Sessualmente trasmissibile

Ritorno dall’inferno 5: il girone del Pornonauta

Descrivere donne nude.

È questo il significato etimologico della parola “pornografia”, un termine degli antichi greci, ricomparso in Europa duecento anni fa, in Francia.
Nello stesso periodo Gustave Flaubert diceva che “si diventa ciò che si contempla”.
Oggi “porno” è una delle parole più cliccate.

Se è vero ciò che diceva Flaubert, cosa diventa chi contempla la pornografia?
Il suo cervello si modifica di conseguenza? Sì.

Si dice “neuroplasticità”.

Questa parola tecnica significa che il cervello cambia. Cambia per tutta la vita, a seconda degli stimoli che riceve.
Esattamente come il corpo: a seconda di quel che riceve, si modifica di conseguenza.

E, come per tutte le dipendenze, il cervello del pornonauta si abitua.

La diffusione della pornografia in rete, la sua facile accessibilità e la rapidità con cui si può accedere alle più curiose modalità del “prodotto” sono il riflesso del fatto che pure al porno ci si abitua. Per una questione di molecole del cervello, dopamine ed endorfine, il desiderio del pornonauta cresce e il piacere diminuisce – come in tutte le dipendenze.
Fino ad arrivare alla solita schiavitù.
Il pornonauta è diventato pornodipendente.
Pronto per cliccare sulla pagina “noallapornodipendenza.it”.

Per capirne di più, Oiseuse ed io abbiamo preparato alcune domande per la dott.ssa Cinzia Artioli, psicologa e sessuologa.

Cosa spinge una persona a fare uso di pornografia?
«Il ricorso alla pornografia è molto diffuso.
Nella maggioranza dei casi si tratta di un consumo occasionale, finalizzato a nutrire il proprio immaginario erotico e a sperimentare sensazioni piacevoli, eroticamente suggestive, per soddisfare gli impulsi maschili e femminili legati alla sessualità. È anche un modo per vivere su un piano di fantasia la propria virilità o femminilità attraverso i personaggi rappresentati.
Un po’ come accade nei film: anche se sappiamo di non essere Tom Cruise in Mission Impossible, è appagante immedesimarsi in lui per qualche ora e provare sensazioni inusuali nella vita di tutti i giorni».

Cosa differenzia un “pornodipendente” da un utilizzatore non dipendente?
«Si parla di dipendenza quando l’uso di questi materiali occupa molto tempo nell’arco della giornata e limita significativamente le normali attività della vita di una persona: lavoro, studio, famiglia, relazioni sociali. In definitiva quando il comportamento assume le caratteristiche di una compulsione, ossia un’attività alla quale non si può rinunciare, anche quando se ne percepiscono gli effetti deleteri nella propria vita.

Il consumo inizia in età precocissima, dai 13-14 anni in su, senza limiti di età.
Per la maggioranza sono uomini ma ci sono anche donne.
I dati disponibili in Italia parlano di una percentuale di dipendenti che si aggira intorno al 6%.
Come ogni altra dipendenza, anche quella da materiale pornografico riflette un disagio personale che può colpire chiunque, giovani, adulti, maschi e femmine.
Spesso si accompagna a solitudine, depressione, eventi stressanti e critici (perdita del lavoro, lutti, separazioni)».

Che impatto ha questa dipendenza sui più giovani, che magari non hanno mai avuto esperienze sessuali?
«Il rischio è quello di costruirsi un immaginario erotico falsato, poco aderente alla realtà e di riversare aspettative irrealistiche sulle proprie prestazioni e su quelle del/la partner sentendosi così irrimediabilmente inadeguati».

Che effetti ha sulla qualità della vita?
«Una prima conseguenza è che un’attività prima collegata ad una sensazione di piacere diventa fine a se stessa e molto lontana dal piacere sano, che è frutto di creatività, gioco, intimità e condivisione con un altro essere umano col quale si intrattiene uno scambio profondo.
Si impoverisce l’area della sessualità personale e di coppia, aumentano i conflitti con il/la partner che spesso si sente un oggetto sessuale spogliato della sua dignità e soggettività.

La dipendenza può portare ad un progressivo ritiro sociale e alla perdita di interesse nelle normali attività della vita.
Nell’attività sessuale si arriva ad una progressiva perdita del piacere che può comportare il rischio di sviluppare disturbi sessuali.
Apatia e mancanza di piacere possono generalizzarsi ad altri ambiti della vita e condurre a sintomi depressivi o associarsi ad altri comportamenti a rischio come l’abuso di alcol e sostanze».

Se ci si rende conto di essere dipendenti, cosa si può fare?
«Rendersene conto è già un grande passo! In questo caso è indispensabile rivolgersi ad uno specialista psicologo, meglio se con una formazione sessuologica, che possa aiutare la persona a recuperare una sessualità sana e libera da certe schiavitù attraverso la comprensione dell’immaginario erotico, delle fantasie e del significato personale e relazionale che queste rivestono per l’interessato. L’obiettivo è quello di ripristinare un generale miglioramento della qualità della vita.
A volte rivolgersi ad uno specialista è utile anche solo per capire se si è veramente dipendenti oppure se il comportamento può rientrare in una fase critica della vita e quindi essere superato con il sostegno opportuno».

Se ci si rende conto che un proprio caro è dipendente, cosa si può fare?
«Anche in questo caso la persona può chiedere aiuto ad un professionista per essere consigliata sul da farsi.
Certo, convincere una persona che non si rende pienamente conto della propria dipendenza a farsi aiutare non sarà facile.
Un atteggiamento non giudicante e un riconoscimento della sofferenza collegata a quel comportamento possono essere i primi passi per avvicinare il proprio caro, che potrebbe essere portato a riflettere su ciò che si sta perdendo della sua vita attuale e sulle potenzialità che si potrebbero dischiudere se si liberasse da questa schiavitù»

 

Siamo tutti Pornodipendenti?

Il commento di Oiseuse

Siamo tutti pornodipendenti? Forse no, ma sicuramente siamo assuefatti alla pornografia.
Basta accendere la televisione o guardarsi un momento intorno, per capire come gran parte della comunicazione faccia ormai leva sull’uso del corpo.
Spesso si tratta del corpo femminile.
Quasi sicuramente, un corpo femminile usato a sproposito.
Il nostro immaginario si è arricchito di donne compiacenti, con le quali fare sesso è facile, gratificante, immediato, privo di conseguenze.
La realtà è ben diversa.
Un adulto che ancora non è dipendente lo comprende.
Ma un adolescente, o peggio un preadolescente, quasi sicuramente non possiede gli strumenti per distinguere la realtà da Youporn.
Il sesso è stato sdoganato, non è più vietato parlarne, ma i giovani sono spesso vittime di un meccanismo perverso: vivono in un mondo completamente “sessualizzato”, mentre nelle loro case l’argomento viene tralasciato, spesso pensando che “tanto ne sanno già abbastanza”.
Risultato? Educazione sessuale demandata a internet, con conseguente associazione (ma qui si generalizza, ovviamente) sesso=pornografia.

Condividi:

Leggi anche

Newsletter

Torna in alto