Le fantastiche creature sono tra noi

Bel libro, bel pomeriggio, con Luciano Pantaleoni e Teddy

“Nella Bassa vive una stirpe di uomini che sa tenere i piedi ben dentro la propria terra e la testa tra le nuvole, magari fino a sfiorare la luna” ha scritto Giuseppe Pederiali nella “Osteria della fola”.
La frase è ripresa da Luciano Pantaleoni, a mo’ di genesi della sua creazione, alla sala Conferenze del Palazzo dei Principi, il pomeriggio di sabato 15 ottobre, nel bel mezzo della Fiera di San Luca.
Il nostro Luciano, pezzo da novanta della nota tribù di Primo Piano, architetto creativo, disvela una volta di più la sua passione per le fole, le storie popolari che si tramandano oralmente e che lo hanno nutrito fin dall’infanzia.
La sala è piena di gente. Con Luciano ci sono il Sindaco, Ilenia Malavasi, e Mattia Mariani, direttore di Telereggio. La voce racconta-fole di Gabriele Tesauri, si presta per l’occasione con grande perizia linguistica polidialettale.
Si presenta l’ultima fatica del curioso architetto: Creature fantastiche della Pianura Padana, un elegante, curatissimo libro-catalogo-pop di magie, dicerie, racconti, stranezze, invenzioni.

Purtroppo Giulio Taparelli, co-curatore e illustratore dell’opera, non c’è più. In prima fila, oltre alla figlia dell’indimenticato artista di talento, cui va subito un commosso tributo, siede il suo affezionatissimo barboncino: Teddy. Lui è l’unico del pubblico che di tanto in tanto si assopisce, avvezzo com’è alle meraviglie già viste e fiutate tra le mura della Villa padronale di via Carletti.
[blockquote text=”OGNI CIVILTÀ DÀ FORMA A SPERANZE, CURIOSITÀ E PAURE CREANDO ESSERI FANTASTICI
PER RISPONDERE AI PIÙ COMPLESSI INTERROGATIVI” show_quote_icon=”yes” text_color=”#3d3d3f” width=”100%” quote_icon_color=”#0062a7″]

«Ogni civiltà ha dato forma alle proprie speranze, alle proprie curiosità e alle proprie paure creando esseri fantastici capaci di rispondere ai più complessi interrogativi» spiega Luciano. «Nel tempo si è assistito a un’evoluzione e ad una trasformazione nel racconto e nella visione delle creature e degli animali fantastici; le loro tracce si perdono nella notte dei tempi» e cita Dante, il Boiardo, l’Ariosto, fervidi maestri creatori di figure incredibili.
Anche la cultura popolare, frutto della sedimentazione di molti saperi e di diverse culture, ha dato vita e ha tenuto in serbo la memoria di molte creature fantastiche.
Ogni territorio si è costruito dei riferimenti, delle spiegazioni per la vita e ha convissuto con le proprie certezze e le proprie paure, creando dei legami molto forti tra luoghi e pensieri.
«Le creature fantastiche nascono da questi legami e vivono nella testa e nei racconti delle persone. Sono le risposte che le comunità si creavano per interpretare e dare significato a fenomeni ed eventi altrimenti incomprensibili, per educare, per trasmettere valori e idee, per gioco, per ribellione» dice Luciano.
mostri2E adesso? Nell’epoca del disvelamento, che riduce tutto al razionalmente spiegabile, come puoi ritrovare la compagnia delle creature fantastiche? Ecco la ricetta che sciorina il nostro architetto creativo: «rallentare e spegnere la luce». Semplice no? E scoprirete che il folletto non è un mangiapolvere a spina e che il mondo non si ferma al Pokemon Pikachu che si cattura con lo smartphone. Meglio farsi catturare. Dalla leggerezza, dalla fantasia, dalla natura, dal mistero che ci circonda: la sapienza che sa trasfigurare la quotidianità rinunciando solo a un po’ di fretta ed all’eccesso di luce.
“Perché l’Emilia padana è fatta di gente concreta, ma capace di sognare”, ha scritto qualcuno.
A questo punto via, si parte. Tra le letture magistrali di Tesauri e dopo i complimenti e gli apprezzamenti di Mariani e del Sindaco Malavasi, eccoci nel sogno, tra le pagine del grande catalogo delle creature.
Si comincia con le figure terrificanti e mostruose, come il Mamon o Papon, il lupo, il gigante, il mago.
Poi draghi e serpenti, dal fiato pestilenziale, come il Basilisco, il Serpeint da la cresta, il Marasso, il Serpente Gallo. Ancora, le figure buone e quelle cattive, come la Vecia, la Strolga, la Fata, i grandi e i piccoli dai Giganti agli Omini, passando per Orchi e Maghi, gli esseri ammaliati e quelli incantati come Mingone o il Principe Maiale, oppure le creature scherzose come Peder Volta e il Cagnolino Moscò.
La paura dell’acqua, atavica, classica, della gente di terra padana, è una gran generatrice di mostri e creature fantastiche. I canali, le paludi di un tempo, i pozzi, naturalmente in compagnia di nebbia, miseria, gelo, fame, evocano fantasmi diversi a seconda dei luoghi, ma con caratteristiche assolutamente simili. È la Borda che in sala, tra un pubblico partecipe e intento a ristorare la memoria, sembra riscuotere la maggiore popolarità. Borda, Bugn, Bargniff eccoli nel libro: nomi che derivano dall’antica radice “Bor” che si rifà a Borvo, divinità delle acque. Evocano la strega, il diavolo, un enorme rospo; vivono immersi nell’acqua e solo raramente si mostrano per attrarre i malcapitati e annegarli.
E così la fantastica sequenza fila via liscia come l’acqua dolce, tra ricordi, scoperte, curiosità, stranezze, immagini, colori, fino al disvelamento finale: il Cagnolino Moscò, quello della favola scioglilingua, furbetto e dispettoso, raffigurato nel libro, guardatelo, è lui: Teddy, l’amico fedele di Taparelli, il barboncino bianco e vispo, che sta accovacciato sulla sedia in prima fila.
Un segno di speranza, al volger di un pomeriggio simpatico e gradito: le creature fantastiche sono ancora vive tra di noi.
Qualcuno chiosa, uscendo: non è stato un pomeriggio di un giorno da cani. Già. Porta pazienza, Teddy.

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