È sotto gli occhi di tutti l’immagine dei barconi affollati di migranti che da tempo occupa le prime notizie che popolano i telegiornali. Tra i tanti fatti di cronaca è emerso più volte anche il nome di Mediterranea, ma che cos’è Mediterranea? E cosa fa? È stato proprio questo il tema affrontato lo scorso lunedì 2 settembre, nell’incontro dal titolo “Sperare l’insperabile”, che ha visto partecipare tante persone, tra cui moltissimi giovani. Presenti a parlare della loro esperienza Francesco, un’attivista dei centri sociali di Reggio Emilia e don Mattia Ferrari, un giovane sacerdote originario di Nonantola che, su richiesta di alcuni amici, lo scorso anno è entrato a far parte di questo progetto in prima persona.
Mediterranea è un’operazione nata, nell’ottobre del 2018, dal desiderio di dare ascolto all’azione umana più viscerale: davanti ad una vita che rischia mettersi a disposizione per provare a salvarla. «La vera forza di Mediterranea – chiarisce Francesco – è la sua capacità di unire tante persone in una cosa apparentemente molto semplice e banale. E forse folle, se pensiamo che abbiamo acquistato una barca». Sì, perché Mediterranea si è posta l’obiettivo di provare a denunciare il deserto che è diventato, oggi, il Mar Mediterraneo, che non vede più nessuno a pattugliare il mare, e per farlo ha scelto di scendere in campo, di utilizzare una nave che battesse bandiera italiana, per documentare e per salvare.