Alessia Gennari nasce il 3 novembre 1991 a Parma. Cresce con la propria famiglia a San Martino in Rio, paese in cui inizia a praticare la pallavolo.
La pallavolo in una frase?
«La pallavolo è il mio sport, la mia passione, il mio lavoro, ma con gli anni è diventata qualcosa di più: è quell’attività a cui ho dedicato la maggior parte delle mie energie e che, nel bene e nel male, crea e condiziona i rapporti più importanti con le persone che fanno parte della mia vita».
Cosa significa essere campionessa d’Europa?
«Significa aver portato prestigio alla nostra Nazione. È un grandissimo onore rappresentare il tuo Paese nel mondo e giocare per quella maglia; l’Italia sa essere riconoscente quando vinci, ancora di più quando un titolo europeo mancava da ben 12 anni!».
Cosa si prova quando ci si trova di fronte a 20.000 persone che attendono solo un tuo errore?
«Giocare con tutta quella bolgia è qualcosa di elettrizzante, che ti fa venire la pelle d’oca! Entri in campo, ti guardi intorno e pensi: “Voglio far esplodere la palla!”. Ma è un momento che dura giusto il riscaldamento, poi quando sei in campo non senti più nulla».
Come hai vissuto le Olimpiadi di Tokyo da spettatrice?
«Andare a Tokyo era il mio obiettivo principale, non lo nascondo, e ho lavorato sodo tutta l’estate per guadagnarmi un posto. Purtroppo non sempre le cose vanno come vorremmo e mi sono trovata ad essere l’ultima esclusa. Lì per lì è stata dura perché ho visto il mio sogno andare in frantumi, ma l’ho accettato e ho tifato le mie compagne da casa e ho visto nell’Europeo una seconda chance».
Come pensi che si possa interrompere il meccanismo di questa società, per cui un giorno sei un fenomeno e quello dopo un principiante?
«Purtroppo questa è una dura verità. Chi fa sport lo sa bene: siamo perennemente sotto giudizio, nostro e degli altri, perché ci viene richiesta una prestazione eccellente ad ogni appuntamento. Spiace che non si pensi che siamo persone prima che atleti, e che non essendo macchine anche a noi è concesso di avere la giornata no di tanto in tanto!».
A chi dedichi la vittoria dell’Europeo?
«Dedico la vittoria di questo Europeo innanzitutto a noi ragazze. Solo noi sappiamo quali incubi abbiamo dovuto affrontare dopo la delusione di Tokyo, chi per un motivo chi per un altro. In secondo luogo la dedica va a tutte quelle persone a me care, che mi sono state vicine con pazienza e amore nei momenti più difficili e che non hanno mai smesso di credere in me».
Il tuo sogno nel cassetto? Si è avverato o c’è altro?
«Guardo un sogno alla volta e devo dire di essere una persona molto fortunata! Il mio sogno era quello di andare alle Olimpiadi e le ho raggiunte a Rio nel 2016, quindi ora avanti il prossimo!».
Hai un posto del cuore a Correggio?
«A Correggio ho passato gli anni più belli, quelli del liceo, e mi capita tutt’ora di andarci spesso. Il centro è bellissimo e molto romantico con i suoi portici e le sue gallerie; forse la parte che preferisco è quella del teatro. Porto nel cuore anche la Galleria Politeama, in cui lavora mia sorella Alice: uno scorcio di rara bellezza».
Quando hai visto il Sindaco di San Martino in aeroporto ti sei emozionata?
«Assolutamente si! Non mi aspettavo un gesto simile, non mi era mai successo e devo dire che mi ha emozionato molto: ho capito ancora di più quanto fosse importante ciò che avevamo appena fatto! E poi noi siamo sempre in giro per il mondo e sapere che tutte persone a casa ti stanno seguendo ti fa sentire un po’ meno lontana».
Desideri lasciarci un tuo motto?
«Non smettete mai di credere nei vostri sogni».