Uno sguardo dalla banca

Ermanno Ruozzi, dirigente BPER banca: Correggio è ancora una realtà invidiabile

Dai piani alti si gode di un panorama più vasto: è la regola, e vale anche in banca. 

Il panorama correggese che osserviamo, in questo caso, è «un bel riassunto della nostra economia».
È l’espressione cui ricorre Ermanno Ruozzi, direttore dell’area Emilia Ovest di BPER Banca, la nuova ragione sociale della storica Banca Popolare dell’Emilia-Romagna. 

Ermanno Ruozzi, prima di salire ai piani alti dell’Istituto di credito, per qualche tempo è stato direttore della Filiale correggese, dove lo incontriamo. 

Ma si gode davvero di un buon panorama economico in questo territorio? Ci fa un sunto del riassunto? chiediamo.
«Correggio continua ad avere un grado molto elevato di ricchezza diffusa -ci assicura Ruozzi.
Poi continua:- Ricchezza diffusa vuol dire minori diseguaglianze di reddito rispetto ad altre zone pure ricche, e quindi risparmi che rimangono maggiormente sul territorio e possono così essere intermediati dalle banche locali. 

La crisi ha indubbiamente intaccato anche a Correggio i redditi familiari e falcidiato il valore degli investimenti immobiliari, ma buona parte delle famiglie, stringendo la cinghia, è riuscita a difendere una certa capacità di risparmio: meno consumi, più sobrietà. La crisi ha fatto scomparire molte aziende commerciali ed artigiane, oltre all’edilizia e al suo indotto. 

Tuttavia le imprese che hanno resistito si sono rafforzate, poiché la cultura emiliana del “poche chiacchere e molti fatti” qui si è sposata con una forte vocazione all’esportazione, con la salvaguardia dell’attività di sperimentazione e con la difesa del capitale umano». 

Allora -azzardiamo- a determinate condizioni, il ‘piccolo è bello’ non è ancora un’eresia! Ma l’acquisto di imprese famigliari storiche da parte di multinazionali straniere, avvenuto in alcuni casi significativi proprio qui a Correggio, ci può lasciare tranquilli?
Ruozzi non si sottrae: «La forza dell’economia correggese sta nella presenza qualificata di molti settori e di diverse dimensioni aziendali, a cui si è aggiunta un’attività immobiliare prudente.
Ciò la differenzia da territori a noi vicini che hanno costruito la loro immagine economica su pochi settori, e che oggi faticano a mantenere una loro identità. 

Per quanto riguarda lo shopping di imprese locali, bisogna distinguere se si tratta di veri e propri progetti industriali oppure di operazioni a scopo solo finanziario, quindi a temine. 

Per la mia esperienza, fino ad ora, a Correggio abbiamo assistito a passaggi di proprietà del primo tipo (in certi casi dovuti alla necessità di dare continuità aziendale) e pertanto starei abbastanza tranquillo perché sono realtà strettamente connesse a sub-fornitori, competenze e servizi difficilmente replicabili fuori dal territorio in cui storicamente si sono sviluppate.
Questa garanzia di efficienza e di qualità spiega la sostanziale tenuta dei livelli occupazionali nell’industria correggese durante la crisi.
C’è qui un “microclima”, dovuto al sedimentarsi delle esperienze, che è attivo da molto prima che gli economisti cominciassero a parlare di “reti d’impresa” in senso stretto, ed ha come altro positivo effetto quello di mitigare le difficoltà di ricorso al credito in quanto consente ai finanziatori (banche) di valutare non solo il patrimonio contabile dell’azienda ma soprattutto le prospettive di sviluppo e di reddito dell’intera filiera in cui è inserita».

E per i prossimi mesi cosa possiamo aspettarci?
«Registriamo segnali positivi che riguardano proprio i fondamentali della economia correggese: la meccanica ha ordini in crescita,  riprendono ad essere stipulati i mutui, l’export è sostenuto dalla svalutazione dell’euro sul dollaro e dal basso costo delle materie prime. Se nel frattempo non interverrà un rallentamento negli scambi commerciali, la ripresa potrà diventare consistente quando ripartiranno i consumi interni: per ora registriamo solo un miglioramento della fiducia dei consumatori. Che ne è la premessa, ma non basta. 

