Quando si varca la porta della palestra, si lascia alle spalle il mondo frenetico di tutti i giorni e ci si addentra in un’oasi di tranquillità.
Percorrendo il piccolo corridoio si passa sotto un quadro che guarda tutti dall’alto.
Si tratta di un disegno realizzato da una giovane allieva, Erica Gargaglione, alla quale è stato chiesto di raffigurare una classica metafora della vita.
La strada è la “via” che ogni persona percorre durante la sua esistenza.
Il carretto è il corpo umano.
Il cavallo rappresenta le emozioni.
La scimmia ubriaca è la mente razionale che vorrebbe comandare.
L’aquila rappresenta lo spirito.
Quando l’alchimia tra la professionalità dei Maestri del Ronin e la volontà degli allievi che frequentano i corsi trova l’amalgama giusto, la scimmia ubriaca si tramuta in un intelletto coscienzioso.
Difficile da capire? Almeno come raggiungere l’equilibrio!
Chiedo lumi al presidente del Ronin, Davide Ronchetti, maestro di Karate e Xin Yi Quan.
Qual è il messaggio “profondo” che nasconde questo disegno?
«Inizio con una premessa.
Nel nostro statuto sono specificate tra le varie attività promosse, lo studio e la diffusione delle arti BU-DO.
Le arti marziali, come Judo e Aikido sono formate da due ideogrammi (JU e DO – AIKI e DO).
Il suffisso “DO” significa “via”.
Noi cerchiamo di fornire alle persone che frequentano i corsi i giusti strumenti che possono migliorare la loro via.
Cioè la loro esistenza.
Il principio di apprendimento e di studio può essere riassunto in tre fasi fondamentali caratteristiche di ogni arte marziale: SHU- HA- RI, cioè costruire, consolidare, trasformare».
Quali sono questi strumenti?
«L’arte marziale in sé è lo strumento.
Quindi sicuramente la professionalità dei Maestri, che, a loro volta, diventano allievi nel momento in cui frequentano seminari con docenti di levatura internazionale per migliorare costantemente.
Le arti marziali si apprendono attraverso una ferrea disciplina e una lunga e costante preparazione non solo tecnica.
Ogni movimento viene ripetuto al fine di migliorarne l’esecuzione applicando il principio SHU- HA- RI.
L’allievo dovrà eseguire il giusto movimento con la giusta intenzione e la giusta emozione (non violenza).
In questo modo potrà migliorare la propria consapevolezza e creare armonia tra “la scimmia, il cavallo, il carretto e l’aquila, ovvero tra la mente razionale, le emozioni, il corpo e lo spirito.
Importante per un corretto insegnamento e un corretto apprendimento è il rispetto della gerarchia. Durante gli allenamenti con l’insegnante, spesso gli allievi lavorano tutti assieme indipendentemente dal loro livello.
A prima vista sembra che stiano combattendo, ma in verità stanno collaborando per migliorarsi a vicenda, perché nel combattimento “il nemico” è dentro di noi.
Avviene così una condivisione di esperienze».
Parlando di arti marziali, il pensiero va a certi film pieni di violenza e guerra che non trasmettono un messaggio positivo al pubblico.
«Il BU-DO significa “via che ferma la guerra”.
Insegniamo tutte queste tecniche militari non per fare la guerra, ma per sopravvivere ad un eventuale attacco. Non sono tecniche di offesa, ma di difesa.
Negli allenamenti non esiste contatto fisico violento.
L’allievo impara a controllare i colpi, perché in fondo “gioca” contro un nemico che a sua volta è un altro allievo».
Appurato che sono discipline non violente, l’allievo che si dedica a queste arti si pone degli obiettivi?
«La nostra scelta, a differenza di altre palestre, è quella di non incentivare la partecipazione alle gare.
Se qualcuno vuole partecipare alle competizioni lo può fare, ma non facciamo una preparazione finalizzata.
Il nostro insegnamento è rivolto al costante miglioramento, e questo è un percorso personale potenzialmente infinito.
Anche l’attribuzione delle cinture di vario colore sono piccole tappe che l’allievo raggiunge, in vista di un traguardo più alto. Il BU-DO, pur avendo principi sia morali che tecnici, è molto “liberale”, perché le regole sono finalizzate ad esprimere la propria personalità senza ingabbiarla».
Chi si rivolge alla vostra palestra?
«Chi per curiosità, come è successo a me tanti anni fa.
Poi c’è il genitore che ha già praticato e che porta suo figlio.
Chi non ha idee chiare, viene, s’informa e decide di provare.
Sicuramente chi pensa di fare solo salti e dare pugni, dopo un paio di volte smette.
E anche nei corsi di Yoga, E.F.T e Pilates, oltre all’attività fisica diamo molta importanza alla crescita mentale».
Le arti marziali si possono imparare a qualsiasi età?
«Chi decide di praticare le arti marziali è soprattutto una persona giovane, ma chiunque può iniziare a qualsiasi età.
Il TaiJiQuan ad esempio è molto indicato per le persone meno giovani».
A che età si può iniziare?
«Abbiamo un corso, “la bottega delle capriole”, che è pensato per bambini e bambine dai 3 ai 6 anni. Lo spirito è quello di farli giocare introducendo però le basi morali, per noi fondamentali, del rispetto e collaborazione. Queste sono le fondamenta delle arti marziali».
Ultima curiosità: da dove nasce il nome dell’associazione sportiva RONIN?
«Quando nel 1972 venne fondata da un gruppo di correggesi appassionati di Judo, io non c’ero; sono qui dal 1983.
I Ronin erano soldati contadini e samurai senza terra che, per il disonore o la morte del padrone, erano costretti a vagabondare in cerca di un altro signore.
Erano sorretti da idee di libertà.
Tradotta in Italiano, la parola giapponese RONIN significa “uomo onda” e l’onda è un moto costante che non ha mai fine, come la “via” che cerchiamo di migliorare costantemente».