Le armonie di Sara

Le armonie di Sara

Autrice di teatro e disegnatrice: Sara Culzoni è un’artista a tutto tondo

Sara è una ragazza carina, dai lunghi capelli neri e un sorriso contagioso.
La sua mostra Creando Armonie a Palazzo Contarelli diventa occasione per una chiacchierata, che qui sintetizziamo.

Sara, disegni, scrivi, ti laurei, ti sposi, insegni: chi è Sara?
«Sono nata nel 1990 a Correggio da una famiglia correggese e ho vissuto la mia infanzia e la mia adolescenza qui.
Già da piccola ho scoperto una grande passione per i colori; i primi suggerimenti me li ha dati Cinzia Tramontani, insegnante delle Marconi. Dopo le medie ho frequentato il Liceo Artistico al BUS con indirizzo Beni Culturali e poi mi sono trasferita a Milano, i primi due anni in un collegio dell’università e poi con delle coinquiline. Alla Cattolica mi sono laureata in Linguaggi dei Media, facoltà che comprendeva anche sociologia e lettere. Intanto scrivevo poesie e partecipavo a qualche concorso.
Pensavo il mio futuro nel giornalismo, ma poi non mi decidevo, perché scrivere va bene, le nozioni le possedevo, ma non avevo il profilo di chi sta sempre sulle notizie.
Desideravo più libertà e ripensando all’indirizzo teatrale di poche ore dell’università mi sono impegnata per essere ammessa all’Accademia di Arte Drammatica Paolo Grassi, in qualità di autrice teatrale. Così tre anni dopo mi sono diplomata. Dopo sei anni a Milano sono tornata a Correggio; ho fatto diversi lavori e infine mi sono sposata con un ragazzo che avevo conosciuto in Accademia (e che ora è ingegnere alla Spal)».

Mentre noi chiacchieriamo è arrivato mezzogiorno e mi preoccupo: l’ingegnere saprà preparare la pasta?
«Sì, è molto bravo e non posso dirne che bene. Ora insegno al Contarelli come sostegno e lavoro al doposcuola e questo mi lascia il tempo di coltivare le mie passioni e il lavoro per cui ho studiato, cioè l’autrice teatrale. Ho scritto il libro Beit Dabar, alcune poesie inserite nell’Enciclopedia Contemporanea Mario Luzi, diverse cose per il teatro. Questo è il mestiere che ho imparato a fare. Scrivere per il teatro è scrittura viva, finalizzata ad essere detta, recitata con ritmo, musicalità».

E il disegno?
«L’ho ripreso dopo essermi sposata, per dire in modo diverso quello che cerco di comunicare anche con la scrittura. Mi definisco autrice sinestetica proprio perché cerco di sposare tra loro vari tipi di arte, varie tecniche, vari canali di comunicazione».

Vedo che disegni, colori, rielabori in digitale; com’è nata questa scelta?
«Ho cominciato con il digitale perché avevo poco spazio in casa. La tavoletta grafica ha preso il posto della grande opera; poi mi ci sono appassionata, perché trovavo effetti sorprendenti, che manualmente su un supporto difficilmente sarei riuscita ad ottenere. Le venticinque stampe di questa mostra sono nate così. Per me creare è un linguaggio universale: evoca, è potenza immaginativa, pazienza, condivisione, sinfonia, ritmo, anima».

Cosa farai da grande?
«Ci sono già in mezzo. Un passo alla volta, cerco di far conoscere soprattutto la parte della scrittura. Mantengo anche il lavoro fuori, come scelta: non posso stare otto ore chiusa a scrivere.
L’ispirazione bisogna anche andarsela a cercare».

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