Mais, fra Microtossine e OGM

Anche i coltivatori di mais correggesi sono fortemente preoccupati. Il problema delle micotossine, inquinanti naturali dei cereali pericolosi per la salute dell’uomo e degli animali, dovuti all’attività di funghi ai quali la pianta è soggetta, rende più difficoltosa la gestione della coltura. Questa potrebbe essere la causa della forte riduzione delle superfici coltivate nel nostro territorio assieme alla forte concorrenza dei paesi importatori che possono coltivare varietà geneticamente modificate da noi vietate. Eppure una recente ricerca condotta dall’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa, ha dimostrato che i mais Ogm non comportano rischi per la salute dell’uomo e dell’ambiente superiori a quelli del mais cosiddetto convenzionale. La granella del mais transgenico peraltro, dimostrano i dati  raccolti a livello mondiale per 21 anni, contiene meno micotossine rispetto al mais coltivabile in Italia in termini variabili fra il 5 ed il 25%. Da questo punto di vista quindi sono addirittura meno pericolosi.
Una ricerca che se da un lato spezza una lancia a favore degli Ogm dall’altro chiarisce che rispetto alle micotossine i prodotti transgenici non sono completamente esenti. Da questo punto di vista quindi continua ad aver senso la riscoperta delle buone pratiche agronomiche volte al contenimento di questo fenomeno che è stato riscontrato per la prima volta in Italia nel 2003 a seguito di un andamento stagionale particolarmente caldo e siccitoso. Da allora i maiscoltori del nostro territorio hanno dovuto ininterrottamente confrontarsi con il problema dei limiti massimi di ammissibilità di micotossine nel mais. Rispetto a quell’anno in provincia di Reggio le superfici coltivate a mais sono diminuite del 45% quando invece fra il 1996 ed il 2004 erano incrementate del 73%. L’aumento delle temperature, la riduzione della piovosità, sempre più anomala nella distribuzione mensile fra un anno e quello successivo, sono i fattori che più di altri stanno mettendo a dura prova i coltivatori locali che come strumenti a loro disposizione hanno innanzitutto la rivalutazione delle buone pratiche agronomiche. Avvicendamenti colturali, non più mais su mais, anticipo delle semine ma non troppo, oculata gestione della pratica irrigua ed individuazione del momento di raccolta ideale anche a scapito di una umidità della granella elevata. Al momento, stando alle recenti affermazioni del servizio veterinario dell’Ausl della nostra provincia, la situazione nel reggiano non è preoccupante. Per il futuro addirittura i nostri coltivatori potranno contare su ibridi di mais, selezioni che non sono Ogm ma ottenute con le metodologie convenzionali, con caratteristiche di minore suscettibilità al fenomeno che ovviamente andranno valorizzate con le corrette pratiche agronomiche in campo e di stoccaggio in magazzino.

Il crollo della coltivazione del mais a Correggio ricalca l’andamento generale di tutti i cereali. Sarà anche colpa delle micotossine e del mais transgenico, che essendo resistente a determinate malattie richiede meno trattamenti chimici e minori costi colturali, ma a Correggio già dal 2000 era avviata una inversione di tendenza.
Secondo una ricerca dell’allora Club 3P nel 1958 a Correggio erano solo 45 gli ettari coltivati a mais rispetto agli attuali 500 che però, secondo l’Istat, nel 2000 sono stati anche 675. A farne le spese, in parte è stata la coltivazione di grano che negli ultimi 60 anni è passata da 1.770 ettari ai 620 attuali.
Quello che è però interessante rilevare è che se a livello provinciale la coltivazione del mai fra il 2000 ed il 2010 continuava ad incrementare del 6% a Correggio già era in diminuzione del 2%. Oggi il mais Correggese rappresenta il 6% di quello di tutta la provincia ed il 42% della superficie complessivamente coltivata a cereali nel nostro comune.

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