Siddhartha Pandit nasce a Correggio 26 anni fa. Metà italiano e metà indiano, cresce a San Martino in Rio. A Correggio frequenta il liceo scientifico Rinaldo Corso. A settembre 2021 si laurea in Medicina a Padova; da allora ricopre il ruolo di medico vaccinatore e guardia medica sul territorio. A marzo si trasferirà negli Stati Uniti per un post-dottorato di ricerca in neuroscienze all’Harvard University. Nel (poco) tempo libero legge di storia, suona la chitarra acustica e studia nuove lingue.
“Politica”, con parole tue.
«Politica significa ascoltare i bisogni, i desideri, il disagio, le ambizioni delle persone per poi tradurli in proposte concrete. Intorno a queste bisogna però anche creare consenso e quindi coinvolgere le persone nelle scelte che le riguardano.
Esiste poi un’altra dimensione della politica, quella che più mi piace: la partecipazione attiva del cittadino. Chiunque porti all’attenzione dell’opinione pubblica o degli eletti un’ istanza collettiva, sta facendo politica».
Perché un giovane dovrebbe impegnarsi per la comunità?
«Noi giovani vivremo in prima persona tutte le conseguenze delle scelte di oggi. Spesso percepiamo la politica come qualcosa di lontano e irrilevante. È vero, moltissimi dei cambiamenti che viviamo dipendono dal mercato o dall’avanzamento della tecnologia, ma le scelte politiche incidono sulla nostra vita quotidiana. Fare politica a livello locale significa darsi delle priorità, decidere cosa fare e cosa rimandare, quali servizi potenziare, su cosa investire. Il bello è che i risultati possono essere tangibili: una buona amministrazione trasforma il volto di una città, e lo deve fare insieme ai propri giovani. Contribuire alla comunità con uno sforzo collettivo ci fa sentire vivi».
Come si può avvicinare la nuova generazione alla politica?
«È importante dare seguito agli impegni presi e alle scelte condivise: i giovani non devono percepire che la loro partecipazione risulti inutile. La crescita passa poi dalla responsabilizzazione. A questo proposito, guardo con grande ammirazione al lavoro svolto da Marco Moscardini, segretario del PD di Correggio, che ha coinvolto negli organi direttivi del partito diversi giovani proponendo loro anche un percorso di formazione».
Cosa pensi del gruppo di giovani democratici formatisi a Correggio e San Martino?
«Nel 2019, in occasione delle elezioni comunali a Correggio, insieme ad altri ragazzi e ragazze, che si riconoscono nei valori del centrosinistra, abbiamo deciso di unirci a sostegno della candidatura di Ilenia Malavasi. Siamo diventati amici, ci troviamo per parlare di giustizia sociale, lotta alle disuguaglianze, diritto allo studio, difesa dei diritti civili, salvaguardia dell’ambiente. Ciò che più mi ha entusiasmato è stato vedere la partecipazione di tanti di noi al nuovo giornalino di elaborazione politica del Partito Democratico di Correggio (Correggio Democratica).
Anche a San Martino si sono create importanti realtà. Nel 2016 si è formato un gruppo di Giovani Democratici e nel 2017 l’associazione “SMart in Rio”, gruppo giovanile con l’obbiettivo di creare aggregazione tramite eventi culturali, sportivi, ricreativi. Anche tutto questo significa fare politica».
Come sarà la politica del futuro?
«Nel 2015 ho avuto la fortuna di frequentare la scuola di politiche fondata da Enrico Letta a Roma. Penso che in tempi duri come quelli che stiamo vivendo, si percepisca la necessità di una classe dirigente di qualità e i cittadini faranno sempre più attenzione a chi eleggeranno. Spesso la politica appare un regno di incompetenti.
Sebbene io conosca molte persone che con diligenza e passione si dedicano alla politica, credo che oggi tanti dei migliori talenti preferiscano eccellere in altri campi piuttosto che fare politica. Al massimo collaborano come tecnici. Non conviene entrare in politica perché è facile essere attaccati in maniera anche strumentale. C’è carenza di cultura politica, di una formazione che preceda le candidature a tutti i livelli. Il nostro gruppo di Giovani Democratici serve anche a questo: formarci, dialogare con associazioni e cittadini, discutere di proposte e condividere le nostre idee affinché i politici del futuro siano migliori di oggi».
Le figure politiche a cui ti ispiri?
«In Italia a Giacomo Matteotti, che da strenuo difensore dei diritti dei lavoratori rimase sempre fedele alle sue idee, onorando con grande competenza il suo ruolo di parlamentare fino alla morte. Altri giganti che ammiro sono Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, mi commuovo sempre nel riascoltare il suo ultimo discorso del 1984 a Padova.
Sul piano internazionale Salvador Allende, medico socialista che portò una ventata di speranza e rinnovamento in Cile, purtroppo distrutta dal colpo di stato di Pinochet del 1973; e Lal Bahadur Shastri, primo ministro indiano dopo Nehru negli anni ‘60, esempio di integrità morale in un’epoca di vergognosa corruzione politica».
Sei figlio di due culture. C’è qualcosa che dovremmo imparare dalla politica indiana?
«Una grande differenza che esiste tra l’Italia e l’India è che quest’ultima è una potenza molto giovane. Questo si traduce in idee innovative, desiderio di trasformare il paese nei prossimi decenni, un più chiaro posizionamento strategico geopolitico. In Italia a volte percepisco rassegnazione, manca il coraggio di pensare che si possa essere protagonisti attraverso i nostri valori e le nostre eccellenze nel mondo di domani».
Ti vedremo un domani in politica?
«Al momento mi sto concentrando sul mestiere di medico e ricercatore: mi piace e voglio farlo al meglio. Poi, come ci ha sempre detto Enrico Letta, è necessario avere una professione all’infuori dalla politica, così da dedicarcisi in modo libero e incondizionato. Continuerò quindi ad occuparmene anche senza avere una carica: se in futuro ci sarà bisogno di me sarà un piacere ed un onore poter dare il mio contributo».