Orazio, amico e compagno

La vita di una bella persona nel libro del Lucio Lombardo Radice

No, non si tratta del poeta latino, quello del Carpe diem, passato alla storia per la sua Ars Poetica.
Si tratta del correggese Orazio Bellentani, nato in quel di Budrio nel 1923 e morto improvvisamente il 25 maggio 1981.
Lui non è stato una personalità famosa, né ha compiuto gesta eroiche per passare alla storia.

 Ha “semplicemente” partecipato alla storia, contribuendo – con una vita onesta e retta e con una forte propensione al bene comune – a renderla migliore.
Questa la sua arte.
Non è stato il solo, naturalmente, a coltivarla.

Ecco perché parlare di Orazio Bellentani (“Belenta” per amici e compagni) significa occuparsi anche di una vicenda “collettiva” che riguarda tante altre persone come lui.

“Orazio Bellentani nel ricordo dei famigliari e di amici, colleghi, compagni” è un piccolo libro realizzato dal centro culturale Lucio Lombardo Radice, presentato recentemente alla libreria Ligabue.

Si toccano i vari tratti della vita di Orazio: le relazioni, gli affetti famigliari, l’influenza che ebbero su di lui i genitori, antifascisti dalla grande integrità.
Il solido rapporto con la sorella Odelia e con i nipoti Lorella e Vanni.
Poi il lavoro: dalla Recordati, al negozio di accessori per auto, alla Confesercenti, prima come dirigente politico e poi come funzionario.

La dimensione politica ha avuto un posto di rilievo nella vita di Belenta, dalla partecipazione alla Resistenza, alla costituzione del Fronte della Gioventù, alla lunga e assidua militanza nel PCI.

Nel libro ci sono le sue passioni: la bicicletta, i viaggi, la lettura.
Ma la prima è la politica, che segna il lavoro e la vita.

Dalla Recordati, Orazio venne licenziato per motivi politici, poi il suo piccolo negozio diventò una mini-sezione di partito e, ancora, nel suo impiego alla Confesercenti lavoro e militanza sempre si mescolarono. Una politica pacata, riflessiva, dialogante.

Era il suo stile: quello di una persona buona e onesta, ma con la schiena diritta, gentile nei modi e nel linguaggio, simpatico e ironico.

Forte idealità, ma anche senso “popolare” della concretezza. Saggezza e propensione a impegnarsi per il “bene comune”.
Doti che spendeva non solo nella politica, ma anche nel volontariato (AVIS) e nel lavoro.
Era curioso, credeva nella cultura, strumento fondamentale di progresso personale, civile e “di classe”.

Alle riunioni di partito Belenta interveniva assiduamente, con considerazioni personali, mai scontate o banali, grazie anche alle sue letture.
Rispettava le opinioni degli altri.
Un pregio non comune, che, assieme alla capacità di “legare”, gli consentiva di trovarsi in sintonia con persone appartenenti a generazioni diverse.

 Ciò che è successo a me, che quando l’ho conosciuto avevo trent’anni meno di lui.

Queste caratteristiche di Bellentani emergono da tutte le testimonianze riportate nel libro, rese da persone senza grandi titoli da esibire.
Come lui, come Belenta.

Come lui, appartengono a una storia collettiva, ma non costituiscono lo sfondo di una massa confusa e indistinta.
Nel libro emerge, insomma, una sorta di auto-rappresentazione spontanea, sincera, di un gruppo di compagni e compagne – in parte coetanei, in parte in continuità generazionale – che hanno condiviso con Orazio quel nobile approccio alla militanza politica.

Negli anni successivi sono state spese montagne di parole -a proposito e a sproposito- su quanto e cosa, di quell’approccio, andasse cambiato o abbandonato.
Certo, guardando oggi lo stato della politica e dei partiti, è difficile sfuggire al dubbio che, passo dopo passo, assieme all’acqua sporca si sia buttato anche il bambino.

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