Rustichelli Orazio & Sons

Due chiacchiere con la premiata ditta del basket correggese

Martedì sera. Trovarsi a far due chiacchiere con un personaggio della storia sportiva correggese e con i suoi figli è un ottimo aperitivo. Stiamo parlando di Orazio Rustichelli, correggese DOC classe ’57, che inizia a giocare da bambino nel cortile della chiesa di Fatima e raggiunge gli apici del basket italiano diventando bandiera della Pallacanestro Reggiana targata Cantine Riunite, in cui milita per 10 stagioni sportive. È stato a lungo allenatore e si è ritirato dal basket giocato nel 2007, a 50 anni.
Partiamo con una domanda tranquilla: «Com’è andata venerdì?». Orazio e i suoi figli, che hanno ereditato la sua passione, ridono. Si è appena tenuto l’incontro tra Campagnola e Spal Correggio, il maggiore dei due fratelli Rustichelli (Luca, detto Rambo, 33 anni) ha perso il personale duello col 25enne Marco (per gli amici Ganna) che gli ha anche rifilato due stoppate. Campagnola ha vinto 57-51. Luca scherza: «È andata male, ma son contento che mio fratello ci abbia fatto il mazzo sia all’andata che al ritorno! L’MVP (Most Valuable Player, il giocatore migliore) è stato lui». Orazio sorride. «A me piace andarli a vedere, è una gran soddisfazione. Io pareggiavo in ogni caso».

Che momento sta attraversando il basket a Correggio?
Rambo: «Ci son state delle buone squadre finché non è arrivata la crisi. Io e Marco abbiamo vissuto da dentro questa fase, entrambi giocavamo per la Spal. Poi Correggio ha fatto la scelta di affidarsi per due anni alla Pallacanestro Reggiana…»
Non tutti sanno che nel biennio sportivo 2013-15 la squadra cittadina ha disputato il campionato di C regionale schierando i giovani dell’Under 19 di Reggio Emilia. «È stato un grave errore: molti sono stati mandati via», ricorda Orazio. «I giovani che avevano una prospettiva a Correggio dovevano rimanere! Invece da Reggio hanno fatto tabula rasa per portar qua i giocatori che interessavano a loro. Dopo due anni ci siamo salutati e non è rimasto niente, sono state scelte societarie sciagurate».

Qual è il compagno di squadra più forte che avete avuto?
Luca ricorda: «Davide Piccoli, non ci metto nemmeno un secondo a risponderti. Era un giocatore di seria A, tecnicamente mostruoso, ma con la voglia di uno di C. Ha tolto spesso le castagne dal fuoco».
Marco dice la sua: «Lui sicuramente (indicando Luca), ma per me il più forte in assoluto è stato Babes Compagnoni». Orazio poi cita il grande Robert “Bob” Morse e mette tutti zitti.

Orazio: qual è il rapporto tra le nostre terre e la pallacanestro?
«Reggio Emilia è un’isola felice per il basket, c’è grande calore. Sono tantissime le squadre nate negli anni ‘80 in seguito al boom della Pallacanestro Reggiana. Bologna è Reggio moltiplicata per 3, ci son stati addirittura anni in cui c’erano 3 squadre in serie A ed è pieno di team romagnoli in ogni serie, c’è un legame viscerale. Da altre parti non è così, ad esempio a Milano, in una città in cui il calcio catalizza le attenzioni, sei più sfortunato che non la Grissin Bon, perché qui c’è la pallacanestro e basta».

Rustichelli2A proposito: cosa pensate del momento attuale della Reggiana e dell’idea di ristrutturare il Bigi?
Orazio parla per tutti: «Sarebbe molto bello un palazzetto nuovo, ma guardando alle fortune delle squadre che storicamente hanno optato per questo investimento c’è da stare molto attenti. Finché ‘la barca va’ è tutto molto bello, ma in un momento di difficoltà diventa un’arma a doppio taglio: credo che il palazzetto in centro sia un punto di forza. Attualmente la squadra sta vivendo un momento di sboom (ovvero di contro-boom). Dopo due finali scudetto perse il rischio è che l’ambiente si raffreddi».

Saliamo di un gradino: cosa manca alla nazionale italiana per giocarsi il titolo europeo?
Ganna non ha dubbi: «Manca una figura carismatica, qualche giocatore abituato a vincere da protagonista». Rambo continua: «Sì. Tecnicamente nulla, il nocciolo duro della nazionale 2016 era composto di giocatori che hanno vinto i 5 campionati più forti del vecchio continente. Se a questi si aggiungono i 3 NBA, anche se son giocatori poco abituati a giocare con il coltello tra i denti, le doti ci son tutte. Manca un leader, Gallinari prova ad esserlo ma non sempre ci riesce». Secondo Orazio «L’errore nella costruzione della nazionale è l’aver affidato le chiavi della squadra a giocatori poco abituati a sporcarsi le mani. Bisognerebbe provare a costruire la nazionale su giocatori più ‘brutti’ ma che diano l’anima per la maglia: la squadra operaia di coach Pianigiani ha raggiunto risultati paragonabili a quelli della talentuosissima nazionale di Messina».

Quanto è importante un leader in squadra?
Orazio: «Il leader è il giocatore riconosciuto dai compagni come tale. Un esempio? Alla festa degli 80 anni dell’Olimpia Milano un giocatore da 30 punti ad allacciata di scarpe come Antonello Riva è stato fischiato, mentre uno c’al ghiva na man quadreda c’las priva mia veder come Gallinari senior è stato accolto da un’ovazione». Luca prosegue: «Una squadra senza leader, se mi permettete un po’ di romanticismo, è una squadra senz’anima, senza cuore. La Milano degli ultimi anni ha dimostrato di essere così». Marco, pensoso, aggiunge che «anche Reggio quest’anno è una squadra senza leader in campo ed infatti i risultati scarseggiano».

C’è un insegnamento che avete tratto dallo sport a spicchi?
A Ganna brillano gli occhi: «La cosa più bella è stare insieme in un gruppo. È quasi come avere una seconda famiglia». Rambo concorda ma va avanti: «L’impegno del semi-professionismo, a 18 anni, mi ha fatto crescere. Mi son trovato in un ambiente in cui devi stare a delle regole, sei con altri, devi integrarti». Orazio approva ed aggiunge: «Penso che ci sia un’altra cosa fondamentale e cioè che ciò che raccogli è il frutto di quel che hai fatto prima. Questo è un insegnamento che vale anche nella vita».

Da più di 40 anni il cognome Rustichelli viene associato al basket ed ora c’è un nuovo arrivato in famiglia: e se Ettore anziché prendere la palla in mano la piglierà a calci…?
Papà Luca sorridendo smentisce il clichè e svela: «Ho iniziato a giocare a calcio, mi piaceva da morire ma in inverno quando sei bambino non ti fanno giocare. Ho preferito il basket per questo, quindi per me non c’è nessun problema».

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