Mereghetti: Checco Zalone non basterà

Paolo Mereghetti è un critico cinematografico milanese. Laureatosi in filosofia all’Università degli Studi di Milano con una tesi su Orson Welles, collabora con il Corriere della Sera, Radio3 e Rai 3. Dopo aver scritto su “Ombre Rosse”, il francese “Positif”, “Reset”, “Linus”, “Lo straniero” e “Linea d’ombra”, diventa titolare della rubrica di critica cinematografica su “Io Donna” e di quella “L’opinione” su Ciak. È autore del più celebre e diffuso dizionario dei film realizzato in lingua italiana Il Mereghetti, che cura dal 1993. Nel 2001 ha vinto il Premio Flaiano per la critica cinematografica.

Ben ritrovato Paolo, abbiamo pensato di chiederti una riflessione sull’attuale momento del mondo del Cinema, inevitabilmente legato alla pandemia.
«Sicuramente la chiusura delle sale ha costretto produttori, distributori, esercenti e pubblico ad adeguarsi alla difficile situazione. Il pubblico si è riversato sulle offerte delle piattaforme in streaming. Alcuni esercenti si sono organizzati dando il via ad un progetto di visione in streaming, con la differenza fondamentale che una parte del ricavato andava direttamente alle sale; sostanzialmente erano due i circuiti, #Iorestoinsala e MioCinema, ai quali si è poi aggiunta la Cineteca di Bologna con la proposta di pacchetti di film che si potevano vedere, attraverso la piattaforma Mymovies, con un abbonamento mensile che ha raggiunto le mille sottoscrizioni. Di fondamentale c’è che questi circuiti hanno fatto circolare un certo tipo di prodotto, che non è soltanto quello standardizzato delle grandi piattaforme.

Tutti hanno detto che quest’anno e mezzo di pandemia avrebbe segnato la fine delle sale, a partire da Franco Maresco, intervenuto su Film Tv. Mi sembra che quello che sta succedendo adesso dimostri che non era vero. All’inizio c’è stato un incremento degli abbonamenti vertiginoso: era l’unica cosa che si poteva offrire. Però è anche vero che i primi dati disponibili del 2021 sembravano mostrare un calo rispetto al trend di crescita bestiale che c’era stato nel 2020, dimostrazione che, va bene, la gente vede il film in streaming, ma riavendo la possibilità di uscire non disdegnerebbe di tornare in sala (se ci fosse una buona proposta).

Per quanto riguarda lo streaming, mi sembra che nelle retrovie si stia tentando di verificare se si può migliorare l’offerta per renderla culturalmente più interessante. In Francia questa cosa Netflix l’ha fatta bene; in italia, Netflix e Amazone Prime, hanno inserito alcuni titoli preziosi quasi fortuitamente. Tutto questo però non ha ucciso il cinema, la gente ha voglia di tornarci: certo, se guardi i risultati in Francia del primo weekend, un milione e mezzo di persone… noi in Italia non ci siamo riusciti neanche in quindici giorni. La politica, ahimè, da questo punto di vista ha fatto poco: i gruppi di pressione che contano hanno fatto valere sul Ministero della Cultura certe loro logiche, che hanno di fatto favorito la distribuzione finendo per non aiutare gli esercizi. Non tutti i cinema sono aperti, in italia: lo dico io e mi lapideranno, anzi, l’hanno già fatto, ma tra cassa integrazione e ristori ai cinema piccoli conviene tener chiuso. Anche se ci sono tanti esercenti che hanno il coraggio di riaprire, una vera politica culturale avrebbe dovuto fare in modo che queste iniziative fossero supportate, perché altre sale non ce l’hanno fatta. Invece anche l’ultimissimo decreto ristori per le sale permette mille escamotage, per cui c’è gente che continua a pensare di essere più furba di tutti. L’ultimo episodio è quello del film di Verdone: De Laurentiis, il produttore, ha venduto il film ad Amazon Prime, ma per paura di perdere i ristori lo ha fatto uscire senza pubblicità per tre giorni in tre sale di Roma, incassando ventidue lire, ma tanto basta per poter avere le sovvenzioni.