Il governo sta facendo un ottimo lavoro sul finanziamento delle infrastrutture, sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni, sul cuneo fiscale e sulle agevolazioni alla prima casa. La stessa azione delle riforme agisce nella direzione di rendere più normale, e quindi competitivo, un paese che di per sé è molto complicato» conclude Ruozzi. 

Non ci resta che convenire. Il Paese è molto complicato. Il sentire popolare a Correggio, su questo, non si discosta certamente dal sentire di Banca… popolare. 

Ringraziandolo per la grande disponibilità, lasciamo Ermanno Ruozzi, con l’impressione di un giudizio incoraggiante sull’economia correggese. E lui ringrazia… Correggio, una tappa fondamentale del suo percorso professionale e, ci pare, un posto riservato nel suo cuore.

IL PARLAMENTO HA DETTO 33

La BPER Banca e la trasformazione in SpA voluta dalla legge n. 33

Ricorrendo al voto di fiducia, il Governo Renzi è riuscito a far approvare dal Parlamento una riforma che la Banca d’Italia invano sollecitava da anni.
La Legge 33 del 24 marzo 2015 obbliga le maggiori Banche popolari del nostro Paese (quelle con un attivo superiore agli 8 miliardi di euro, che sono 11 sulle 37 esistenti) a trasformarsi in Società per Azioni entro 18 mesi di tempo e a superare l’anacronistico sistema di voto capitario (una testa un voto, indipendentemente dalle quote possedute) ancora in uso nelle loro assemblee societarie.

Tra queste Banche c’è la BPER Banca, una delle maggiori banche italiane, quotata in Borsa, che conta con il suo Gruppo (oltre a BPER, il Banco di Sassari, il Banco di Sardegna e la Cassa di Risparmio di Bra) ben 1.300 filiali, 12.000 dipendenti, 2 milioni di clienti, 800 sportelli, ed è presente in 18 regioni italiane.

Ermanno Ruozzi non nasconde l’entità della sfida cui la governance di BPER Banca è chiamata, ma confida sui punti di forza del suo Istituto: «La scommessa di BPER è quella, pur avendo da tempo una dimensione nazionale, di mantenere comunque il rapporto privilegiato con gli interessi dei risparmiatori e delle imprese locali. 

Questa filosofia l’ha portata ad essere la prima banca sui nostri territori, con quasi 100.000 soci. 

E grazie ad essa è stata in grado di svalutare i crediti a rischio durante questa lunga crisi senza mai portare in perdita i propri bilanci».
Ruozzi fa capire che il sistema mutualistico nel settore bancario aveva ormai dei forti limiti, entrava in contraddizione con il libero mercato e limitava oggettivamente l’efficienza degli istituti. 

La trasformazione in SpA consentirà da un lato di patrimonializzare il Gruppo (come vuole la BCE) aprendolo maggiormente a nuovi investitori, e dall’altro lato di distinguere con chiarezza i ruoli tra clienti ed azionisti nella governance aziendale, evitando le trappole dell’autoreferenzialità e dell’opacità decisionale.

Ma il rischio di scalate da parte di grandi gruppi europei?
«La legge 33 lascia alle Popolari la facoltà di mantenere per due anni il diritto di voto degli azionisti sotto il 5% pro-capite. Noi lo useremo per scoraggiare avventure insidiose.
Poi, una delle ipotesi è quella di consolidare un nocciolo di azionisti affidabili che presidi le nostre caratteristiche storiche.
Vogliamo essere un player globale, ma sappiamo che il legame con il nostro territorio è la nostra eccellenza.
Comunque vada, Modena e la terra d’Emilia restano la nostra sede e la nostra forza: su questo non si discute, né oggi, né domani». 

Del resto, i modenesi rapirono una secchia e se la tennero.
Volete che oggi si facciano rapire una banca? E a Correggio la BPER Banca s’affaccia da sempre su Porta Modena…

M.D. e G.F.

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