«Ho accettato di venire a Correggio per fare dispetto a quelli di Carpi». Sa come scaldare il pubblico dell’Asioli, Michele Serra. Con l’ironia sorniona che lo distingue, fa leva sulla secolare rivalità tra il nostro Principato e la vicina Signoria modenese per strappare uno dei tanti applausi che punteggiano il suo dialogo con il Presidente del circolo culturale Primo Piano Giulio Fantuzzi.
Il titolo dell’incontro, Amaca con vista – Società e politica al tempo del selfie, si presta ad aprire un mare di argomenti che Fantuzzi propone a raffica, tanto da far sbottare l’ospite in un «adesso mi chiederà se Dio esiste».
Ma se gli argomenti sono tanti e decisamente seri, l’atmosfera è leggera e rilassata, a partire dalla scenografia. Ad accogliere il noto giornalista/scrittore sono sul palco un’amaca vistosa e due ragazzi distesi su divani intenti a smanettare i loro smartphone con tanto di auricolari incollati alle orecchie: chiaro riferimento alla rubrica quotidiana su Repubblica e al romanzo di grande successo dell’ospite Gli sdraiati.
Si comincia dal perché del suo doppio cognome, Serra Errante («porto i cognomi di mio padre e di mia madre, una scelta protofemminista») e si passa subito ad una dichiarazione d’amore per il vecchio PCI e il quotidiano fondato da Gramsci («la mia formazione da italiano è avvenuta dentro quel partito e all’interno dell’Unità, dove ho lavorato per tanto tempo»). Poi una lunga parentesi tutta dedicata ai Festival di Tango e Cuore (Festival della satira tenutosi a Montecchio dal 1986 al 1994) con Sergio Staino che compare in video e Mario Bernabei (ideatore dei festival) che saluta dalla platea. E da Serra una riflessione: «Anni felici quelli, per chi faceva satira. La nostra parola d’ordine era: chi si incazza è perduto. Oggi è tutto più difficile: troppi politici somigliano nel peggio a chi li elegge e non c’è più bisogno di denudare il re, il re si presenta direttamente nudo in televisione». «Da umorista a “umoralista”», chiosa Fantuzzi, ricordando la definizione che di Michele Serra diede tempo fa il collega giornalista Giuliano Ferrara.
Dalla satira al futuro del giornalismo il passo è breve e il quadro risulta drammatico: «faccio parte dell’ultima generazione che ha potuto vivere con questa professione: oggi un giovane giornalista prende 8 euro a pezzo e deve pagarsi pure la benzina e non c’è nessuno sotto i 40 anni che pensi di dover pagare l’informazione. Mentre la carta stampata perde continuamente lettori, gli editori non hanno ancora trovato il modo per ricavare soldi dal giornalismo on line».
E a proposito di Internet, come sta l’uomo al tempo del selfie? «Internet non ci rende più cretini, ma certamente più confusi e più utilizzati da chi governa la rete. Insomma dobbiamo leggerci attentamente le istruzioni per l’uso. Quanto al selfie dilagante, è il sintomo della nostra profonda solitudine».
C’è ancora tempo per alcuni temi da far tremare i polsi: l’Italia, la Politica, la Sinistra. Secondo Serra in questo momento il livello di “lagna” degli italiani è molto aumentato. «I volti più sorridenti che spesso mi capita di incrociare sui tram sono quelli degli immigrati, forse perché si accontentano di essere qui» e azzarda un parallelismo tra benessere e malumore. Il malumore pare essere diventato una sorta di sindrome da benessere, un mistero tutto nostro. Gli italiani, aggiunge, dovrebbero almeno abbassare i toni: «Ma un problema c’è, e molto grosso: il crollo della cultura media. Se secondo il Don Milani di Lettera a una professoressa l’operaio conosce cento parole e il padrone mille e per questo è padrone, ebbene, oggi anche i nostri padroni conoscono soltanto cento parole».
Quanto alla politica «ho nostalgia dei partiti, come luoghi dove ci si sentiva rappresentati. La sinistra? Soffre ancora di quel terribile tic nervoso di dividersi e poi accusarsi a vicenda di tradimento».
Come ogni giorno firmando L’Amaca, Michele Serra non fa sconti. Rimane però qualche speranza: «Bisogna avere una sconsiderata fiducia nell’essere umano, cosa che parrebbe impossibile vedendo il senatore Antonio Razzi in televisione».
La serata si conclude con un diabolico coup de théâtre progettato da Fantuzzi. Sullo schermo improvvisamente appare una caffettiera che campeggia nella copertina di Primo Piano con il volto dell’ospite della serata al posto del classico omino con i baffi. È una proposta di collaborazione al nostro mensile con Michele Serra che potrebbe tenere una rubrica fissa: L’Amoka (assonanza con la rubrica di Repubblica e decisamente più capiente del Caffè di Gramellini).
Sconcertato, Michele Serra accetta, tra gli applausi del pubblico.