Allora è chiaro che un ministro della cultura che si preoccupasse della situazione attuale dovrebbe fare in modo di cambiare le cose, invece non lo fa. Mi viene da dire che nel cinema italiano, al di là dei grandi discorsi che si fanno, si spera che tutto torni come prima, che come prima i distributori continuino a fare il bello e il cattivo tempo, avendo una produzione di fatto legata a filo doppio alla distribuzione. Attenti però: in questo modo il pubblico rimarrà sempre lo stesso, e pian piano andrà a scomparire. I miei figli, che pure vivono nella casa di un critico cinematografico, accettano pochissimi suggerimenti. Sì, il cinema gli piace, però se lo vedono sulle smart tv, sui tablet; e allora io dico, facciamo in modo, con nuove politiche, che questa persone, invece di rimanere chiuse in casa, ritrovino la passione collettiva per il cinema».

Quindi pensi che possa tornare l’entusiasmo di chi vuol vedere il cinema in sala e, finalmente, condividere di nuovo la visione?
«Credo che la gente, prima o poi, ritroverà la voglia di andare al cinema. Certo, devo dire che a volte mi cascano le braccia per la scarsa qualità dei racconti, quasi da avanzi di magazzino: gran parte dell’offerta è cinema straniero, film che si comprano a poco prezzo. Il cinema italiano, ancora una volta, sta inseguendo le fantasie dei vari autori: in Italia a sette anni e mezzo sei già un autore, quando hai fatto il film della comunione sei uguale a Coppola e Scorsese. Ciò che manca, da noi, è un progetto industriale serio. La Francia questo progetto ce l’ha: il fondatore di Capricci, una casa che produce e distribuisce libri e film di qualità, ha fondato una società per realizzare soltanto film di genere. In Italia qual è il produttore che pensa queste cose qua? Una volta era sembrato che potesse provarci De Laurentis con i cinepanettoni, ma presto si è visto che erano soltanto fotocopie. Non c’è più nessuno che pensi ad un altro cinema, alla fine sono sempre i soliti nomi, sempre un film del tale o del talaltro, ma alla gente non frega nulla. Il compito del cinema italiano dovrebbe essere quello di aumentare il proprio pubblico in tutti i modi possibili: se torniamo alle logiche del 2019 sarà sempre la stessa solfa. Certo, ci sarà l’anno che con Checcho Zalone avremo cinque milioni di spettatori in più, contenti? Ma siccome Checco Zalone non è scemo e di film ne fa uno ogni tre o quattro anni, torneremo al punto di prima.

C’è poi il problema di promuovere il Cinema in modo efficace. Esistono i film e la gente non lo sa: certo, chi frequenta le sale come noi lo sa, ma quelli che al cinema non ci vanno così spesso come fanno a sapere che stanno uscendo dei bei film? Al film di Woody Allen gli hanno fatto un po’ di pubblicità e così anche a “Nomadland“, però più che altro per dire che c’era anche in streaming.

Il mondo del Cinema dovrebbe cercare di lavorare sul suo modo di promuovere i film, senza aspettare una soluzione che venga giù dal cielo e senza temere le piattaforme. La cosa curiosa di Netflix, dove evidentemente qualcuno che pensa ci dev’essere, è che prima della pandemia diversi film da loro prodotti stavando uscendo al cinema, perché tanto il pubblico delle sale è diverso da quello dello streaming. Vi ricordate di quando cominciavano a uscire i libri nelle edicole ed il timore che danneggiassero le librerie…? Sono pubblici diversi, quello che compra il libro in edicola non va in libreria, e viceversa».

Infine, ti chiedo gli aspetti positivi e negativi del cinema di questo periodo pandemico.
«In negativo mi sembra manchi un po’ di voglia di reagire. I ristoranti hanno invaso i marciapiedi, ma almeno ci stanno provando. Ribadisco, a me sembra che l’industria del Cinema non stia pensando ad andare oltre alla vecchie logiche. Di positivo c’è che alcune sale, storiche e non, sono state salvate dalla chiusura e questo è sacrosanto: nel caso dell’Azzurro Scipioni è intervenuta una banca; qualche volta un po’ di sensi di colpa vengono anche alle banche, evidentemente devono far dimenticare qualcos’altro… Poi la scelta della Mostra del cinema di Venezia di confermare la rassegna in presenza nel 2020 mi è sembrata importante, anche dal punto di vista promozionale.

In chiusura vorrei rivolgermi a tutti i correggesi, visto che Cinepiù ha riaperto: non perdete l’occasione di tornare a godervi il cinema in sala. L’atmosfera che si respira nella sala resta un’emozione unica che una tv, un computer o uno smartphone non potranno mai sostituire; la sala, quando si fa buia e appare la luce sullo schermo – uno schermo, grazie a Dio, ancora “bigger than life”, cioè “più grande della vita” – vi regala un’esperienza unica!».

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