Quando lo sento per telefono, Marco Ligabue si trova a Roma per girare il videoclip della prossima canzone. Di strada ne ha fatta, dagli inizi con i Blouson Noir, sul finire degli anni Ottanta, passando per Little Taver & His Crazy Alligators, i Rio (ex Del Rio), fino alla carriera solista. Sempre accompagnato dalla presenza importante del fratello Luciano, per il quale ha creato e gestito il Fan Club e, più recentemente, il LigaChannel.
La nostra chiacchierata è l’occasione per rivangare un po’ i vecchi tempi, compreso qualche ricordo comune nei primi Alligators, per parlare del presente e dei tanti progetti futuri.
Ora la vita di Marco si divide fra Correggio e Alghero, dove vive insieme alla compagna e alla figlia, senza contare le strade e le piazze d’Italia, dove nel solo 2015 ha tenuto oltre duecento concerti.
Cominciamo dall’oggi e dal prossimo disco, in uscita a gennaio. «Saranno nove tracce. -ci dice- Due di queste, “Una sosta dal mondo” e “Spirito libero”, sono già state pubblicate come singoli. L’album si avvarrà di due importanti collaborazioni: con Shade, un noto rapper di Torino, e con Lucariello, un rapper napoletano con il quale sto curando un progetto sulla legalità».
Da quando ha iniziato l’attività di cantautore, nel 2013, Marco ha sempre messo al centro dei suoi album tematiche sociali.
Il brano “Il silenzio è dolo”, incentrato sul problema dell’omertà, lo ha portato a incontrare oltre centomila studenti in tutta Italia e ha ottenuto diversi riconoscimenti, fra cui quelli del magistrato antimafia Nino Di Matteo. Anche nel nuovo album ci sarà una canzone contro la mafia, ispirata alla vicenda del testimone di giustizia Benedetto Zoccola.
Insieme allo stesso Zoccola e a Ismaele La Vardera, giornalista de Le Iene, il 3 novembre presenterà il brano alla Camera dei Deputati, per poi proseguire con un tour nelle scuole. «Quello della musica mi sembra un modo diverso, più leggero forse, ma a mio parere anche più efficace, per parlare di mafia ai giovani e contribuire così a diffondere una cultura della legalità».
L’ultimo singolo, “Spirito libero”, ci permette invece di fare un salto nel passato, a quegli anni Settanta e Ottanta in cui si è formata la nostra generazione. «Un decennio controverso ma ricco di slancio vitale, di un’energia creatrice che è stata capace di coniugare liberà e identità», si legge nel comunicato stampa che accompagna il brano. «Un decennio dominato da personaggi di spessore, come Pertini e Berlinguer, che hanno contribuito a trasformare il nostro mondo e ci hanno regalato una nuova modalità, più “politica”, del vivere quotidiano».
«Dal punto di vista musicale, -aggiunge Marco- erano anni in cui suonare dal vivo era certamente più facile rispetto a ora, anche per chi, come noi, lo faceva soprattutto per divertirsi. Non era ancora arrivata la moda delle tribute band e gli spazi per i gruppi emergenti, nella nostra provincia, erano molti: feste della birra, feste dell’Unità comunali e di quartiere, concorsi e manifestazioni…».
Proseguendo nel tempo, si arriva a Little Taver, un progetto nato da un’idea dello stesso Marco nei primi anni Novanta. «All’epoca, -ricorda Marco- c’erano diversi gruppi a Correggio. Alcuni erano musicalmente preparati, ma quasi nessuno dava la giusta importanza al live. Conoscevo Taver, come quasi tutti a Correggio, e pensai che avesse le qualità giuste per misurarsi come performer, oltre che come cantante. Fu così che nacque il gruppo e la mia idea si dimostrò vincente”.
