L’incontro

Invenzioni Barbariche

Nel 1509 Veronica Gambara sposò Giberto X, signore di Correggio.
Il suo fu ovviamente un matrimonio combinato, come usava allora.
La donna, che aveva trascorso la sua giovinezza tra Pratalboino e Brescia, al tempo una ricca città e centro culturale fervido e attivo, dopo le nozze si trasferì nel piccolo feudo di Correggio, che arrivò ad amare tanto da decantarlo nei versi delle sue poesie.
Nel marzo 1508 i due futuri sposi si incontrarono e videro per la prima volta.
Questo racconto trae liberamente ispirazione dalla sua vicenda.

 

Veronica si sentiva tesa come mai lo era stata in vita sua.
Eppure non era una sprovveduta e nemmeno si sentiva tale, ma forse era proprio questo il centro del problema: non essendo un’ingenua era certa di conoscere il destino al quale stava andando incontro e, una parte del suo cuore, non voleva arrendersi al futuro che l’aspettava.

La ragazza di Pratalboino aveva raggiunto l’età da marito ed era logico che sposasse un uomo all’altezza del cognome che lei portava.

Da tempo si era rassegnata a questo ineluttabile stato delle cose, ma ciò che non le andava giù era finire in un piccolo feudo sperduto nella campagna, dove avrebbe dovuto rinunciare a tutte le sue abitudini.

Una volta sposata e trasferitasi qui, a Correggio, che ne sarebbe stato dei suoi soggiorni a Brescia, dei suoi studi umanistici, della possibilità di dialogare con Pietro Bembo e altri letterati che spesso erano ospiti della sua famiglia in città?
Dove avrebbe trovato la possibilità di alimentare i suoi interessi?
La ragazza era sicura che avrebbe dovuto rinunciare a tutto.

In quel momento Veronica desiderava fortemente buttare per aria i cosmetici che aveva davanti.
Lo speziale li aveva preparati appositamente per lei; le sarebbero serviti per rendere il suo aspetto ancora più gradevole, simile a quello delle giovani donne che risplendevano nelle tele dei quadri.

Lei, però, non si sentiva semplicemente un corpo che doveva fare bella mostra di sé.
Lei amava conversare di libri, di poesia e le piaceva comporre versi.
Non le importava esibire lineamenti del viso proporzionati, ciglia lunghe e nere, labbra rosse, capelli folti e luminosi, pelle delle mani, del volto e del décolleté bianca; non le importava apparire bella e, forse, nemmeno diventare moglie.

Ciò che voleva era poter continuare la sua vita di sempre ed essere Veronica, semplicemente.

Invece, in quel momento, le pareva che essere bella fosse tutto quello che le veniva richiesto.
Per un attimo pensò di usare i trucchi per fare apparire il suo volto brutto e sgraziato, di masticare aromi per rendere il suo alito fetido, di cospargersi di olio per avere un odore nauseabondo, in modo da far scappare il suo promesso sposo, ma fu soltanto per un brevissimo istante.

In realtà, la giovane fece quanto andava fatto: curò il suo aspetto; si impose di ignorare il cuore che pareva salirle in gola impedendole a tratti di respirare; azzittì quella vocina malvagia che, insistentemente, le sussurrava di fuggire lontano, fintanto che era in tempo.

Poi uscì dalla stanza e andò ad incontrare Giberto.

Entrò nell’ampio salone in cerca di qualche particolare che la facesse sentire a casa.

Sapeva che alla cena avrebbe partecipato anche un giovane promettente pittore di nome Antonio e d’istinto cercò il suo volto tra quello dei commensali.
Lo individuò per via del suo atteggiamento dignitoso, ma meno sprezzante di quello degli altri invitati e provò d’istinto simpatia per lui.
Quanto avrebbe voluto sedersi al suo fianco per domandargli sé stesse lavorando ad un dipinto o un affresco e in quale corte, ma il padre, infastidito dal suo indugiare la spinse oltre, verso il suo destino.

La giovane affrontò gli ultimi passi che la separavano da Giberto con una morsa stretta attorno al cuore e stringendo forte i pugni per sopravvivere al dolore.

E se l’uomo le fosse parso orribile, come avrebbe fatto ad uscire da quella terribile situazione?
Veronica sentiva crescere dentro di sé il desiderio di urlare tanto forte da infrangere tutti i cristalli.

Invece, alzò lo sguardo e sorrise.

Rimase incantata da ciò che vide.

Il volto dell’uomo che le stava davanti era splendido, profondo il suo sguardo, gentile il suo sorriso e forti le mani che sfiorarono le sue nel darle il benvenuto.
Veronica sentì le guance arrossire e il suo sorriso sforzato sciogliersi.

D’un tratto non aveva più nessuna paura.
Quella notte, rientrata nella sua stanza, la ragazza di Pratalboino si prese il tempo per comporre qualche verso.
Mentre scriveva pensava agli occhi del suo futuro sposo.

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