L’importanza del benessere psicologico

Apre a Novellara un Centro a sostegno di giovani e adulti

Sono tre giovani gli ideatori del “Centro Labirinto” di Novellara, un progetto ambizioso, nato durante l’emergenza pandemica.
Offrono un servizio dedicato al benessere psicologico della persona, partendo dalle difficoltà emotive e comportamentali fino ad arrivare a quelle negli apprendimenti.
E non finisce qui: al Centro si fanno anche valutazioni sulle funzioni cognitive e di personalità.
Una realtà coraggiosa per un paese di provincia, ma in continuo fermento, come Novellara.

Salgo le scale di un palazzo storico in pieno centro, al numero 9 di Via Veneto, e mi guardo attorno.
Lo spazio è piccolo, ma ben curato: ci sono cartelloni per bambini appesi qua e là, dipinti dai colori vivaci ed un grande tavolo attorno al quale ci sediamo per l’intervista.
«Qui svolgiamo attività di gruppo con i ragazzi in età scolare – mi dice Monica per rompere il ghiaccio.
Organizziamo momenti di collaborazione tra giovani per favorire la relazione tra pari, definita dagli addetti ai lavori peer to peer. Se ben guidati da un esperto, si è in grado di stimolare l’autostima e le capacità di ciascuno.
Quelli che comunemente chiamiamo DSA (disturbi specifici dell’apprendimento quali dislessia, disortografia e così via) non costituiscono soltanto una difficoltà nello studio, ma influiscono poi sulla percezione che il ragazzo ha di sé.
Nonostante la scuola, con il corpo docente, tenti in ogni modo di non apporre etichette ai propri studenti, è inevitabile che, alle volte, qualcuno si senta da meno.
Qui cerchiamo di far prendere coscienza ad ognuno dei propri limiti, ma di imparare a “conoscere e quindi valorizzare” i propri punti di forza, ponendo l’accento su di essi.
É un lavoro complesso che riguarda anche noi specialisti».

Comprendo che gli argomenti sono tanti e che vorrei saperne di più, quindi entro nel vivo della conversazione perché sono curiosa di sapere come sia nata l’idea. Damiano Testa, Maria Eleonora Toaldo e Monica Bartoli sono psicologi e psicoterapeuti. Si sono uniti per collaborare assieme già due anni fa, ma la settimana scorsa hanno firmato le carte per creare la loro società. Un bel traguardo, penso io… «Ciascuno di noi» dice Damiano «ha una specializzazione e una storia differente.
L’idea che condividiamo è quella di guardare la persona da punti di vista differenti per tentare di non essere miopi, confrontandoci tra di noi e con figure di riferimento dalle quali, a nostra volta, siamo seguiti.
Trattiamo bambini e ragazzi in età pre-scolare ed evolutiva (6-19 anni), collaborando con i docenti e con le loro famiglie.
Ci piacerebbe essere una sorta di ponte tra il bambino/ragazzo, la scuola e la famiglia. Veniamo chiamati in causa solitamente su consiglio di alcuni insegnanti o attraverso il passaparola che, ci siamo accorti, è ancora un ottimo mezzo per farci conoscere.
Lavoriamo, infine, con l’adulto, svolgendo colloqui specifici ed intraprendendo un vero e proprio percorso di psicoterapia».

Maria Eleonora, specializzanda in terapia cognitivo comportamentale, precisa: «Il nostro bacino di utenza è tanto ampio quanto sfaccettato. Di recente collabora con noi anche Irene Catellani, logopedista correggese che apporta un contributo non indifferente ai pazienti ed al Centro.
Quando un paziente arriva, osserviamo il sintomo o il problema che ci riporta e lavoriamo per porvi rimedio attraverso strategie basate su evidenze scientifiche, che tuttora studiamo, volendo sfatare il mito dello psicologo/stregone.
Ma soprattutto – e qui lo rimarca con forza – comprendere in che modo un vissuto problematico è interrelato con gli altri aspetti della vita del soggetto, offrendo una visione di sé stesso più verosimile dalla quale partire per lavorare assieme.
Assieme e non da soli, anche questo è un tema centrale.
Con l’ascolto attivo di sé, unito all’apporto del terapista, il paziente può prendere consapevolezza e agire sul proprio vissuto. Una dimensione di ascolto che rassicura gli utenti e li porta a pensare che esista una dimensione spazio-temporale dedicata solo a loro.
Sai, è importante ai giorni nostri: il tempo ci sembra sempre troppo poco».
Damiano aggiunge: «La dimensione dell’ascolto è un bisogno dell’essere umano pari a quelli primari.
La costruzione funzionale – intendendo funzionalità come senso di benessere per il singolo – della personalità è infatti imprescindibile dall’aspetto relazionale».

Soffermiamoci, dunque, sull’aspetto sociale della figura dello psicologo.
Fino a pochi anni fa andare dallo psicoterapeuta equivaleva all’avere dei problemi, ad avere uno stigma addosso.
Oggi non è più così, o quasi.

Che tipo di relazione c’è, secondo voi, tra le crisi economiche e sanitarie degli ultimi tempi e la destigmatizzazione dell’attività dello psicologo?
Prende la parola Monica: «Con il Covid abbiamo avuto tempo per fermarci a riflettere, per comprendere l’importanza degli spazi all’aperto.
Dovremmo aver capito l’importanza di rallentare, ma non sempre dipende da noi.
Faccio un esempio banale: i messaggi sulle chat di messaggistica istantanea vanno, se lo vogliamo, a velocità doppia.
Ci sembra normale? Perché non ci concediamo il lusso di ascoltare meno, ma di farlo meglio?
Questo scontro tra le nostre esigenze e ciò che ci richiede il mondo esterno – dagli impegni presi coi nostri amici passando per il lavoro – può creare non poche difficoltà al singolo.
Dare dignità a queste situazioni-problema è uno dei nostri compiti, recuperare il tempo per il benessere un nostro obiettivo.
Dopo aver sconfitto la fame e la sete (almeno nel mondo occidentale), ci dobbiamo occupare di altri aspetti della persona.
Il mondo evolve e noi con esso. Stiamo cercando di comprendere di che problemi soffra la società odierna e studiando strategie per risolverli.
Spesso il malessere individuale è frutto di uno scontro con l’esterno.
L’individuo, in quanto animale-sociale, deve fare i conti, volente o nolente, con la dimensione storico-relazionale nella quale è immerso».
«Inoltre – continua Damiano – parallelamente a questo aspetto di “normalizzazione” della presenza di uno psicoterapeuta nelle nostre vite, scopriamo che è difficile ottenere un permesso di lavoro per recarsi da noi, mentre lo è molto meno se si tratta di una visita dall’osteopata.
Siamo ancora agli inizi, ma negli ultimi anni si sono fatti passi da gigante.
Lo stesso bonus psicologo, per quanto esiguo, è stato un grande catalizzatore di un processo di avvicinamento a figure come la nostra».
Maria Eleonora precisa: «col Covid sono emerse in un solo colpo la preoccupazione per la salute, la distanza fisica ed emotiva dai nostri cari, la transizione dal lavoro “in presenza” allo smart working, la complessa gestione di figli fragili, la costante paura del contagio.
Scenari, questi ultimi, che non ci saremmo mai aspettati, ma che ci costringono ad una riflessione sui diversi aspetti della nostra vita».

In queste tre ore insieme abbiamo imparato l’uno dall’altro, ci siamo dedicati il tempo per conoscerci meglio, ma è giunto il momento di tornare ognuno al proprio lavoro.
Ricordandoci di fare una piccola pausa per dare valore al nostro benessere.

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