Nel precedente articolo di dicembre è stata presentata la foto del Bastione di Carlo V (o San Martino), che salvaguardava la parte nord-orientale della città di Correggio.
Se si osserva bene la foto soprastante, si può notare che lo stesso Bastione viene interamente occupato da un’imponente e nuova costruzione.
Fa angolo con un pezzo delle antiche mura ancora da abbattere e si affaccia sul Corso Carlo V.
Tutta la parte bassa della muratura in elevato presenta una singolare e caratteristica “scarpatura”, cioè un’inclinazione verso l’esterno (dall’alto verso il basso): è quanto rimane della cinquecentesca cinta murata urbana, utilizzata dai progettisti per costruire l’immobile. Intorno alla costruzione esiste ancora l’avvallamento che formava la fossa colma d’acqua, contornante le mura. Lo spazio occupato dalle persone, in primo piano, rappresenta la zona di Porta Modena dove, odiernamente, si allarga Piazzale Carducci. L’edificio che ricopre il Bastione è da subito stato battezzato dai correggesi con un caratteristico e significativo soprannome (scutmaj): Turiòun, italianizzato Torrione.
Un po’ di storia
Su questa zona fuori città (e ancora un po’ isolata) aveva messo gli occhi, nel 1909, l’imprenditore Placido Reggiani: acquistò le fondamenta del Bastione Carlo V con l’intenzione di realizzarvi un impianto produttivo. Sfruttando l’altezza della struttura, lo stabile fu destinato ad essiccatoio dei bozzoli di bachi da seta, deposito di vinacce e distilleria di fichi secchi. I lavori vennero affidati a Pier Giacinto Terrachini (1853 – 1935), eclettica figura di progettista che, nel 1889, aveva realizzato uno dei prototipi dell’edilizia floreale in provincia di Reggio Emilia: un edificio scolastico (poi demolito) nella natia Rio Saliceto. Terrachini è stato uno dei protagonisti indiscussi della stagione liberty nel nostro territorio: il Torrione può a ragione essere considerato uno dei suoi capolavori.
L’edificio, dalla poderosa volumetria a ferro di cavallo, è costituito da due edifici paralleli e simmetrici (quello di destra corrisponde all’antica ala padronale): questi sono uniti tra loro da un corpo trasversale che delimita un cortile aperto sulla strada, un tempo racchiuso da un monumentale cancello ornato da grifoni. L’esterno è caratterizzato da un attento uso del mattone a vista, con differente gradazione cromatica (dal giallo al rosso) per ottenere suggestivi effetti cromatici e ottici. Interessanti sono le soluzioni ornamentali in cemento: le balaustre dei balconi, le modanature delle finestre e i pinnacoli che sono collocati al temine delle lesene furono decorati con motivi di pesci, delfini e tralci d’uva intrecciati per opera del figlio dell’architetto, Bruto Terrachini, artigiano di notevole abilità figurativa.
Fu inaugurato nel 1912, ma l’impiego di capitali utilizzati per la costruzione dello stabilimento non risultò proporzionato agli utili dell’attività produttiva che si concluse, al termine del decennio successivo, con la liquidazione della società dell’imprenditore. Ceduto al Comune nel 1926, il Torrione venne dapprima utilizzato come ricovero di attrezzature stradali: poi, nel 1945, fu parzialmente modificato ed utilizzato come alloggio popolare per famiglie indigenti, che abitavano in baracche di legno collocate nelle basse (le prosciugate fosse attorno alle mura). Ad ogni famiglia era destinata una stanza o poco più: negli anni quaranta e cinquanta i nuclei familiari erano in media trenta.
Il signor Luciano Lusetti ricorda che, dopo la guerra, nel cortile era stanziato un capannone adibito a cucina popolare, gestita dal Comune, dove un pasto veniva pagato dieci centesimi.
I restauri del 1983 confermarono la vocazione del Torrione ad edilizia sociale per anziani, giovani coppie e appartamenti protetti.