Le api sono uno dei fattori più importanti della produzione agricola.
Questo perché grazie alla loro infaticabile laboriosità sono le principali artefici dell’impollinazione entomofila, quella che avviene ad opera degli insetti, e quindi in grado di assicurare abbondanza e qualità delle produzioni. In un frutteto in effetti per garantire una buona produzione non è sufficiente una abbondante fioritura, come quelle che si sono potute ammirare nei giorni scorsi, ma servono le api.
Si stima che tramite l’impollinazione le api sostengano la vita dell’84% delle piante presenti sul pianeta e del 75% di quelle di interesse alimentare.
Non a caso nei frutteti vengono frequentemente introdotti gli alveari per favorire l’impollinazione e nei campi si opera per rendere questo ambiente sempre più vivibile per il più importante agente pronube (che “favorisce le nozze”) alleato degli agricoltori.
Agricoltura ed apicoltura quindi devono essere considerate come due attività complementari e sinergiche anche se purtroppo molto spesso vengono viste in contrasto.
Questo per il fatto che in agricoltura, sia integrata che biologica, vengono utilizzati fitofarmaci.
In effetti è così, ma proprio per il massimo rispetto delle api da sempre sono vietati i trattamenti insetticidi nei periodi di fioritura, vengono effettuati sfalci delle essenze fiorite prima dei trattamenti e soprattutto, già dal 1970 grazie al progetto regionale di lotta integrata, nel nostro territorio si opera con prodotti selettivi, a basso dosaggio di impiego e non tossici innanzitutto nei confronti delle api.
Anni fa una ricerca nazionale evidenziò che i peggiori apicidii si verificavano nelle vicinanze degli orti vale a dire in quelle situazioni dove vengono a mancare professionalità e preparazione tecnica degli operatori, con una tecnologia applicativa dei trattamenti molto più empirica ed approssimativa.
Una conferma che però non deve essere vista come un’assoluzione ma piuttosto come uno stimolo per i produttori agricoli ad operare con metodi di coltivazione sempre più sostenibili e rispettosi dell’ambiente.
D’altro canto le api sono un importante strumento di monitoraggio della salute ambientale visto che, bottinando (“raccogliere per immagazzinare”) ed entrando a contatto con tutte le sostanze presenti nell’ambiente, trasformano l’alveare in un vero e proprio laboratorio, vale a dire in un luogo nel quale è possibile riscontrare l’eventuale presenza di inquinanti. In questo modo l’ape diventa anche una preziosa fonte di informazione sulla presenza di sostanze dannose nell’aria ed una vera e propria sentinella ambientale.
Ma l’apicoltura è una attività agricola vera e propria così come lo è la produzione di miele, anche se a livello regionale pare che solo un terzo degli apicoltori eserciti un’attività da reddito.
Interpretando i dati dell’assessorato regionale alla sanità emerge che l’Emilia Romagna rappresenta circa il 10% del patrimonio apistico nazionale. In questo contesto la provincia di Reggio Emilia, secondo i dati dell’Area Territoriale Veterinaria, consta di 408 apicoltori e 16.4798 arnie, delle quali il 63% stanziali, dislocate in 1014 apiari (gruppo di arnie).
Tutte stanziali sono invece le 416 arie che costituiscono i 28 apiari accuditi dai 14 apicoltori correggesi.