La catastrofica alluvione che ha colpito una vasta area della Romagna, così simile e così vicina all’Emilia, ci ha inevitabilmente portato a riflettere sulla sicurezza idraulica della nostra pianura. Per farlo abbiamo voluto coinvolgere alcuni addetti ai lavori.
Il direttore del Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale, Domenico Turazza, premette che bisogna innanzitutto considerare la particolarità degli eventi, la cui gravità è dovuta a due episodi inconsueti. «Ad una prima ondata di piogge eccezionali in montagna e collina nei giorni 2 e 3 maggio, che hanno causato l’esondazione di alcuni fiumi nei tratti di pianura, ha fatto seguito una seconda precipitazione altrettanto eccezionale a distanza di quindici giorni, il 17 e 18 maggio. Pertanto gli argini, appena riparati in via d’urgenza e comunque “stressati” dalle piene precedenti, sono collassati sotto l’eccessivo carico d’acqua ai quali sono stati sottoposti. I corsi d’acqua romagnoli sono stati investiti da due ondate di pioggia ampiamente superiori alla loro portata massima: gli argini non hanno retto per ragioni fisiche».
Il nostro reticolo di bonifica raccoglie e gestisce le precipitazioni cadute in pianura così come quelle di fiumi e torrenti della montagna (Enza, Crostolo, Secchia, Tresinaro e Po). Anche questo sistema scolante ha dei limiti di portata ben precisi, che non vanno oltrepassati. Se ciò accade, i nostri fiumi, che nei tratti di pianura sono stati incanalati entro argini stretti ed alti, tendono a riprendersi il loro spazio naturale, esondando (come accadde nel dicembre del 2017 sull’Enza a Lentigione di Brescello). D’altro canto – ci ricorda il direttore – i rapporti annuali sul dissesto idrogeologico redatti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) non mancano di rammentarci che la nostra pianura è un territorio fragile, di origine alluvionale, su cui insiste un tessuto economico molto evoluto. Questo ci impone di moltiplicare gli sforzi, sia dal punto di vista infrastrutturale che da quello gestionale, per aumentare il livello di sicurezza idraulica. Su questo fronte non dobbiamo pensare che nulla sia stato fatto, ma certamente quanto è accaduto in Romagna deve indurre chi di dovere ad intensificare la manutenzione di fiumi e torrenti.
Quando si parla di controllo delle acque – precisa Turazza – occorre distinguere fra reticoli naturali, nei quali l’acqua è semplicemente contenuta e quindi con possibilità di gestione molto limitate, e sistemi di bonifica: in questo caso le acque, siano esse di scolo o irrigue, sono interamente regolate all’interno di un sistema artificiale che, pur essendo molto complesso, consente ampi margini di controllo. La maggiore flessibilità di questo sistema artificiale ha permesso il suo costante adattamento nel tempo, grazie ad una significativa attività di rinnovamento ed alla continua manutenzione. Inoltre il doppio ruolo di scolo e irrigazione, due funzioni che a prima vista potrebbero sembrare antitetiche, ha in realtà il pregio di ricondurre sotto una regia unitaria la gestione delle acque superficiali, consentendo anche notevoli occasioni di sinergia tra le due distinte attività. Il ruolo della bonifica è quello di gestire un reticolo molto esteso (circa quattromila chilometri di canali), assicurando lo smaltimento dell’acqua in eccesso nei fiumi ed il prelievo dell’acqua dai fiumi stessi quando invece manca sul territorio. Un’ultima considerazione: la bonifica deve anche fare i conti con la fortissima urbanizzazione degli ultimi ottant’anni, che ha stravolto i coefficienti di assorbimento del territorio: pensate, le zone impermeabilizzate sono passate dal 2 al 20% circa.
Matteo Guerra, geologo dell’Agenzia Regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile presso la sede di Reggio Emilia, si occupa di prevenzione, gestione e superamento delle emergenze. Gli abbiamo chiesto cosa sarebbe successo se una precipitazione come quella caduta sulla bassa romagnola si fosse abbattuta sulla nostra pianura. «Il territorio di Correggio – puntualizza Guerra – non ricade in zone identificate come potenzialmente allagabili da parte di fiumi, mentre tutti gli altri Comuni della pianura reggiana potrebbero essere raggiunti, solo in caso di eventi estremi, dalle acque di Enza, Crostolo, Secchia o Po. Negli abitati vicini a questi fiumi la situazione sarebbe stata simile a quella della Romagna. Tutta la pianura emiliana è suscettibile ad allagamenti da parte del reticolo di bonifica, ovviamente di minore entità, con una probabilità media o alta in prossimità di canali maggiori».
Quali sono le criticità nella gestione delle acque meteoriche di un certo rilievo?
«Possiamo vedere i nostri fiumi come “autostrade” che attraversano senza interferenze la pianura, da sud a nord, immettendosi infine nel Po. Il reticolo secondario di bonifica, indipendente dai fiumi, è gestito dai Consorzi, che devono sempre contemperare le due esigenze di irrigazione e scolo delle acque. Quest’ultimo reticolo non può scolare i milioni di metri cubi d’acqua che un fiume rilascia nell’eventualità di un fenomeno estremo, com’è purtroppo accaduto in Romagna.
