Mi sono innamorato di Anna Frank

Le imprese di Ettore

Mentre per tanti bambini è suonata la campanella della scuola, per me è iniziata l’epoca delle letture.
La pediatra, la settimana scorsa, ha accennato al fatto che è ora di leggermi qualche storia. Il Grande Battito, entusiasta, ha pensato bene di inaugurare questa fase in allegria con il Diario di Anna Frank.
Dice che in fondo è la lettura più positiva che possiamo intraprendere, che non importa quale sia stato l’epilogo, perché non possiamo cambiare il passato ma che quello che è davvero interessante
è l’energia positiva e contagiosa dell’autrice.
Sarà, ma il passaggio dal libro di cartone con la mucca e la zebra che a spingergli la pancia fanno versi indecifrati, ad una bambina ebrea rinchiusa per anni in una soffitta, mi ha lasciato perplesso.

Non vi dico la mia faccia durante le prime sessioni di lettura. Assomigliava a quella di Piero Angela
di fronte ad un Cinepanettone.
Rimanevo immobile, con le sopracciglia un po’ sollevate e la bocca semi-aperta.
Credo che il Grande Battito abbia frainteso e, prendendo questo atteggiamento come manifestazione di vivo interesse, abbia proseguito senza sosta la lettura.

Fatto sta che mi sono appassionato ed ora è successo che mi sono innamorato di Anna Frank.
La mamma mi ha pure mostrato qualche sua foto che non ha fatto che alimentare il mio sentimento.
È ufficiale: sono innamorato.
Ho iniziato a pensare che non so se sono abbastanza forte per la lettura, che non invidio quei bambini
e ragazzi che hanno iniziato la scuola perché quando leggeranno entreranno in una realtà parallela così forte e potente da confondere, destabilizzare.
Qualcun’altro si innamorerà di Anna come me e io avrò numerosi avversari.

Mia mamma dice che non devo preoccuparmi perché i ragazzi di oggi non leggono più.
In realtà io ho letto un’intervista bellissima a Daniel Pennac, lo scrittore francese contemporaneo che già nel 1969, quando ha iniziato a fare il Professore universitario, era circondato da colleghi veterani che dicevano la stessa cosa che dice mia mamma: «I giovani di oggi non leggono più».

Pennac chiese ai colleghi che cosa leggessero loro. Venne fuori che in realtà le uniche letture che facevano erano i saggi per preparare le lezioni e che di romanzi, no, non ne erano per niente ghiotti.
Il problema dunque, 50 anni fa, era che i ragazzi non leggevano perché i loro professori non erano in grado di condividere con loro le proprie letture.

Pennac non è uno che giustifica i giovani; è uno che ci vive grazie alle letture dei giovani, quelli che
da 50 anni secondo mia mamma e i colleghi dello scrittore francese «non leggono più!».
Io forse, dopo la mia prima delusione d’amore con Anna Frank, non leggerò più.
Per ora mi consolo coi miei libri di cartone schiacciando la pancia alle zebre, in attesa di incontrare anche io il mio Pennac.

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