
Tutti noi ricordiamo con precisione dove ci trovavamo nel momento delle scosse del maggio del 2012: chi sul posto di lavoro, chi a scuola, chi nei negozi, chi a casa… Purtroppo, quegli attimi sono per tutti noi un ricordo vivo e indelebile. In una manciata di secondi, ci siamo scoperti vulnerabili e parti fondamentali della nostra vita quotidiana sono venute a mancare; mentre iniziavano le telefonate post-terremoto verso famigliari, amici e colleghi, la Torre Civica e la basilica di San Quirino diventavano inagibili.
Il 14 ottobre 2017, 1973 giorni dopo quelle scosse, in un caldo pomeriggio di autunno, la nostra città è raccolta sul sagrato di San Quirino per festeggiare la fine dei lavori di restauro post-sisma della Torre Civica, la bellissima “dirimpettaia” della statua di Antonio Allegri e simbolo della nostra città.
A presiedere alla sua riapertura, accompagnati dalla banda cittadina, il sindaco Ilenia Malavasi, l’Assessore regionale alle Attività produttive e ricostruzione post sisma Palma Costi, l’Arch. Valentina Oliverio per la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio, Monsignor Tiziano Ghirelli e Don Sergio Pellati, parroco di San Quirino.
Raccontando lo sforzo e l’impegno dietro questa opera di restauro, il sindaco Malavasi ha tenuto a precisare come la necessità fosse quella di recuperare la Torre Civica non solo da un punto di vista architettonico ma anche storico, per restituire alla cittadinanza uno dei simboli più conosciuti, porta di accesso al patrimonio storico e culturale della nostra città. Proprio per questo la Torre Civica accoglie ora al suo interno una piccola mostra che ne illustra la storia e un bellissimo plastico della Correggio del 1685.
«Si fa presto a distruggere, ma per ricostruire ci vuole molta forza e molta determinazione per lavorare insieme» ricorda l’assessore Palma Costi. «Una grande comunità ha permesso questa ricostruzione: oltre ai trecentomila euro di soldi pubblici anche numerose donazioni hanno portato al recupero di questo edificio».
Va ricordato quindi il lavoro dell’Ing. Claudio Torreggiani, dell’Architetto Mario Deganutti e della ditta Leonardo srl che hanno guidato il restauro del campanile.
Al termine del taglio del nastro e della benedizione dell’edificio una vera e propria folla si accalca davanti alla porticina di ingresso della torre:
tutti sono ansiosi di darle il bentornato, di salire sul punto più alto e tornare a sentire le campane che hanno scandito le ore della nostra storia.
Costruita a metà circa del Trecento a difesa del primo nucleo cittadino, col passare degli anni la Torre ha via via perso la sua funzione difensiva per ospitare il primo orologio civico alla fine del Quattrocento fino ad arrivare a fungere da torre campanaria ad inizio Settecento.
Dopo tanti anni al suo cospetto, è veramente emozionante poterne visitare l’interno: ad accogliere chi entra, il bellissimo plastico della Correggio del Seicento, opera per cui Tienno Tagliavini ha impiegato più di quattromila ore di lavoro.

È subito una “gara” tra i visitatori a riconoscere i nostri luoghi, quali sono cambiati e quali invece sono rimasti uguali. L’entusiasmo e la curiosità nell’ascoltare la spiegazione della struttura della città è la stessa per tutte le età: giovani, bambini, adulti e anziani, tutti a scrutare la Correggio in miniatura per scoprirne la storia.
Come spiega Tagliavini, la costruzione del plastico è iniziata con un’operazione certosina di documentazione sulla storia della città: «Non sapevo niente della nostra storia, è stato bello anche documentarsi nei vari archivi di Stato e osservare anche le prime foto di Correggio di fine Ottocento e confrontarle con Google Maps.
Poi è venuta la parte più operativa del progetto con tutte le misurazioni con i metri laser e confronto tra i vari edifici e la sua costruzione vera e propria».
Il plastico rappresenta la città nel periodo della sua massima fortificazione, la Correggio dei Principi, nel suo massimo splendore, con molti edifici che ancora oggi fanno parte della vita dei correggesi: fra gli altri, si possono riconoscere la Rocchetta, il convento dei frati annesso alla Chiesa di San Francesco, la chiesa di San Giuseppe e chiaramente la basilica di San Quirino.
La scoperta da fare davanti al plastico è proprio questa: la nostra città, nel suo centro storico, non è cambiata molto da allora. Molti luoghi sono stati riadattati nelle loro funzioni con i conventi che sono diventatati scuole, i palazzi nobiliari diventati centri culturali, come segno che la nostra città rimane ben ancorata alla sua storia ma sempre con un occhio alle necessità del presente.
Salendo sulla Torre poi si possono apprezzare i pannelli dove viene spiegata la sua evoluzione, ed accanto ad essi i segni concreti dei suoi cambiamenti nel tempo.
Dal perimetro della porticina che portava a un camminamento sulle mura, al nero del fumo alle pareti, a testimonianza della fornace in cui è stata fusa la campana nel Settecento, sono tanti gli indizi da cercare per scoprire come questo luogo, che a volte diamo un po’ per scontato, è stato parte integrante della nostra realtà.
Culmine della visita e della Torre è la cella campanaria dove si trovano le campane che finalmente tornano a suonare a distesa.
Sette in tutto, il “campanone” è la campana più importante, essendo ancora quello di inizio Settecento, con lo stemma della nostra città e che negli anni ha suonato durante i funerali dei sindaci ed ex sindaci di Correggio.
Cinque campane costruite del secondo dopoguerra, e una campana del 2012, commissionata da parte della Curia proprio in ricordo del terremoto, che riporta alcune frasi bibliche di protezione verso questa piaga che già varie volte ha afflitto la nostra comunità.
Finita la visita, dall’alto della cella campanaria si può osservare la nostra bella Correggio ascoltando la storia che dalla nostra Torre Civica risuona.
Un luogo dove si incontrano la vita religiosa e civile della nostra città, punto di culto e di cultura che, come ci ricorda la loro comune etimologia, hanno come fine la cura del bello. Un luogo che da questo 14 ottobre rappresenta ancora di più la nostra comunità, correggese ed emiliana, e lo sforzo comune che ha portato al recupero di questo ed altri patrimoni artistici, civili, religiosi e culturali, ricordandoci che del terremoto del 2012 non rimangono solo macerie e cantieri ma un senso maggiore di cooperazione e di collaborazione per la cura della nostra Storia.