Ottima vendemmia, ma preoccupa la salute del vigneto

Dal punto di vista qualitativo la vendemmia 2023 è stata un’ottima annata e tale sarà, visti gli eccellenti presupposti, anche dal punto di vista enologico. Premesse fondamentali non solo per la produzione del nostro rinomato lambrusco, ma anche per dare soddisfazione ai viticoltori correggesi, che possono essere orgogliosi del risultato del loro lavoro sebbene il settore stia attraversando un periodo non particolarmente felice. Due sono le problematiche più preoccupanti: il mercato e lo stato di salute dei vigneti.

Per quanto riguarda il mercato del nostro vino, in questi giorni vengono ufficializzati i prezzi di liquidazione da parte delle cantine cooperative: nel nostro territorio la quasi totalità delle uve prodotte viene indirizzata a queste strutture. I risultati non sono di certo entusiasmanti: le uve della vendemmia 2022 saranno pagate a prezzo inferiore rispetto al costo di produzione, di conseguenza nella passata stagione i viticoltori hanno lavorato in perdita. Perdita che ovviamente cambia in funzione del prezzo di liquidazione, delle varietà e dei costi di ammortamento, che sono differenti a seconda delle aziende che, peraltro, in questi anni hanno nella maggioranza dei casi fatto nuovi investimenti, sia in vigneti che in attrezzature. Purtroppo il mercato accusa domanda in calo ed esubero di offerta, tanto che le cantine devono anche fare i conti con prodotto in giacenza proprio mentre si inizia la produzione del vino nuovo. Al momento vale poco sperare in una ripresa delle quotazioni derivante dal generalizzato calo di produzione che, se nel correggese potrebbe anche raggiungere il 20-30%, a livello nazionale si stima sia del 12% medio, mentre a livello regionale del solo 4,5%. A grandi linee, giusto per avere un ordine di grandezza indipendentemente dai prezzi delle singole realtà e categorie di prodotto, si consideri che le uve della vendemmia 2022 verranno pagate ai produttori il 40% in meno rispetto a quelle della stagione precedente, addirittura la metà di quelle della vendemmia 2020. Ovviamente questi valori devono destare preoccupazione e soprattutto impegno nel rilancio del prezzo di un prodotto, il lambrusco, che il mercato apprezza e conosce. Non deve essere di consolazione pensare che i movimenti del valore di mercato delle nostre uve ci sono sempre stati, con ciclicità di dieci/quindici anni: oggi occorrono strategie di mercato nuove, tutte da inventare e soprattutto da mettere in atto.

Nel mentre i viticoltori devono anche fare i conti con un ulteriore problema, ancor più preoccupante, che sta mettendo in serio pericolo la produttività: lo stato di salute dei vigneti. Le malattie delle piante sono causate da due fenomeni fra loro molto simili anche nella sintomatologia, distinguibili solo analiticamente: la Flavescenza dorata ed il Legno nero. Si tratta di malattie endemiche a carico del legno, provocate da fitoplasmi che vengono inoculati da insetti vettori che li trasmettono dalle piante sane a quelle malate. Per questo motivo i trattamenti contro questi fenomeni sono obbligatori, sanciti per legge, e consistono tanto nella lotta agli insetti vettori quanto nell’estirpo delle piante sintomatiche, che potrebbero essere fonte di inoculo per ulteriori trasmissioni in campo.

Questi problemi non sono certo nuovi: già nel 2000 si iniziarono a mettere in atto strategie per il loro contenimento che, peraltro, fino a pochi anni fa sono risultate efficaci: oggi però le infezioni stanno decimando il numero di ceppi di vite, scoraggiando gravemente i produttori. Il fenomeno interessa molte aree viticole importanti del nord Italia: la gravità della situazione nel territorio reggiano e correggese in particolare è confermata dal fatto che nessun vigneto ne esce indenne; in molti casi la percentuale di piante colpite raggiunge anche il 20-30%, con una perdita di produzione di pari entità. Le malattie paiono in costante aumento, nonostante le strategie opportunamente messe in atto. La necessità di estirpare le piante colpite ed eventualmente di rimpiazzarle con altre, da seguire e curare fra mille difficoltà, stanno fortemente incrementando i costi di produzione a carico dei produttori che, in questo momento, si trovano senza certezze. Alcuni produttori sono talmente avviliti da pensare di estirpare la vite; altri, che si trovano nella condizione di dover rinnovare vecchi vigneti con nuovi impianti, sono titubanti. Anche dal punto di vista tecnico non arrivano soluzioni convincenti, tanto che spesso si sentono pareri contrapposti sul da farsi. In linea di massima l’estirpo dei vecchi vigneti con elevate percentuali di piante malate e la creazione di un nuovo vigneto in sostituzione, con materiale vivaistico sano, potrebbe di fatto accelerare il risanamento generale, limitare i costi e non far perdere produttività al comparto. In caso contrario, se tutti si fermano ad aspettare, il vigneto correggese rischia l’estinzione. Tutto ciò proprio mentre i territori del Lambrusco sono stati candidati come regione vinicola dell’anno: una nomination che è arrivata dalla prestigiosa rivista Wine Enthusiast nell’ambito dei Wine Enthusiast Wine Star Awards 2023.

 

Il primato della viticoltura Correggese

Per il territorio correggese la viticoltura è un fiore all’occhiello: il nostro Comune, con i suoi 1.952 ettari, è il più importante produttore di uva di tutta la provincia; da solo rappresenta il 23% della viticoltura reggiana. Correggio, peraltro, è il Comune con la maggiore superficie di vigneto di tutto il comprensorio del Lambrusco, visto che anche Carpi, che rappresenta il principale polo viticolo Modenese, ha una superficie vitata di duecento ettari inferiore alla nostra (dati regione Emilia – Romagna, 2022). Un primato importante e prestigioso, ma anche di grande responsabilità. A livello provinciale si coltivano oggi 8.396 ettari dei quali 1.050, il 14,3%, rappresentano un incremento medio di superficie che si è compiuto negli ultimi dieci anni. Negli ultimi sette anni il territorio correggese ha incrementato la propria superficie viticola del 17%.
A livello provinciale, negli ultimi dieci anni la superficie media dell’azienda viticola è passata dai 2,34 ettari del 2012 ai 3,48 del 2022, confermandosi leggermente al di sopra della media regionale. Per quanto riguarda la meccanizzazione, oggi nella provincia di Reggio Emilia le colture che richiedono la vendemmia manuale rappresentano solo il 3,2%.

Condividi:

Rubriche

Torna in alto