reggiana ha vissuto un’annata gemella a quella di questi giorni con un crollo generalizzato medio della produzione di uva del 41% rispetto alla stagione precedente. Identica anche nei numeri: 1,6 milioni di quintali di uva prodotta nell’anno precedente, pesante brinata primaverile e produzione di soli 998.000 quintali di uva.

Condividi:

Rubriche

Torna in alto