Paolo Hendel e Syusy Blady, tra riflessioni ed allegria

Due belle serate con Primo Piano Estate a FestaCorreggio

Il 6 e il 7 luglio, nell’accogliente cornice di FestaCorreggio, due belle serate hanno caratterizzato gli eventi di Primo Piano Estate 2018: Paolo Hendel, con il musicista Alessandro Bruno, in “Rido ergo sum” e Syusy Blady ne “Il paese dei cento violini” con i “Violini di Santa Vittoria”.Hendel, attore e cabarettista, attingendo ad arte a qualche sonora espressione di autentico toscanaccio, ha tenuto banco con un recital brillante, evocando la verve del suo Carcarlo Pravettoni nella tv di “Mai dire goal”. Ironiche riflessioni su verità disarmanti, salti nel tempo con qualche nostalgia del come eravamo e incursioni (biscarate!) sul magro panorama della politica o di quel che ne resta. Molti spunti dal suo libro “La giovinezza è sopravvalutata”, fresco di stampa, una sorta di manualetto semiserio su come invecchiare felici e contenti, dea bendata permettendo. «Ho paura che da giovani si sia troppo giovani per poter apprezzare la giovinezza e va a finire che la sprechiamo. I vecchi non la sprecherebbero di certo!» dice Hendel. «La giovinezza te la devi conquistare con gli anni dimostrando di esserne degno. A quel punto, dopo almeno una settantina d’anni ti puoi godere la giovinezza in piena consapevolezza. Invece quel che succede è che da vecchi si torna sì bambini, ma solo per le cose negative: perdi i denti, perdi i capelli, ti mettono il bavaglino, ti danno le pappine, ti sbrodoli quando mangi e spesso te la fai addosso». Degni di nota i passaggi sulle bizzarre contraddizioni dell’oggi, sulla necessità di non farsi prendere da fantasmi posticci o da manie collettive. Il suo accorato appello è il ritorno al buon senso. Come quando allo slogan salviniano “prima gli italiani”, controbatte: «Non sarebbe meglio dire: prima le brave persone?».

Di tutt’altro genere la serata con Syusy Blady. La protagonista di “Turisti per caso” ha raccontato (e in parte cantato) le pagine più belle del suo recente romanzo “Il paese dei cento violini”. Il paese è Santa Vittoria di Gualtieri, nella bassa reggiana, dove la Blady, arrivata per caso e ammaliata dal suono dei violini, ha raccolto le testimonianze e la storia della gente del posto. Dietro le figure dei protagonisti del romanzo, le famiglie dei Carpi e dei Bagnoli con la passione del violino nel sangue, c’è la schiera degli umili che lotta per il riscatto sociale e che, tra lutti e tribolazioni, avanza (come nel celebre dipinto “Il quarto stato” di Pelizza da Volpedo), conquistata dalla fede nel socialismo riformista di Camillo Prampolini. Gli scarriolanti, i mezzadri, i braccianti, le mondine fondano a Santa Vittoria una delle prime e più grandi cooperative d’Italia e riescono nell’impresa di subentrare alla famiglia Greppi nella proprietà del Palazzo signorile, con tanto di corte e di azienda agraria modello. Poi la parentesi nera del fascismo (un giovane maestro di Predappio, tal Benito Mussolini, venne ad insegnare proprio in zona) e, ancora una volta la durezza della lotta: la resistenza e poi la liberazione. Negli anni, sempre, i violini portano il sollievo della musica, del ballo, del dolce stare insieme e riempiono il racconto della Syusy. Come riempiono la nostra serata con le loro musiche avvincenti e con il gran finale, che manda in estasi il pubblico amante del liscio. È la versione arrangiata per archi dai cinque maestri sul palco, “I violini di Santa Vittoria”, del famoso valzer “Il battagliero” di Tienno Pattacini. Battagliero come il popolo di Santa Vittoria e della nostra terra reggiana, che con le sue battaglie ha conquistato libertà e benessere per tutti noi.

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