Famiglia, comunità, continuità. Leggerete spesso queste parole nelle righe che seguono. Sono i tre fattori che hanno convinto i Veroni a cedere la storica azienda dopo cent’anni di successi. Sono anche i principi guida della famiglia Richardson e della loro Sugar Creek, azienda americana con base a Cincinnati, in Ohio. Saranno loro i nuovi proprietari del gruppo, che manterrà comunque inalterato il management: Marco e Guido Veroni resteranno gli amministratori delegati.
Ci incontriamo nella grande sala riunioni dello stabilimento di via Leonardo. Ci sono tutti: Michael e Jennifer Richardson insieme al giovane Sam, il CEO Daniel Hammer, Marco e Guido Veroni con Emanuela Bigi, responsabile dell’ufficio marketing.
Il clima è sereno e cordiale. Chiedo subito come sia nata l’idea dell’intesa con Veroni. Michael Richardson: «Quest’opportunità è comparsa in modo spontaneo: non la stavamo cercando attivamente, tant’è che stavamo vagliando una partnership “in casa”, con un’altra impresa americana. Siamo una private company, un’azienda familiare non quotata in borsa: veniamo spesso in Europa per confrontarci con altre ditte di questo tipo, perché sono più portate a condividere le best practices, le giuste strategie per guidare un’impresa. E così abbiamo incontrato la famiglia Veroni, capendo subito che era allineata coi nostri valori. Si prendono cura dei membri dell’azienda, così come facciamo noi. Più abbiamo avuto modo di conoscerci, più ci siamo sentiti tranquilli e convinti. La Veroni è incredibilmente complementare al nostro business nella gamma di prodotti offerti, ma la cosa più importante è che ci siamo sentiti davvero bene con Marco, Guido e tutta l’azienda. Ci è sembrato un “matrimonio” davvero naturale e organico». Chiude il cerchio con una frase molto tenera: «They had us at “Hello!”», ovvero «Ci hanno conquistati sin dal benvenuto».
«Il punto forte dei prodotti Veroni è l’autenticità. Noi vogliamo rappresentare un prodotto di qualità. Siamo qui per la qualità», rimarca con forza il CEO Daniel Hammer. Riprende la parola Michael: «Tante aziende scelgono di creare prodotti di fascia bassa, più economici. Abbiamo avuto modo di vedere il metodo ed il tempo che la Veroni impiega nella produzione dei suoi salumi: si sente tantissimo nel prodotto finale. Un’esperienza incredibile per il consumatore. Fate bene ad esserne orgogliosi».
Chiedo loro del mercato americano e della sua apertura a prodotti di importazione. «L’Europa è sempre avanti sui trend dell’agroalimentare, ma in America questo gap si è molto ridotto negli ultimi anni. Gli Stati Uniti sono sempre più una nazione di foodies, appassionati ed esperti di cibo: apprezzano la qualità ed hanno ormai a disposizione ogni genere di esperienza gastronomica. La charcuterie (il nostro classico tagliere di salumi) è ormai una cosa comune, di tutti i giorni. Ha un alto contenuto di proteine ed è senza carboidrati, valori nutrizionali molto apprezzati». Daniel gli fa eco: «Gli americani sono da sempre aperti a nuovi sapori, anche perché non abbiamo una vera e propria cucina tradizionale. Le tendenze prendono piede rapidamente: il vero obiettivo è far sì che questa passione si consolidi. Il Made in Italy è sempre molto amato perché è sinonimo di qualità: la Veroni ne è la prova vivente».
Gli chiedo ora di un vecchio adagio, un po’ triste, che narra la reticenza delle imprese straniere ad investire in Italia, a causa delle difficoltà burocratiche e legislative della nostra economia. «Vogliamo mantenere la continuità del management e dei suoi partner. Faremo molto affidamento sulla loro esperienza: faciliteremo la crescita in tutti i modi, ma non interferiremo sulla gestione perché hanno sempre fatto un ottimo lavoro», spiega Michael.
