Harpal, 32 anni, è di origine indiana. Ha iniziato a lavorare in una piccola azienda della bassa reggiana come operaio, subito dopo aver finito le superiori. Da lì ha iniziato la sua scalata, anche grazie a datori di lavoro che hanno creduto in lui e gli hanno permesso di intraprendere la carriera universitaria mentre lavorava. Grazie, forse, anche al suo essere a cavallo fra due mondi, due lingue, due paesi. Oggi lavora per una multinazionale biomedicale, abita a Dubai e con orgoglio racconta di aver potuto comprare una casa ai suoi genitori; l’unico inno che conosce è quello di Mameli.
Shaheen, 30 anni, è di origine pakistana e ha studiato in Italia. Quando aveva solo 18 anni la sua famiglia l’ha costretta ad un matrimonio forzato con un parente, mandandola nel paese d’origine. Lei ha avuto la forza di ribellarsi, si è rivolta alle autorità italiane, è tornata a casa con la figlia avuta dal marito. Oggi abita in una casa protetta, lontana dalla famiglia, e cerca faticosamente di costruirsi un futuro. Lo deve alla sua bambina, perché lei non debba mai passare quello che è successo a lei.
Adila, 28 anni, è di origine pakistana. Ha studiato coltivando il sogno di diventare una dottoressa. Oggi è medico. Durante gli studi ha incontrato quello che sarebbe diventato suo marito. Ora sono sposati, hanno una bambina. Sono felici.
Gokce, 31 anni, è di origine turca. È cresciuta e ha studiato in Italia. Passaporto turco cancellato, documenti ritirati: è successo a tanti giovani che, come lei, fanno parte del movimento che fa capo a Fethullah Gülen, contrario al regime turco. Da anni è senza documenti ed ora è in attesa della cittadinanza italiana, del Paese, cioè, che l’ha accolta e dove si è sentita ben voluta.
Queste storie sono molto diverse da loro, come lo sono le vite di ciascuno di noi. Tutte però gravitano attorno allo stesso centro: Novellara, con la sua piazza, i suoi portici, i suoi templi.
La stessa Novellara che, nei mesi scorsi, si è trovata nell’occhio del ciclone, a dover fare i conti con i facili populismi e con il dramma di una ragazza, Saman, che a tutt’oggi risulta scomparsa.
In questi mesi di esposizione mediatica si è però rischiato di dimenticare tutto quello che è stato fatto sino ad oggi dalle Amministrazioni che si sono susseguite. Questo senza voler nascondere, come dimostrano le brevi storie che abbiamo raccontato in apertura, tutto quello che ancora c’è da fare.
Facciamo un passo indietro. Novellara ha fatto da sempre dell’interculturale la sua bandiera. Il 14% della sua popolazione è di origine migrante ma, prima della crisi economica, la percentuale ha superato il 18%. Basti pensare che qui, in un paese di tredicimila persone, sorgono il Tempio sikh (tra i più grandi d’Europa), il Tempio indu, una moschea, una chiesa ortodossa ed una Sala del Regno.
Le comunità prevalenti sono indiana, pakistana e cinese. Per questa sua specificità Novellara è stata oggetto di studio del Consiglio d’Europa ed è inserita all’interno del Network delle città interculturali, di cui fanno parte città di tutto il mondo.
Storie come quella di Saman o di Shaheen, di Harpal o di Gokce impongono una riflessione seria sulle seconde (ed ormai terze) generazioni di giovani migranti che vivono sui nostri territori, con un’attenzione ancora maggiore nei confronti dei diritti e delle pari opportunità.
Per quanto riguarda la tutela della donna, da alcuni anni l’Amministrazione si interroga insieme ad altre istituzioni e ad associazioni operanti in questo campo, sul tema della violenza nei confronti delle donne e della sua correlazione con le culture “altre”. I casi più difficili sono stati quelli relativi ai matrimoni forzati che la nostra scuola aveva segnalato. Un fenomeno che sconvolgeva la vita di alcune ragazze adolescenti nate e cresciute in Italia, sino alla violenza psicologica se non addirittura fisica. Di qui la necessità di proteggere e sostenere un percorso di vita autonomo a chi lo avesse richiesto. Il Comune ha così nel tempo garantito protezione ad alcune ragazze e tuttora sostiene giovani donne straniere che hanno chiesto aiuto. Per prevenire e contrastare la violenza maschile sulle donne ed offrire un aiuto concreto alle vittime, in particolare quando sono straniere, è fondamentale imparare ad assumere uno sguardo interculturale, che sappia porsi in maniera consapevole di fronte alle “diversità culturali” e garantisca l’autodeterminazione della donna.
Proprio per questa ragione, nel 2018, è nato il Centro culturale “La Rosa dei Venti”, creato grazie ad un finanziamento regionale che ha reso possibile la ristrutturazione di alcuni locali di proprietà del Comune. Inaugurato il 2 dicembre 2018, già nel primo anno di attività (prima della chiusura a causa della pandemia) ha registrato ben 1.200 accessi. Questo centro culturale “al femminile” è nato per offrire uno spazio adeguato per i corsi di italiano alle donne migranti e promuovere una serie di attività culturali e interculturali, di dialogo e conoscenza tra donne di origine migrante e non. Questo grazie ad un’offerta diversificata che va dal cineforum al corso di cucito, dai seminari di cucina agli atelier creativi, dalla condivisione dei vari momenti di festa religiosa, al racconto dei propri paesi di origine e delle proprie tradizioni, dagli incontri con la pediatra a quelli con la pedagogista, dai corsi di informatica a quelli per la patente. Coinvolgere donne sia italiane che straniere all’interno di tutte queste attività ritengo sia strategico per mantenere socializzazione, possibilità di scambio, di confronto e creare fiducia. Solo così si può evitare il ripetersi di vicende angoscianti come quella di Saman.
Erica Tacchini
Così il Sindaco di Novellara, Elena Carletti, in carica dal 2014
Nel prossimo autunno puntiamo alla ripartenza delle attività di conoscenza, coinvolgimento, di autonomia economica e professionale alla Rosa dei Venti. Ma, soprattutto, intendiamo promuovere un’attività di formazione e sensibilizzazione dedicata alla prevenzione ed al contrasto della violenza alle donne, rivolta a “sensori di territorio”: insegnanti, commercianti, figure del volontariato, amministratori condominiali, imprenditori agricoli, rappresentanti della società civile e operatori comunali. L’intento è di creare una rete informale capace di cogliere i primi segnali di violenza e di accompagnare il percorso presso le Istituzioni competenti in un sistema di “relazioni responsabili”. Crediamo che questa sia la vera sfida: un percorso di conoscenza, con la presenza di luoghi di fiducia, e di costruzione di relazioni di prossimità, per poterci avvicinare alle storie di questi giovani e di queste donne con competenza e sensibilità, senza generalizzazioni, senza giudizi e pregiudizi.
Del resto, anche le Olimpiadi appena concluse ci parlano di un’Italia nuova, fatta di diversità che ci rendono più forti, più preparati e più uniti rispetto alle sfide globali. In un tempo così difficile, in cui nazionalismi e xenofobia soffiano come un vento rabbioso nel nostro Paese come in tutta Europa, ci sono tante piccole comunità, come Novellara, che credono sia fondamentale continuare a lavorare incessantemente per tessere relazioni e costruire opportunità. Solo così diamo gambe e fiato al futuro di tanti giovani e di tante donne. Ed il loro futuro è anche il nostro futuro.