Un Otello a metà

Vi ricordate quando l’anno scorso, a fine stagione teatrale, stilai quel breve elenco di suggerimenti che, se seguiti, avrebbero potuto salvare ognuno di noi dal fare brutte figure a teatro? Ecco, io in un sol botto, sono incappata negli errori del punto 2 e 3, ossia: non ho fatto un pisolino il pomeriggio prima dello spettacolo; non ho evitato di scartare le caramelle in sala!
Ho avuto la testa che mi ciondolava vergognosamente avanti ed indietro, per buona parte della prima metà del primo atto; ho passato l’altra metà a scartare rumorosamente e a ripetizione caramelle, che ho poi ingurgitato una dopo l’altra nel tentativo di rimanere sveglia.
E non è tutto: alla fine mi sono arresa alla mia implacabile stanchezza.
Mi pento tremendamente e vi consegno la mia pubblica confessione: io, Barbara Berretti, il giorno 27 marzo, durante la messa in scena della tragedia dell’Otello di Shakespeare, per la regia di Elio Capitani e con lo stesso Elio De Capitani nei panni di Otello, ho disturbato i miei vicini ininterrottamente per 1 ora e 40 minuti per poi lasciare misera- mente vuota la mia poltrona a fine del primo atto.

Vorrei però dire anche qualcosa in mia discolpa: non ho preso la decisione di lasciare la sala a cuor leggero. Premetto che la rappresentazione in sé non ha nessuna responsabilità; la trama infatti, oggi come cinque secoli fa, risulta avvincente e movimentata e gli interpreti sono tra i migliori sulla scena.
Il mio dispiacere ad andarmene infatti è stato doppio: non volevo lasciare un “buco” in platea ed ero davvero curio- sa di vedere il secondo atto.

E quindi cosa è successo? Probabilmente penserete che quella sera io fossi stanca;
in effetti mi trovo in un momento della vita entusiasmante ma anche molto impegnativo, per cui la spiegazione potrebbe essere davvero questa.
Ma c’è un però, e quel però è che ho saputo da una conoscente che la platea a fine primo atto si è svuotata.
Ora, se io mi trovo in un momento di iperattività, non può essere che pure tutti coloro che hanno lasciato il teatro insieme a me si trovino nello stesso momento di iperattività!
Il motivo quindi deve essere un altro, ed io penso di averlo individuato nella durata dello spettacolo: 1 ora e 20 minuti il primo atto, 1 ora e 40 minuti il secondo atto più 15 minuti di intervallo. Deve essere stato questo a demoralizzare gli spettatori. Ma perché?

Nel tentativo di trovare una risposta sono persino arrivata a pensare che, in un mondo mordi e fuggi, non siamo più capaci, io per prima, di rima- nere fermi, seduti e concentrati per lungo tempo. Ma poi ci ho riflettuto bene e non può essere questo, perché allora non ci sopporteremmo neppure seduti davanti allo schermo del pc, e lì, volenti o nolenti, per lavoro o per svago, ci restiamo ben più a lungo. Allora mi è tornato alla mente il risultato di un sondaggio fatto un paio
di anni fa sul tempo libero. Ricordo che si diceva che una donna di età compresa tra i 26 e i 64 anni ha, in media, 3 ore e 14 minuti al giorno di tempo da dedicare ad attività ricreative scelte in modo discrezionale.          
3 ore e 14 minuti… giusto la durata dell’Otello! E, in effetti, ogni volta che devo uscire la sera mi riprometto sempre di tornare a casa presto, perché ho bisogno di sapere che, al rientro, mi resterà un’altra piccola parentesi da dedicare a me stessa.
Probabilmente, quindi, mercoledì 27 marzo, la consapevolezza che, se fossi rimasta fine a fine spettacolo, una volta a casa, non avrei potuto fare altro che, lavarmi i denti,
mettere il pigiama e filare a letto, non mi ha aiutata a reagire alla stanchezza.
Non mi resta che lanciare un appello, anzi due: il primo lo rivolgo alla società per chiederle di riflettere su queste 3 ore e 14 minuti che giornalmente ci restano a disposizione per noi stessi, perché mi sembrano davvero poche, giusto il tempo di uno spettacolo teatrale un po’ lungo; il secondo lo rivolgo ai registi di cinema e di teatro e chiedo loro se, in caso la società faccia orecchie da mercante, si possano fare carico del gestire quel tempo libero in modo efficace, snellendo trame e copioni, perché se fanno durare film e spettacoli 3 ore e 14, poi, a noi spettatori non resta nemmeno.

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