Mi lascio andare ad una considerazione sull’importanza delle imprese famigliari per il nostro tessuto produttivo. Racconto loro di alcune brutte esperienze vissute in passato, di marchi storici ceduti a multinazionali o fondi d’investimento che hanno finito per rovinarli. Vedere un’altra famiglia di imprenditori, fortemente radicati sul loro territorio, è rassicurante per la comunità. Michael capisce subito dove sto andando a parare: «Con l’arrivo in azienda di Sam, appena uscito dall’Università, siamo un’impresa familiare da tre generazioni. Io ho quattro figli e Jennifer ne ha due, quindi si può dire che stiamo lavorando al piano di successione», dice ridendo. «Vogliamo essere degli ottimi partner per la comunità correggese, è una nostra convinzione da sempre. Da noi ci siamo impegnati per garantire asili, trasporti e soluzioni abitative economicamente sostenibili per i lavoratori. Non so ancora quanto riusciremo a fare qui sotto questi aspetti, ma siamo desiderosi di dare una mano. Vogliamo essere trasparenti con i lavoratori e la città». Interviene Jennifer, leader delle Relazioni del gruppo: «I valori della famiglia Richardson sono gli stessi della famiglia Veroni. Il mio lavoro riguarda le persone, i lavoratori. Ciò che ci rende di successo è che facciamo le cose insieme». Conclude sul tema Daniel: «Noi non ci limitiamo a parlare, ma passiamo ai fatti. Trasporti agevolati, abitazioni alla portata di tutti. Sono cose che facciamo davvero, perché sono una testimonianza concreta della nostra presenza».
Il loro atteggiamento gioviale ma estremamente concreto mi ha convinto subito, com’è stato per loro con la famiglia Veroni. Ed è così che prende la parola Marco, in perfetto inglese, per raccontare il suo punto di vista: «Cedere l’azienda è stato un passo molto difficile. Nessuno ci aveva convinto prima d’ora. Quando abbiamo incontrato i Richardson e li abbiamo sentiti parlare, ci siamo chiesti: davvero le persone sono così importanti per loro? Ci sembrava troppo bello per essere vero. Ci siamo confrontati molto in famiglia su questo. Avevamo anche altre opportunità per massimizzare gli introiti della vendita. La cosa più importante però, e sono molto orgoglioso di dirlo, era dare continuità alla gestione, per la forza lavoro e la comunità. Nei primi mesi non eravamo del tutto convinti: poi, andando a Cincinnati, abbiamo visto i loro stabilimenti e conosciuto le loro persone. Lì abbiamo avuto la certezza di condividere gli stessi valori. Abbiamo capito che per loro non era solo un’operazione commerciale. Per noi sarebbe stato facile pensare: gli americani sono qui solo per fare soldi, il resto non gli importa. Certo, il business è cruciale, ma il loro approccio è: prima le persone, poi gli affari. Anche il fatto che siano tutti qui, che abbiano voluto dare vita ad un evento per conoscere ogni singolo lavoratore, è per noi un bellissimo segnale. Mi hanno detto subito: nessuno in azienda si deve spaventare, deve essere chiaro che siamo qui per dare continuità. Era molto importante far capire ai dipendenti che saremmo rimasti una famiglia, solo un po’ più grande. Sono stati i primi a saperlo. Siamo davvero felici di passare il testimone a questa fantastica famiglia: ora siamo onorati di farne parte. Anche sul piano imprenditoriale ci sentiamo in ottime mani: Daniel
conosce il cibo italiano persino meglio di noi. Sa bene perché abbiamo già avuto successo negli USA. Non dobbiamo essere i più grandi, dobbiamo essere i migliori. Una parte fondamentale del processo è mantenere l’anima dell’azienda in Italia. Mi hanno detto una cosa estremamente chiara: “Non vogliamo una Ferrari fatta a Detroit, vogliamo una Ferrari fatta in Italia”. E la Veroni è la Ferrari della salumeria».
L’opinione del sindacato FLAI – CGIL
Abbiamo raggiunto per una battuta sull’argomento il segretario provinciale della sigla sindacale FLAI – CGIL, Giovanni Velotti. «Quando un’azienda del territorio passa in mani straniere, c’è sempre un po’ di preoccupazione. Sicuramente ci rassicura il fatto che la Sugar Creek sia un’azienda a sua volta familiare, non un fondo d’investimento o una grande multinazionale. Siamo molto curiosi di conoscere la nuova proprietà ed i loro piani di capitalizzazione e di investimenti, cruciali per un settore che è in grande evoluzione: la materia prima non ha mai avuto un costo così alto, perciò è fondamentale che queste aziende siano finanziariamente solide e bendisposte ad investire ed innovare. Siamo convinti che vogliano puntare sugli Stati Uniti, dove la domanda del Made in Italy è molto forte; speriamo che investano anche qui. Conosciamo personalmente la famiglia Veroni e sappiamo che ha sempre tenuto bene a mente la responsabilità sociale della sua impresa. Hanno sempre fatto quello che hanno detto. Abbiamo chiesto di essere convocati una volta che la proprietà avrà individuato la strada giusta da intraprendere. Per il momento abbiamo ricevuto forti rassicurazioni sulla continuità di occupazione e di gestione, che a conti fatti è rimasta inalterata con Marco e Guido Veroni al timone».