Varcata la soglia dei trent’anni, Marco ha sentito il bisogno di dare una svolta alla sua carriera, sia dal punto di vista musicale che professionale. Per questo ha fondato i Rio, nei quali era chitarrista e autore di quasi tutti i brani. Se Little Taver rappresentava prima di tutto il divertimento e il piacere dello stare insieme, con i Rio ha deciso di affrontare la musica in modo più concreto, dando libero sfogo ai suoi gusti e cercando di trasformare la sua passione in una professione.
In tutti questi anni Marco ha sempre affiancato l’attività musicale con quella di coordinatore del Bar Mario e di LigaChannel, rispettivamente fan club e sito ufficiale di Luciano. Perciò gli rivolgiamo una domanda anche in questa sua veste. «Il 2016 di Luciano -ci dice- si sta rivelando straordinario, soprattutto per i due concerti di Monza, che sono andati benissimo. L’album, che uscirà fra poche settimane, costituisce una novità e sono molto contento che mio fratello, a cinquantasei anni, abbia ancora voglia di mettersi in gioco e stupire il suo pubblico. Il cd, infatti, sarà un concept e conterrà una serie di canzoni legate dallo stesso filo conduttore, con un racconto che si dipana attraverso le diverse tracce. Da poco sono state ufficializzate le date del prossimo tour nei palazzetti, che partirà nel febbraio 2017 e in due settimane sono stati venduti duecentomila biglietti, a dimostrazione dell’affetto immutabile che lega mio fratello ai fan e di quanto abbia saputo seminare in questi venticinque anni di carriera».
Dopo dieci anni con i Rio, Marco ha voluto di nuovo cambiare, mettendosi alla prova come cantante, oltre che come autore. «Ora non riesco più a vedermi solamente come chitarrista. -ci dice- Sarà l’età, sarà il fatto di essere diventato padre, ma ora mi vedo solo come cantautore. All’inizio la difficoltà principale era salire sul palco e gestire il rapporto col pubblico. Le prime cinquanta date da solista, nel 2013, mi sono servite da rodaggio. Ora posso dire che la cosa che amo di più sia proprio esibirmi dal vivo, introdurre i miei pezzi, raccontare qualche aneddoto fra un brano e l’altro. Il mio prossimo album, il terzo da solista, è nato dalle esperienze del tour 2015».
Presto Marco tornerà a suonare dal vivo, supportato dalla band che lo ha accompagnato finora, con Jonathan Gasparini alla chitarra e Diego Scaffidi al basso.
Non ci resta che augurargli un grosso in bocca al lupo, prima di lasciarlo tornare sul set del nuovo video, con l’invito a farsi vedere più spesso sotto i portici della nostra Correggio.
A LUCIANO LIGABUE IL PREMIO PAVAROTTI D’ORO 2016
Venerdì 7 ottobre Luciano Ligabue ha ricevuto il premio Pavarotti d’oro alla carriera.
Luciano, sul palco dell’Asioli, ha eseguito “Ho perso le parole” e “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo”, in una toccante versione acustica, chitarra-voce-pianoforte, che ha emozionato il pubblico presente in sala.
Luciano, tra un brano e l’altro, ha riportato alcuni aneddoti che lo hanno visto protagonista insieme all’altro Luciano. Come quella volta che fu svegliato di primo mattino dal fido Maioli perché Pavarotti lo voleva assolutamente al Pavarotti & Friends e, come si sa, “a Pavarotti non si può mai dir di no”. Oppure di quando il Liga lo andò a visitare, già gravemente malato, nella sua tenuta di campagna, a Modena, e lo trovò intento a impartire lezioni di canto ai suoi allievi, tra una partita di scopone e l’altra, sempre in compagnia dell’amico Panocia.
«Fra i più grandi insegnamenti di Pavarotti -ha ricordato Ligabue- c’è quello della chiarezza: forse è l’unico cantate di lirica che faccia capire bene le parole. E davanti a un pubblico si trasformava, metteva il turbo, dando sempre tutto se stesso».