Schers da pret

Nelle campagne, un tempo, era diffuso un radicato anticlericalismo.

I preti gestivano sia il potere spirituale che il potere temporale. Erano ricchi perché avevano proprietà
e poderi ottenuti con lasciti e donazioni, e potenti perché possedevano “strumenti magici” come
la confessione e il perdono, i sacramenti, l’estrema unzione… e conoscevano “le vie per il Paradiso”.

Tutto questo potere incuteva timore nei contadini che vivevano nella miseria, e per lo più privi di cultura. Si erano pertanto radicate convinzioni che assegnavano al prete un ruolo di primo piano.

A cmanda de più / Comanda di più
la serva dal pret / la serva del prete
che la muiera dal sendech./ che la moglie del sindaco.

Oppure con ironia si diceva:

I pret, al cul e al teimp / I preti, il culo e il tempo
j fan seimper / fanno sempre
col ch’j volen. / quello che vogliono.

 Nella gestione dei loro affari e della loro missione i preti avevano modi spregiudicati e disinvolti.
Non a caso ancora oggi un comportamento inopportuno ed eccessivamente sgradevole viene definito:

 Schers da pret./ Scherzo da prete.

In molti casi vi era parecchia distanza tra i principi che predicavano e le azioni che praticavano.
Per questo, mimando un loro sermone, si diceva:

Fate quello che dico, non quello che faccio.

Questo loro modo di agire secondo una doppia morale aveva connotato uno stile comportamentale.

Al fa cme un pret. / Si comporta in modo ipocrita.

Vi erano anche sacerdoti che svolgevano con spirito di servizio, umiltà e impegno la loro missione
ma venivano percepiti come un’anomalia; l’eccezione che conferma la regola.
Con un misto di ammirazione e di ironia si diceva:

L’è acsé brev ch’al per gnan un pret./ È così bravo che non sembra nemmeno un prete.


PREDICAVANO LA POVERTÀ… MA AMAVANO LA RICCHEZZA
Nel mondo contadino la loro avidità era diventata proverbiale.

Pret, pulaster e nimé / Preti, polli e maiali
per quant te gh’n’jn dagh / per quanto tu gliene dia
j gh’n’an mai asé. / non ne hanno mai abbastanza.

I contadini erano anche convinti che preti e frati celebrassero più volentieri le funzioni religiose
se la richiesta veniva accompagnata da un’offerta.

Pret e fre j n’canten / Preti e frati non cantano
se i quatrein j n’sounen./ se i quattrini non suonano.


AMAVANO LA BUONA CUCINA E IL VINO
In comunità dove la fame era ancora la più brutta delle malattie, era diffusa tra i contadini
la malnutrizione con tutte le sue conseguenze, a cominciare dalla pellagra. I preti disponevano di mezzi
e si nutrivano con abbondanza e piacere. Erano belli pasciuti.

A n’s’è mai vest un pret megher. / Non si è mai visto un prete magro.

Era tradizione nelle occasioni importanti invitare il prete a pranzo e riservargli i cibi prelibati.
Tra questi il più famoso è senza dubbio al cul ed capoun (codrione del cappone) meglio conosciuto come:

Al pcoun dal pret. / Il boccon del prete.

Diffusa nelle campagne era la storiella che raccontava di una perpetua preoccupata perché ogni sera sentiva il prete sussurrare nella sua camera:

Rosina fin ch’a / Rosina fin ch’è
n’t’o vest al cul / non ti ho visto il culo
a n’vagh mia a let! / non vado a letto!

Una sera, spinta dalla curiosità e dallo sconcerto, ha leggermente socchiuso la porta e ha scoperto… che si trattava del culo di una bottiglia di un buon lambrusco rosé.


SI DEDICAVANO AI FEDELI
MA TALVOLTA UN PO’ TROPPO AD ALCUNE PARROCCHIANE
La storia ci racconta di molti figli di papi, vescovi, preti… ma ufficialmente questi non sono mai esistiti,
la storia li attraversava, non lasciavano traccia, erano trasparenti.
Per questo scherzosamente in campagna ancora oggi quando una persona si frappone e fa ombra si usa dire:

Tot dedlè, te n’è mia fiol dal pret. / Spostati da lì, non sei il figlio del prete (non sei trasparente).

Vi erano anche preti che non resistevano alla “tentazione della carne” e si infilavano nei letti
delle parrocchiane… per scaldarli. Non a caso lo strumento che nei freddi inverni veniva posto sotto
le coperte e col quale si scaldavano le coltri veniva chiamato al pret (il prete, ovvero lo scaldino).

Vi sono innumerevoli favole e storielle che raccontano avventure di preti spesso accompagnate da sonore bastonate finali. In un famoso “dialogo” veniva posta una curiosa domanda:

– Ed chi erel fiol? / di chi era figlio?
– Dal pret Masol e d’una dona granda /  del prete Masoli e di una donna grande

– Al più caioun l’è col ch’al d’manda! /  il più coglione è chi fa queste domande!

 La morale era: sono cose da non chiedere.


E VI ERA UNA GRANDE CONFLITTUALITÀ
Nel dopoguerra i contadini avevano preso più coscienza e più coraggio nel rivendicare i loro diritti e contestavano apertamente i preti che continuavano a detenere ricchezze, conoscenze e potere.
Le avventure di Peppone e Don Camillo, scritte da Guareschi, hanno rappresentato bene questo clima
e sono diventate famose in tutta Europa. Si racconta che un giorno i contadini abbiano visto passare sulla strada un prete bello grasso che se ne andava in bicicletta mentre loro lavoravano in campagna.
A quel punto in modo minaccioso gli avrebbero urlato:

Chi lavora magna! / Solo chi lavora ha diritto di mangiare!

Il prete con calma e con sarcasmo avrebbe risposto:

A m’in dispies ragas, / Mi dispiace ragazzi,
mo chi lavora suda! / chi lavora suda!

Gli scontri sociali e politici avevano assunto anche toni molto accesi.

O canaia papaleina / o canaglia papalina
a n’alser mia tant la vos / non alzare tanto la voce
l’è in dla storia malandreina / che è nella storia malandrina
rasa ed porch, ed vergugnos / razza di porci e vergognosi
s’es da turner al mond / se tornasse al mondo
Gesù Crest a predicher / Gesù Cristo a predicare
a s’fares d’insema e in fond / si farebbe di cima in fondo
a cumincierev a stafiler./ a cominciarvi a bastonare.

Unico rimedio a tanta acredine la Grappa di Campogalliano.

La sgnapa /  La grappa
ed Campgajan / di Campogalliano
la met d’acordi, mette d’accordo,
pret sgnor e vilan. /  il prete, il signore e il villano.

Peccato che non la facciano più!

Condividi:

Rubriche

Torna in alto