Già al tempo dei greci e dei romani le botteghe dei barbieri lavoravano a pieno ritmo: tagliare, acconciare, tingere, accomodare parrucche, servizi di manicure e callisti, a volte persino dentisti. Ma, come non bastasse, erano anche il luogo di ritrovo di sfaccendati e chiacchieroni, che vi trascorrevano alcune ore della giornata per raccontare e farsi raccontare i fatti della città.
Intanto il barbiere accoglieva il cliente, lo metteva a proprio agio, ne interpretava i desideri, consigliava un taglio adeguato. La barberia si trasformava in un vero salotto.
Questo era un pò il modello di Primo Canepari, che così si racconta: «Il mio era un ritrovo, dove si parlava di tutto e di più. Oltre ai clienti venivano i soliti tutte le mattine e si chiacchierava di calcio, di ciclismo, di politica. Non ti dico le battute, le risate. Mi è sempre piaciuta la compagnia: il tempo volava!».
Come è iniziata la tua avventura lavorativa?
«Sono nato il 31/8/1942 a Correggio e ho iniziato prestissimo, a dodici anni. Andavo da Nino Storchi, che era anche il tuo barbiere a Budrio se non sbaglio; abita qui di fronte.
Poi dai tredici sono andato a Reggio dove c’era la scuola e il praticantato nella barberia di Domenico Montermini, di fronte alla Gelateria Romana. Poi nel ‘62, avevo vent’anni, mi ha cercato Mario Iotti, barbiere di Correggio in Corso Mazzini 12. Lui ha tenuto il negozio fino al 1983. Pensa che quella barberia, quella che ho lasciato, era nata nel ‘49. Nel frattempo ho sposato Marisa Isabella Costoli e abbiamo due figli, Juri ed Elvis, e due nipoti: Thomas e Natalie di nove e dodici anni».
Con Primo ricordiamo i tempi in cui, a fine anno, il barbiere regalava ai suoi clienti un calendarietto tascabile e profumato, che si metteva nel portafoglio.
«Allora “le donnine” quasi nude non erano facili da vedersi, non come oggi, che ci sono tutti i giorni in televisione. Io, di calendarietti, ne davo più di duecento.
Ho smesso presto invece le tinture, perché occorreva attendere venticinque minuti: troppo per me. Negli ultimi sei anni lavoravo solo al mattino. Infine, col coronavirus, sono stato obbligato a chiudere ed ho capito che si può fare anche il pensionato».
Adesso cosa fai?
«Niente; ma no, faccio il nonno quasi a tempo pieno. Poi sai che allevo canarini da una vita; ne tengo cento-centocinquanta qui nel sottotetto. Ci sono cinquanta gradini che faccio dieci volte al giorno per andare a controllarli, accudirli, godermeli. Tutti gli anni partecipavo alla fiera a Reggio, prima al Palazzetto poi nella zona Fiere.
Una bella rassegna, così come quella del cavallo, dei fumetti, delle moto d’epoca e altre. Adesso purtroppo hanno venduto tutto. Un tempo avevo anche gli insettivori, quando si potevano tenere liberamente; adesso non si può più, se non denunciandoli alla forestale e comunque non selvatici, nati in cattività ed inanellati. Sono inanellati anche i miei canarini col mio numero di matricola, che è solo mio e così si può risalire agli allevatori di tutta Italia». Stiamo ancora un po’ in chiacchiere ed alla fine se ne esce con una perla di saggezza: «Stai sereno, perché non c’è cosa che favorisca la caduta dei capelli come i dispiaceri e non v’è cosa che procuri più dispiacere che la caduta dei capelli».
Il giorno successivo mi reco in Via Petrarca, dove abita il signor Luciano Gianotti, felicemente sposato con la signora Ilvia Ballabeni, che sorprendo intenta al suo splendido orto, verdissimo, ricco, perfettamente geometrico. Anche Luciano ha servito tanti correggesi, nel suo negozio di via Montepegni: «Sono nato a Bibbiano l’1/10/1938. Eravamo sette fratelli, ma attualmente ho solo due sorelle. Fu il nonno, coi suoi otto figli, a trasferirsi qui a San Biagio. Ho cominciato da ragazzo, sui quindici anni: un mio zio faceva il parrucchiere dal giovedì alla domenica, di sera, perché di giorno lavorava all’Italsalumi.
A diciassette anni sono andato a Modena da un parrucchiere, fino all’età del militare. Là facevo il portaordini ed ero sempre in giro con una jeep o una motocicletta, ma alla sera tagliavo i capelli a qualche commilitone. Al congedo è seguita una pausa come verniciatore da Valter Tassoni per un anno. In quell’anno è morto Ruini, un parrucchiere, e lì è esplosa la mia situazione. Ho fatto venticinque anni vicino alla Cassa di Risparmio, poi mi sono trasferito sotto L’Orologio, dove ho esercitato fino a questo 2020, sempre però su appuntamento: mi sono trovato bene lavorando in questo modo».
Poi è arrivato il Covid.
«Già, col coronavirus ci hanno fatto chiudere e allora ho dovuto fare due conti per eliminare le spese del negozio, le tasse, l’affitto, il registratore di cassa e cose varie. Mi sono consultato con mia figlia e, con la fine di Aprile, abbiamo chiuso. Lo sa? Ieri hanno accompagnato il mio maestro Rustichelli, un parrucchiere di Reggio, che aveva creato con Prandi, altro grande parrucchiere, una scuola: io, Silvano Cavallini dell’Espansione Sud, Pipi e Salami la frequentavamo insieme per perfezionarci.
Tosavamo gratis gli studenti di un Istituto; è stato un bel salto di qualità per noi. Reggio ha grandi parrucchieri; voglio ricordare almeno Ulisse, di Via Toschi, per non parlare delle donne, anche loro bravissime.
Negli anni successivi la CNA aveva dato la possibilità alle parrucchiere di tosare gli uomini: allora noi andammo in regione a fare le nostre rimostranze ed alla fine, dopo un corso, abbiamo potuto tosare anche le donne. Anch’io ho fatto un corso anche per parrucchieri unisex e l’avevo aggiunto alla licenza, ma tosavo solo ragazze coi capelli corti; non mi sono mai cimentato con boccoli e bigodini».
Poi mi parla di qualche dopolavoro in ospedale, per clienti ricoverati e impossibilitati a muoversi e infine riconosce che gli mancano molto i suoi clienti, ma non vuole avviare lavori in nero. Mi mostra i suoi diplomi e l’ultimo omaggio e riconoscimento per l’attività svolta, ricevuto dalla CNA in una bella festa al Portico di Canolo con tanti parrucchieri della bassa.
Grazie e auguri a questi artisti, che per tanti anni hanno maneggiato forbici, pettini, rasoi e asciugacapelli con eleganza, mano sicura e un pizzico di creatività.