L’ora di ricevimento

Un detto dice che ogni promessa è debito; dato che io voglio essere libera da pendenze di ogni tipo, eccomi qui, pronta a parlarvi, come in precedenza promesso, dello spettacolo andato in scena all’Asioli nelle giornate di venerdì 17 e sabato 18 novembre: L’ora di ricevimento, di Stefano Massini e con Fabrizio Bentivoglio.
Innanzitutto, voglio dirvi che le mie alte aspettative non sono state deluse. Infatti, ho trovato Fabrizio Bentivoglio assolutamente credibile e coinvolgente nei panni di Ardeche, professore convinto che l’umanità che entra nella sua classe sia talmente stereotipata da non presentare più alcun margine di imprevedibilità. Così, il protagonista è certo di essere in grado di trovare un soprannome coerente con le caratteristiche dei suoi alunni ancora prima che questi varchino la soglia dell’aula ed è più che sicuro che davanti ai suoi occhi sfili, anno dopo anno, un’umanità da lui già precedentemente studiata. Ed etichettata.
Ma davvero ai neo arrivati calzano sempre a pennello le descrizione già usate e riusate per i predecessori? Gli occhi del professore sono davvero capaci di insinuarsi fin dentro gli animi dei ragazzi per scovare peculiarità caratteriali allo stesso tempo singolari ed universali, o invece quegli occhi, ormai, scovano semplicemente ciò che vogliono e che sono abituati a vedere?
Ardeche, in quanto insegnante, è prima di tutto un educatore ed un educatore deve educare. Educare… Questa parola deriva dal latino ex ducere, trarre fuori, e con la sua etimologia ci vuole dire che chi educa deve aiutare a fare uscire il meglio di coloro che si trova davanti, andando alla ricerca delle potenzialità insite in ognuno. Per essere buoni educatori occorre quindi essere tanto bravi da riconoscere e rispettare l’originalità degli individui e trasformare questa originalità in potenzialità, senza ingabbiare le persone in un modello già preconfezionato che potrebbe andare loro stretto. Occorre, in sostanza, saper guardare lontano, ma senza farsi condizionare da preconcetti.
Il professore di L’ora di ricevimento, purtroppo, scoprirà di non essere riuscito a portare a termine il suo lavoro almeno con uno dei suoi ex allievi, il quale si è invece sentito costretto nello spazio assegnatogli dal suo insegnante, oltretutto con appiccicata addosso un’etichetta che Ardeche aveva stampato per lui ancor prima di conoscerlo. Il protagonista vivrà questo smacco come un fallimento personale.
A tutti tocca, in un modo o nell’altro e almeno una volta nella vita, di essere educatori; anche se non tra i banchi di scuola, tra quelli della vita arriverà per ciascuno l’occasione di saper o dover trarre il meglio dalle persone. Ma quel meglio occorre saperlo prima trovare. Dopo avere assistito a questo spettacolo, voglio promettere a me stessa di trarre insegnamento dal testo di Massini e di impegnarmi al massimo per approcciarmi alle persone senza farmi influenzare da pregiudizi e per ricordare che, con gli esseri umani, non esistono ricette universali perché, ognuno di noi, in fondo, è uguale solo a sé stesso.
E se, come ho detto all’inizio, ogni promessa è debito, spero di riuscire a non accumularne di schiaccianti nei confronti dell’umanità!

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