The pride e l’orgoglio di essere unici

Nelle serate di martedì 10 e mercoledì 11 gennaio, davanti ad un pubblico numeroso, al teatro Asioli è andato in scena The Pride, commedia tratta da un testo del drammaturgo di origine greca Alexi Kej Campell, diretta da Luca Zingaretti ed interpretata dalla stesso Zingaretti, Valeria Milillo e Maurizio Lombardi.

Nella trama si intrecciano due vicende che, pur svolgendosi in epoche diverse, rimandano l’una all’altra non solo per il nome dei protagonisti, ma per echi molto più profondi. Si tratta infatti di due storie travagliate, le quali presentano il comune denominatore di essere amori gay.

Questo aspetto offre allo spettatore una serie infinita di spunti di riflessione; infatti, pur risultando evidente quanto sia cambiata la situazione dal 1958 (data in cui è ambientata una delle due storie, l’altra si svolge ai giorni nostri), l’evolversi delle due vicende mette in luce come la difficoltà più grossa, oggi come allora, rimanga una sola: la capacità di capire chi si è e cosa si vuole dalla vita, di riuscire a trovare il coraggio per accettarsi o farsi accettare, o per cambiare, quando ce n’è bisogno, rendendo la nostra esistenza e quella di chi ci sta intorno migliore, più vera. E questo vale per ognuno di noi, etero o no.

L’ho già scritto mille volte, per cui mi spiace anche un po’ ripeterlo ancora, ma non riesco farne a meno: io sono molto grata a chi riesce a intrattenere il pubblico con una qualsiasi forma di comunicazione, che si tratti di un testo teatrale, un film o un libro, facendo divertire e riflettere allo stesso tempo, per cui non posso non sentirmi debitrice nei confronti di tutti coloro che hanno “dato vita” alla vicenda di The Pride, ossia verso chi ha scritto il testo e chi ha scelto di portarlo sul palcoscenico, perché a mio avviso, tutti costoro hanno raggiunto a pieno questo ammirevole obiettivo.

Parlando degli attori, devo poi dire che, in questo caso specifico, sono rimasta davvero colpita dalla loro versatilità.
Ci tengo a sottolineare che io non ho mai interpretato nulla in vita mia, se non due piccole parti in recite scolastiche alle scuole elementari (non credo facciano curriculum!). La mia conoscenza del teatro deriva esclusivamente dal mio abbonamento (oramai decennale, però!) all’Asioli, e da due esami di storia del teatro all’Università. Il mio è quindi un giudizio espresso esclusivamente con la pancia, ma ho trovato stupefacente la capacità interpretativa dei tre attori protagonisti.
Infatti, i personaggi delle due vicende narrate sono caratterialmente, ed anche esteticamente, molto diversi tra loro, e vengono impersonati sempre da Zingaretti, la Milillo e Lombardi, i quali  si calano a scene alterne, a volte anche in modo molto repentino, nei rispettivi ruoli.
In alcune scene, il cambio d’abito, di pettinatura e di recitazione è stato talmente rapido ed efficace da sembrare quasi impossibile che si trattasse davvero dello stesso attore!

Devo ammettere che, per questo aspetto dello spettacolo, chi mi ha colpito meno dei tre è stato proprio Zingaretti, ma per piacere… promettetemi di non dirlo a nessuno!

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