Un salto nel vuoto e via: la fornace di Fosdondo riapre

I lavoratori fondano una nuova cooperativa per ripartire

Passati tre giorni di pioggia intensa è tornato il sole. Mentre vado a Fosdondo incontro un camion carico di mattoni ed è un bel segnale.
Per chi non lavora nel mondo delle costruzioni è difficile capire cosa stia succedendo. La crisi ha travolto il settore. Alcuni numeri aiutano a capire i cambiamenti. Dall’inizio della crisi i permessi di costruire (concessioni edilizie) in provincia di Reggio Emilia sono calati del 91,4%. Non costruisce più nessuno! Il fatturato nel settore delle costruzioni in Italia è calato del 50% ed è sostenuto prevalentemente dai piccoli lavori di ristrutturazione edilizia agevolati dai recuperi fiscali (sostituzione serramenti, impianti…).
Il comparto laterizi (fornaci), a livello nazionale, ha avuto un calo dei fatturati dell’80%. Da questo dato emblematico inizia l’intervista ad Ettore Sassi, presidente della nuova cooperativa “Fornace di Fosdondo”, costituita dagli ex dipendenti di Terremilia srl (società partecipata da Unieco di Reggio Emilia), che ha rilevato e rilanciato l’attività della gloriosa fornace.
«Sono in Fornace dal 1999. Ero il direttore. Negli anni fino al 2010 non riuscivamo a tenere dietro agli ordini. C’è stata un’ubriacatura generale. Tutti ci aspettavamo prima o poi una frenata nelle vendite intorno al 20-25%. Ma nessuno aveva previsto una crisi così “feroce”, di grandi dimensioni e di lunga durata. Fatturavamo circa 14 milioni di euro, oggi fatturiamo 3,5 milioni di euro. Lavoravano in Fornace 64 persone e avevamo a contratto 4 o 5 persone per supplire a picchi di lavoro, malattie, necessità impreviste…»

Raccontaci questa esperienza. Cos’è successo?
«Con il perdurare della crisi, Unieco ha dovuto presentare un “piano di ristrutturazione dei debiti” e attivare dei meccanismi per il contenimento dei costi. All’interno del piano generale di ristrutturazione di Unieco si era convenuto un piano specifico per la Fornace di Fosdondo, che fino a questa primavera ha comportato contratti di solidarietà, cassa integrazione, mobilità volontaria… Da 64 persone siamo arrivati a 40 dipendenti.
Nel 2015, nel frattempo, è cambiato il Consiglio di Amministrazione di Unieco e anche il Direttore Generale. È stato elaborato un nuovo Piano che poneva al centro della strategia il salvataggio della attività di costruzione con tagli alla struttura e la dismissione di attività collaterali. Sono state poste in cassa integrazione più di 100 persone all’interno di Unieco. È stata venduta la CLF (Cooperativa Lavori Ferroviari), è in fase di cessione il Settore Ambiente e si è deciso di chiudere la Fornace di Fosdondo. A noi questa decisione è stata comunicata in marzo».
A quel punto?
«Non vi erano molte strade: o accettare la chiusura o rimboccarsi le maniche. Abbiamo fatto una riunione con i soci e i dipendenti con maggiore anzianità per capire quali erano le intenzioni. Abbiamo trovato molta disponibilità e interesse a continuare. Ci credevamo.
NON VI ERANO MOLTE STRADE:
ACCETTARE LA CHIUSURA O
RIMBOCCARSI LE MANICHE Si è costituito un gruppo di lavoro per elaborare il progetto di rilancio e per studiarne la fattibilità operativa a cui ha partecipato Legacoop e uno Studio di commercialisti.
Il progetto è poi stato presentato ai soci e ai dipendenti. Su 40 persone hanno aderito inizialmente in 25, che poi nel tempo sono rimasti 20. Per gli altri si è aperta una procedura di cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale, ma ormai buona parte delle persone ha trovato una sistemazione».

E i 20 soci temerari cos’hanno fatto?
«Come prima cosa abbiamo cercato di contenere i costi riducendoci lo stipendio del 20%; se in futuro ci saranno le condizioni cercheremo di recuperare il 10%. Poi associandoci in cooperativa abbiamo richiesto il riscatto anticipato dell’indennità di mobilità e con alcune integrazioni siamo arrivati a 280.000 euro. Queste risorse insieme a quelle dei soci finanziatori, Boorea Emilia Ovest, Coopfond e C.F.I. (250.000 di capitale e 200.000 euro di finanziamento), hanno apportato liquidità “fresche” che hanno permesso alla nuova cooperativa di ripartire. Unieco ha accompagnato l’operazione assorbendo le perdite maturate fino al 2015, trasformando alcuni crediti in capitale di socio prestatore, allungando i tempi di altri pagamenti e applicando canoni agevolati di affitto. Tutte queste operazioni ci hanno permesso di riaprire la Fornace e dal 3 ottobre siamo operativi».

E adesso?
«Noi 20 soci abbiamo accettato una grande sfida. Stiamo facendo un salto senza paracadute.
Se il progetto dovesse fallire noi rimarremmo senza ammortizzatori sociali. Come dicevo abbiamo ridotto il personale, abbiamo ridotto i costi e adesso stiamo lavorando sull’innovazione e sui nuovi mercati. Abbiamo cominciato ad esportare alcuni prodotti all’estero con discrete soddisfazioni. Al salone dell’edilizia “MadeExpo 2017” a Milano presenteremo un “blocco cassero” in laterizio già riempito di isolante che potrebbe essere una interessante alternativa ai “cappotti”. E poi stiamo impostando una nuova linea di prodotti di mercato più orientato all’arredo che alle costruzioni. Negli anni scorsi ci eravamo abituati ad un “mercato facile” che assorbiva tutto per inerzia. Le innovazioni sono rimaste nei cassetti, adesso è il momento di tirarle fuori».

Cosa ti aspetti per il futuro?
«Il mio sogno è di riuscire nei prossimi due anni a rimettere tutte le cose a regime, ritrovare un equilibrio gestionale e riassumere delle persone. Sarebbe una grandissima soddisfazione. Non si tornerà mai più ai numeri di prima ma potremmo tornare ad essere 30/35 persone che lavorano in Fornace».

Cosa può fare la comunità di Correggio per aiutarvi?
«La Fornace di Fosdondo ha tanti amici. In molti hanno lavorato per non far chiudere questa storica attività».
Saluto Ettore ed esco. Mi rimangono nella memoria: il suo viso giovane, i suoi occhi azzurri, la determinazione e l’entusiasmo di chi sa che deve scalare una montagna alta e faticosa, ma è convinto di avere la capacità e la forza per farlo e di avere buoni compagni di cordata.
Mi è piaciuto che il suo desiderio, alla fine di questo percorso, sia quello di ritrovare i compagni che ha perso per strada. In bocca al lupo Ettore. Lunga vita alla Fornace di Fosdondo.

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