Ieri sera mi è capitato di andare al cinema, uno dei miei passatempi preferiti con la brutta stagione.
Non che io sia un’intenditrice, diciamocelo. Ma non è questo il luogo per parlarne.
La mia piccolissima introduzione serviva ad aprire l’argomento di cui vorrei brevemente parlare oggi, ovverosia la traduzione dei titoli di pellicole cinematografiche.
La traduzione, si sa, è un universo a sé, del quale hanno disquisito specialisti d’ogni sorta e della quale
non mi intendo assolutamente. Mi limito, come spesso faccio in questa mia rubrica, ad osservare i trend
e i cambiamenti della nostra lingua.
Molto recentemente, è venuto alla ribalta il caso di un film Disney, portato nelle sale italiane con il nome Oceania. In realtà, nel resto del mondo questo cartone animato è conosciuto come Moana. Un nome che, nel nostro paese, non è certo sinonimo di intrattenimento per bambini…
Bigotteria o scaltrezza commerciale? Non saprei dare una risposta.
C’è da dire che, a parte questo episodio di “cronaca”, nel tempo la traduzione dei titoli di film ha subito
un grandissimo cambiamento, che potrei così sintetizzare: si è passati da un tentativo di traduzione, a volte anche commettendo errori, a una non-traduzione.
Una trentina d’anni fa, la quasi totalità dei film in cartellone aveva un titolo in italiano.
Da questo derivavano anche storture o anticipazioni di trama: questo accadeva soprattutto se il titolo originale era una frase intraducibile nella nostra lingua, un gioco di parole o un termine che non avrebbe avuto significato troppo preciso in italiano.
Spesso però si è ottenuto l’effetto contrario, banalizzando titoli che potevano essere ben più evocativi: pensiamo ad esempio a Dead poets society, film di culto del 1989 con Robin Williams. Un titolo splendido, La società dei poeti estinti, che è stato trasformato in L’attimo fuggente. Un bel titolo, a sua volta, che però manca della dolcezza malinconica del primo.
Una commedia romantica dal nome simpatico era 500 days of Summer.
Un gioco di parole: Cinquecento giorni di estate, ma anche di Summer, nome della protagonista. Nonostante il titolo avrebbe potuto reggere anche in italiano, si è deciso di tramutarlo in 500 giorni insieme.
I cinefili, poi, citano immancabilmente Eternal sunshine of a spotless mind, uscito nelle sale italiane come Se mi lasci ti cancello, che sarebbe adatto ad una qualsiasi commedia romantica, ma non a questo film poetico.
Non sorprende, visti i pur pochi esempi, che la linea della cinematografia odierna sia quella di evitare di tradurre i titoli, o di aggiungere un sottotitolo in italiano (che spesso non è una traduzione).
Non mancano, naturalmente, le eccezioni: con buona pace di chi non ama sentire parlare in inglese
a sproposito. Io faccio parte del novero, ma in certe casi la mancata traduzione è una scelta necessaria
ed elegante.