Partendo dal presupposto che gli eventi catastrofici di maggio sono stati di portata storica e quindi non contenibili, le opere idrauliche sono state progettate e costruite per resistere fino ad una certa soglia. Gli affluenti emiliani del Po sono già dotati di casse di espansione, cioè di bacini allagabili che riducono le portate delle piene. Le arginature hanno ormai raggiunto i limiti strutturali di altezza e quindi non possono più essere innalzate significativamente. Occorre pertanto mantenerle e monitorarle».
Cosa può fare il comune cittadino per contribuire alla tutela del territorio?
«Visto che le opere dell’uomo hanno dei limiti strutturali, bisogna agire sulla preparazione alle emergenze; il cittadino deve autodifendersi, conoscere i rischi del proprio territorio e seguire le indicazioni del Comune. La Regione ha un portale web apposito (https://allertameteo.regione.emilia-romagna.it) dove poter consultare la sezione sui rischi ed i comportamenti da tenere, le previsioni meteo e le allerte; per ricevere le allerte sullo smartphone basta registrarsi ai canali Twitter e Telegram del portale».
Dovremmo iniziare a ragionare in modo differente sul piano edilizio?
«Visti i cambiamenti climatici in atto da anni, le direttive nazionali ed europee sono state aggiornate su vari temi, come l’impermeabilizzazione del suolo a causa dell’edilizia e l’adeguamento delle reti di scolo alle nuove precipitazioni, meno frequenti ma più intense. Ci sono anche protezioni indirette dalle alluvioni, come ad esempio il divieto di costruire seminterrati in zone a rischio. Resta il fatto che non possiamo più permetterci di consumare suolo: l’obiettivo è migliorare il patrimonio edilizio esistente».
Per conoscere meglio quanto fatto sul territorio correggese in tema di prevenzione e di gestione idraulica, abbiamo chiesto alcune considerazioni a Giovanni Viglione, Assessore all’ambiente, all’agricoltura e all’innovazione del Comune di Correggio.
«Per risolvere il problema degli allagamenti delle abitazioni, che avevano colpito l’area dell’espansione sud nel 1997 e nel 1999, sono state create cinque aree esondabili con finalità emergenziali e di preservazione delle case. Una volta create le aree, oltre a commissionare uno studio generale sul reticolo fognario ed un altro sui reticoli delle acque superficiali, l’Amministrazione Comunale ha realizzato una serie consistente di interventi fognari nella zona, costruendo due scolmatori in via dei Mille e in via Finzi. Tali interventi hanno portato a dismettere le casse esondabili di via Guernica, via Gelsomini e via Cattania che, pertanto, sono state scollegate dalla rete fognaria nel 2001. Le restanti due, ubicate in via Fosse Ardeatine e via IV Novembre, sono rimaste collegate alla rete fognaria fino alla conclusione dei lavori di realizzazione della cosiddetta “gronda di via Varsavia”, creata nel 2002: questa non risulta essere mai entrata in funzione, neanche in occasione di eventi meteorici particolarmente significativi.
Parallelamente il Comune aveva attivato una stretta collaborazione con il Consorzio della Bonifica Parmigiana Moglia-Secchia (ora Bonifica dell’Emilia Centrale), che aveva aggiornato lo studio idrologico ed idraulico del territorio comunale al fine di verificare la funzionalità delle reti fognarie e dei cavi consorziali recettori. L’esito di tali studi, svolti in modo coordinato tra i due enti, ha portato alla definizione dei punti critici del sistema di scolo e ha dato il via alla realizzazione di importanti opere di adeguamento, tenendo anche conto delle espansioni abitative previste negli strumenti urbanistici. Di particolare rilievo sono gli interventi completati fra il 2004 ed il 2006 con la creazione di una cassa, realizzata direttamente dal Comune presso via Fazzano a monte dell’abitato. Il progetto è stato poi completato con l’allestimento del parco Articolo 21; una seconda cassa è stata progettata in adiacenza al villaggio industriale di via Costituzione, mettendo in sicurezza l’area con la realizzazione di uno scolmatore.
Sul fronte del territorio rurale, i due principali cavi di bonifica che interessano il nostro territorio, il Cavo Naviglio e il Cavo Tresinaro, sono stati dotati di casse di espansione. La prima è sorta nell’ambito del piano di coltivazione della Cava “Lanterna-San Prospero”, che ha permesso di realizzare l’invaso: questo è stato poi collegato con un apposito manufatto di “presa” progettato dal Consorzio che ha anche acquisito la proprietà dell’area una volta terminate le attività estrattive. Il cavo Tresinaro era già stato attrezzato negli anni ’90 con una grande cassa di espansione, realizzata dal Consorzio di Bonifica presso la frazione di Ca’ de Frati nel Comune di Rio Saliceto.
Sul fronte della prevenzione va ricordata l’importanza delle opere di pulizia e manutenzione dei canali, compiuto insieme ai frontisti e agli agricoltori. Questo vale specialmente per i passi carrabili sotto i ponti e per tutto il territorio agricolo. Considerando che i fenomeni anomali diventeranno sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico, l’intenzione dell’amministrazione è di rafforzare questi interventi ed assicurarsi che vengano svolti».