Lo scatto rubato è il migliore

Cristiano Bartoli e il mondo della street photography

É stato iscritto al circuito off dell’ultima edizione di Fotografia Europea a sua insaputa, perché se lo avessero avvisato non avrebbe accettato. Sono sicuramente la modestia e la dedizione le caratteristiche che balzano all’occhio di chi conosce o incontra Cristiano Bartoli, capace imprenditore di professione e altrettanto talentuoso fotografo per passione. Bartoli, classe 1970, scatta fotografie dall’età di quattordici anni, ma non le aveva mai condivise pubblicamente fino all’avvento dei social media, Instagram in primis. É proprio esplorando Instagram che scopre lo stile della Street Photograpy – la fotografia di strada – e così decide di dedicarsi a questo genere. Nel 2013 la pubblicazione della sua prima foto, seguita da un crescendo di esperienze e di scatti che lo porteranno a essere presente nella galleria di siti prestigiosi quali @35mmstreetphotography, @life_is_street, @hardcore_street_collective e @mydaidia. Primo Piano ha incontrato Cristiano Bartoli e ha chiacchierato con lui di questo hobby, ormai quotidianamente presente nella sua vita.

 

Chi ti ha iscritto al circuito off di Fotografia Europea?
«É stata un’idea di mia moglie Raina e di due sue amiche, Rita Lasagni e Sara Fattori del gruppo fotografico Grandangolo di Carpi. Era tempo che mi spronavano a fare una mostra ma l’idea non mi entusiasmava: ho sempre pensato che la mia fotografia non fosse adatta a una mostra, in quanto mi piace fotografare il quotidiano. Loro invece hanno perseverato e a Natale mi hanno fatto questo regalo a sorpresa. Oggi le ringrazio, come ringrazio anche Maurizio Ligabue, perché l’esperienza fatta è stata molto interessante e piacevole».

 

In occasione di fotografia europea hai esposto alla Libreria Ligabue alcuni scatti realizzati a Medjugorie nel novembre scorso. Qual è il messaggio di fondo?
«Quest’anno i temi di Fotografia Europea erano i legami. Io ho visto nella preghiera uno strumento di relazione e legame intimo con Dio. La fotografia principale della mostra è il selfie di una coreana con il Rosario in mano davanti alla statua della Madonna. Un selfie, un rosario, una supplica o una penitenza rappresentano una relazione. Ognuno ha un rapporto personale con il sacro, ognuno fa come può e come riesce».

 

Lo stile che hai scelto per le tue foto è la street photography. Quali sono le caratteristiche di questo genere?
«La street photography è la foto rubata, la foto che cerca il particolare nella quotidianità. É la fotografia in cui il soggetto dell’immagine non sa di essere presente nello scatto».

 

Come hai perfezionato questo stile?
«Dopo avere visto molte immagini di street photography, ho iniziato a leggere libri in proposito e ancora una volta mia moglie, che mi supporta/sopporta (e per questo la ringrazio), mi ha regalato un coach con una fotografa esperta di Milano, Sara Munari. Lei ci ha spiegato le tecniche ma anche le leggi sulla privacy che regolamentano questo genere di fotografia e ci ha mandato in giro per il capoluogo lombardo a scattare foto su temi assegnati. Devo dire che questa opportunità mi è stata utilissima».

 

Quali sono le tecniche per scattare una buona foto di strada?
«É importante cercare l’illuminazione adatta, quella che ti fa attendere l’immagine giusta. Spesso non capita al primo tentativo. Poi è essenziale il tempismo, quindi occorre avere una macchina fotografica da scatto veloce o un cellulare, per non imbarazzare le persone sulla strada a cui si fa la fotografia».

 

Quali sono le fotografie a cui sei più affezionato e che obiettivi ti poni per il futuro?
«Le foto che prediligo sono quelle che hanno come soggetto i miei famigliari e gli amici. In futuro vorrei collaborare coi siti che raccolgono i migliori street photographers, come lensculture, myspc, zonestreet e globalfotografia_streets».

 

Infine, che sensazioni provi quando fotografi?
«Cerco di trovare lo straordinario nell’ordinario. Finora non l’ho mai trovato ma mi sono sempre emozionato anche solo nella ricerca e questo per me è fondamentale».

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