Lo stadio, tra passaggi e paesaggi

Per chi, come me, è anagraficamente datato, la memoria di questa vasta area attorniata da una muraglia simil cinquecentesca è ancora presente. E da dentro ancora sente levarsi al cielo urla, strepiti e ovazioni di giocatori, allenatori e tifosi, seduti nella tribuna in legno coperta (a sinistra) per assistere agli spettacoli delle partite di calcio. Si tratta dello stadio Borelli, che avrebbe degnamente assolto al suo compito di campo da football (inglesismo attecchito anche in Italia), fino al suo abbattimento avvenuto nei primi anni Duemila. Questa foto ci restituisce un’interessante panoramica degli anni Quaranta del Novecento: intorno allo stadio dominava ancora una campagna quasi incontaminata, fatta eccezione per la “Ca’ dal silèinsi” e l’Oratorio di San Rocco, che s’innalzano sul retro; più in là, l’ospedale san Sebastiano. Davanti al cancello d’entrata, la via Vittorio Veneto è ancora strada bianca, cioè non asfaltata.

Un po’ di storia

Interessante è sapere che il gioco del calcio risale all’incirca all’XI secolo avanti Cristo, quando i cinesi infilavano in porte di bambù un pallone ripieno di piume o capelli femminili, usando solo i piedi. Avvicinandoci ai giorni nostri, troviamo che le quattordici regole del calcio internazionale furono stilate a Londra nel 1863; la prima squadra italiana nacque nel 1887 col nome di International Football Club. A Correggio le prime notizie di una formazione calcistica risalgono al 1927, anno in cui risulta iscritta alla Quarta Divisione emiliana la formazione Dopolavoro Pro Italia. Ma già nel 1912 è presente l’Unione sportiva correggese, che annoverava anche appassionati di pallone.

Risale al 1913 la foto del Correggio Fbc con i giocatori e la loro divisa: casacca nera con colletto bianco e laccetti per regolare la scollatura, pantaloncini bianchi e una stella bianca cucita sulla sinistra della giacca. Tre autorevoli personaggi in cravatta e papillon contornano la squadra; un bambino, accucciato fra le gambe del probabile padre, trattiene con lui il pallone. Alcuni giocatori presenti sono: Bertani, Codeluppi, Dodi, Lasagni, Recordati, Rio, Scaltriti. Nomi importanti che richiamano la cerchia del patriziato correggese e suggeriscono l’idea che il gioco del pallone fosse un prestigioso passatempo per benestanti, comunque già praticato a livello professionistico: la forma di contesa più comune veniva ingaggiata fra i cittadini stessi, che investivano somme considerevoli di danaro per procurarsi i più valenti campioni.


Che fosse un divertimento aristocratico è vero, perché nel Medioevo il gioco veniva praticato all’interno dei palazzi e riservato alle classi nobiliari: solo alla fine del Seicento si trasferì nelle piazze dei centri cittadini.
Il cambiamento fisico del luogo di svolgimento del gioco procede di pari passo alla sua metamorfosi sociale: da svago riservato ai giovani di nobili natali, si trasforma in passatempo borghese e popolare. E fu così anche a Correggio.

 

Dall’archivio della nostra biblioteca spunta una mappa esplicativa: il campo da calcio (cosiddetto giuoco del pallone) era collocato, già nel Settecento, lungo la “Strada della montagna”, oggi Corso Cavour, ed esattamente nello spazio antistante il Teatro Asioli. Confinando con la Piazza del mercato, ubicata a ridosso della Rocchetta, il campo correva spesso il rischio di essere invaso, nei giorni di fiere e mercati, da animali e commercianti.
La squadra si cambiava in un magazzino del teatro e non c’erano servizi igienici: si dice che per lavarsi, alla fine della partita, venissero approntate nel campo tinozze colme d’acqua. Si legge che nel 1913 si svolse un torneo con Pro Carpi, Pro Iuventute, Internazionale Fc. Reggio e Correggio Fc. Gli organizzatori ottennero dai Savoia una medaglia a pro del vincitore. Nel 1915 scoppiava il conflitto mondiale e le pedate diventarono benefiche: le manifestazioni calcistiche servirono per raccogliere fondi per le cure dei soldati feriti, che avevano trovato ospitalità nel nuovo Ospedale di San Sebastiano (appositamente inaugurato il 14 novembre 1915).
Nel 1925 s’invoca l’allestimento di un nuovo spazio per il calcio, favorevolmente promosso dal fascismo: il regime si avvaleva dello sport in genere, sia per la preparazione fisica e morale dei giovani italiani, sia per la ginnastica delle giovani donne (da rendere più sane e resistenti a beneficio della fecondità), sia come strumento di propaganda. Così quell’ampio spazio verso nord, compreso fra le mura cittadine e il cinquecentesco Oratorio di san Rocco (zona acquitrinosa trovandosi in parte sull’antico fossato che le attorniava), si prestò perfettamente allo scopo. Lo stadio, inaugurato nel 1927 in un clima di esultanza, fu intitolato ad Italo Balbo, il gerarca aviatore.
Nel dopoguerra lo stadio cambiò il titolo in Stadio Walter Borelli, partigiano giustiziato nel 1944 dai nazifascisti. Con l’andare del tempo e l’avvento dei nuovi dettami pratici e legali, l’antico stadio traslocò in via Fazzano per assolvere alle richieste della modernità.

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