O capitano, mio capitano, con te in serie B

La gioia di Paolo Rozzio, capitano dell’AC Reggiana

Possiamo ormai chiamarti correggese a tutti gli effetti, vero Paolo? È dal 2021 che non ci sentiamo con Paolo Rozzio, difensore centrale nonché capitano della AC Reggiana, promossa in questi giorni in serie B dopo un campionato trionfale.

Com’è vivere a Correggio? Ora sei anche papà di una splendida bimba: sei soddisfatto dei servizi?
«Correggio mi piace molto. Io provengo da una grande città, Torino: questo vivere sociale di Correggio mi fa sentire bene. Il parco urbano, adesso che mia figlia Bianca sgambetta vivacemente, è una meraviglia. Qui i rapporti sociali non sono mai invasivi, c’è un vivace fermento culturale e in più sono molto vicino al posto di lavoro, che per me è anche un divertimento. Dunque tutto bene».

Paolo, che annata è stata quella appena trascorsa? Tu che hai vissuto anche una retrocessione, com’è ritornare in serie B con la Regia?
«Sai, io sono alla Reggiana da sette anni, ho vissuto la sua ripartenza dalla serie D dopo il fallimento, poi la promozione in C, la promozione in B, la retrocessione ed ora una nuova promozione in B. Non mi sono fatto mancare niente. Quest’ultimo successo però ha un altro sapore, un po’ per l’età raggiunta (vado per i trentuno), un po’ per la lunga militanza nel mio club. Adesso che è trascorsa qualche settimana, riguardando attraverso i social i festeggiamenti, mi emoziono ancora pensando a quante persone abbiamo reso felici».

Hai già frequentato la serie B: puoi dirci in breve quali sono le differenze più importanti dalla serie C?
«Al primo posto metterei la struttura fisica e la tenuta atletica dei calciatori. Poi la caratura tecnica complessiva degli organici costruiti per raggiungere la massima serie, che hanno budget importanti e rappresentano città abituate a certi palcoscenici. La Reggiana può stare benissimo tra queste».

Sei un capitano di lungo corso e conosci dettagliatamente le qualità e le carenze dei tuoi compagni. Pensi che la rosa debba essere rivoluzionata o il salto di categoria può essere assorbito dagli attuali componenti?
«Solitamente si parte dall’ossatura che ha portato alla promozione, nel segno della continuità, per sfruttare l’amalgama consolidato. Poi si fanno nuovi innesti in ruoli mirati, di solito un portiere, due centrali e due punte abituate alla nuova categoria. Ma non è una regola fissa».

Sei nel pieno della maturità, hai ancora tanto da dare sul campo. Come pensi sia il futuro della tua carriera, visto che ora la famiglia è aumentata ed oltretutto sei in scadenza di contratto?
«Alcuni anni di “sacrifici”, se così si possono chiamare, mi sento ancora in grado di affrontarli a fronte di un progetto serio. Per adesso penso alla Reggiana. Sto cercando di finire in breve tempo l’università per laurearmi in psicologia, una materia che mi ha sempre affascinato e che penso possa servirmi nel prosieguo della mia vita lavorativa, che immagino comunque all’interno del mondo del calcio. Dopo un breve innamoramento per la professione di allenatore, ora mi sento più orientato per un lavoro organizzativo, che potrebbe essere direttore sportivo, procuratore o manager esecutivo. Vedremo. Ora penso solo al calcio giocato, preferisco ancora le scarpette con i tacchetti alle Hogan».

Da correggese di adozione segui un po’ anche le vicende della Correggese calcio? Al Borelli non mi sembra di averti mai visto, forse non ti hanno invitato (scherzo, eh).
«È vero, allo stadio non sono mai venuto, gli impegni erano sempre concomitanti: anni fa per un periodo breve mi sono allenato a Correggio ai tempi del presidente Lazzaretti e dell’allenatore Serpini, c’erano anche il massaggiatore Mastini e Federico Davoli».

Per finire in leggerezza, c’è una domanda che non ti hanno mai fatto a cui avresti sempre voluto rispondere?
«Guarda, la cosa mi stuzzica. Facendo mente locale, non ricevo domande sul ruolo socio/educativo che possono svolgere i giocatori professionisti. La gioia o il dispiacere che possono procurare involontariamente a migliaia di persone. Noi possiamo fare del bene rendendoci disponibili ed affabili con coloro, che a volte in modo un po’ naif cercano di avvicinarci, di scambiare un saluto, una battuta. Ecco, possiamo restituire un po’ del benessere che ci procurano con la loro passione».

Non c’è riflessione più onesta di questa. Grazie e in bocca al lupo a Paolo Rozzio, correggese per amore e capitano di lungo corso dell’AC Reggiana.

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