Nuove mode di dire

Come Parliamo

Una volta, molto più che adesso, si parlava per stereotipi e modi di dire. La vista del cielo offuscato da nuvole faceva subito esclamare Cielo a pecorelle, acqua a catinelle; un inganno mal riuscito faceva sentenziare Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi; una ragazza all’apparenza timida ma capace di tirar fuori un bel caratterino era un’acqua cheta. Potrei andare avanti, ma sicuramente molti lettori del nostro giornale sarebbero molto più ferrati di me in materia.

La bellezza di questi modi di dire è duplice: sono un vero e proprio patrimonio storico, che varia da regione a regione, da dialetto a dialetto; proprio in quanto patrimonio storico, hanno in loro il valore aggiunto di metterci in contatto con un mondo ed un tempo lontani, dove esisteva un diverso genere di saggezza.

Ogni tempo ha i suoi modi di dire. Oggi, molti di quelli che ho sopra elencato sono scomparsi dall’orizzonte nazionale. Per fare un esempio, è molto raro che in televisione o sui giornali qualcuno li utilizzi, a meno che non si tratti di farlo con fini ironici, cosa che accade ad esempio nei titoli dei giornali.

Sono però sorti nuovi modi di comunicare e di parlare, che a volte rasentano il limite della scorrettezza. Pensiamo, ad esempio, all’uso ormai pervasivo di esatto e assolutamente. Entrambi per loro natura affermativi, stanno soppiantando nell’uso il semplice , che forse ci appare troppo debole. Un uso che è forse figlio di una cultura che ci vuole perennemente assertivi e scattanti.

Più preoccupante è l’utilizzo fortemente scorretto del piuttosto che, sul quale sono stati lanciati appelli nientemeno che dall’Accademia della crusca. Accade infatti che nell’uso pop (e non popolare) della lingua, il piuttosto che abbia totalmente cambiato significato e valore. Nel suo uso originario ed esatto, piuttosto che indicava (ed indica tutt’ora, a voler parlare correttamente) una preferenza, una scelta: «Preferisco andare a dormire, piuttosto che annoiarmi alla sua stupida festa». Ecco, la persona che parla ci sta dicendo che la sua preferenza va al letto e non al party al quale è stata invitata. In grammatica, si dice che piuttosto che ha valore avversativo, ed ha una funzione simile ai più impiegati anziché, invece di.

La frase così composta sta però cadendo in disuso, e forse fra qualche anno verrà segnalata come un uso forbito della lingua italiana. Se infatti ascoltiamo parlare personaggi più o meno famosi (ma forse anche i nostri vicini di tavolo al ristorante non sono da meno), sentiamo, piuttosto, questo tipo di affermazione: «Come piatto del giorno posso consigliarvi il pesce al forno piuttosto che la pasta all’amatriciana». È questo un uso che spesso si riscontra nei negozi, quando la commessa deve mettere davanti ad una scelta il cliente, o nei ristoranti, come nell’esempio. In questo caso il piuttosto che viene utilizzato con valore disgiuntivo: è usata insomma come sinonimo di o, oppure.  Il significato originario è però totalmente diverso ed una frase di questo tipo potrebbe provocare giramenti di capo e confusione in un ascoltatore attento e rispettoso della lingua.

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