Cosa significa essere una giovane donna italiana, nel 2016?
Cominciamo con l’elenco:
magari stai finendo di studiare perché hai ben pensato di iscriverti all’università per poi sentirti dire che non sei abbastanza specializzata, e quindi devi fare l’ennesimo corso; magari hai un lavoro ma è precario, con un contratto che ti viene rinnovato di tre mesi in tre mesi (ma di essere stata rinnovata lo scopri, se va bene, il giorno stesso della scadenza); magari hai un fidanzato.
Qui le strade sono due: o lui non si sente ancora pronto a fare il grande passo (matrimonioconvivenzaavereuncane) perché vuole considerarsi eterno ragazzo ancora un po’, oppure anche lui vive barcamenandosi fra contratti mal pagati e ha abbastanza testa sulle spalle per capire che non andreste molto lontano con un mezzo stipendio in due;
magari le tue amiche ti inondano delle foto dei loro stupendi frugoletti, ma tu non vuoi figli.
Ecco, basterebbe quest’ultima frase a smontare completamente una campagna becera e scandalosamente fuori luogo come quella del famigerato Fertility day.
Per quelli che ad inizio settembre sono stati su Marte, si tratta di una campagna promossa dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin, che ha il nobile scopo di convincere i trentenni italiani a fare figli per rimpolpare le schiere dei servitori della patria.
La Lorenzin, che beninteso ha avuto due gemelli alla soglia dei quarant’anni, deve essersi improvvisamente resa conto che le persone intorno a lei non erano più prolifiche come una volta. Si sarà domandata come mai, ma probabilmente non è arrivata ad una risposta soddisfacente.
Forse i ventottenni non sanno più come si fa all’amore? Siamo diventati una generazione di casti divi? Impasse da cui è semplice uscire: ecco servita una splendida serie di slogan come “La bellezza non ha età, la fertilità sì”, oppure “Genitori giovani, il modo migliore di essere creativi”, corredati da simpatiche immagini illustrative.
Sorvolando sui facili paragoni con altre epoche storiche, la popolazione giovane italiana è ovviamente insorta.
Già, perché una volta lasciate da parte le ridicole cartoline e le affrettate scuse del Ministro, c’è poco da stare allegri: nella mia cerchia di amicizie sono ben poche le persone che hanno figli o che hanno intenzione di averne a breve.
E stiamo parlando di Correggio, non di luoghi disagiati: eppure, la maggior parte dei miei conoscenti sta finendo di studiare o ha appena iniziato a muovere i primi passi nel mondo del lavoro.
E quest’ultimo, si sa, non perdona facilmente le debolezze (= la sconsiderata idea di volere un figlio): ma come, hai anche il coraggio di fantasticare su un figlio?
Non provare nemmeno a nominarlo, bella mia, perché tu il rinnovo del contratto non lo vedi nemmeno col binocolo.
Essere donna nel 2016, in definitiva, vuol dire essere “dolcemente complicate” ma anche un pochino affrante. Persino io, che sono qui davanti al computer, ho quasi schifo di me stessa per il semplice fatto che sto affrontando in modo semiserio un argomento che dovrebbe invece essere sacrosanto, il diritto alla genitorialità.
Ma quali asili a prezzi modici: meglio se ci prendiamo tutti quanti un cane, e buonanotte.