Nelle giornate di martedì 14 e mercoledì 15 gennaio, gli spettatori del teatro Asioli sono stati catapultati nella puritana Inghilterra degli anni ’50. Infatti, grazie al testo di The deep blue sea del drammaturgo inglese Terence Rattigan, grazie all’abile sceneggiatura di Luca Zingaretti, all’accurata scenografia di Carmelo Giammello e ad un cast convincente, le vicende di Hester e Freddie sono apparse quanto mai reali e in grado di coinvolgere anche gli spettatori più distaccati.
Sollevato il sipario, il corpo riverso a terra dell’aspirante suicida Hester ha dato il via ad una vicenda che parla della forza e del drammaticità di un amore che ha la capacità di sconvolgere sia la mente che il cuore.
Nel corso della narrazione, tramite le indiscrezioni dei primi soccorritori e le confessioni della donna stessa, impersonata da una passionale Luisa Ranieri, viene alla luce il suo dramma interiore: dopo aver lasciato il marito, un facoltoso e noto giudice, perché innamorata del giovane Freddie Page, si trova alle prese con una relazione logora e logorante; inoltre, il compagno, ex pilota e collaudatore, è ormai dedito all’alcool e pare essere interessato solo al golf. La relazione, nata sull’onda della passione e della sensualità, si è ormai raffreddata; le difficoltà economiche e la differenza di età hanno finito per esaurire Hester, lasciandola sola e disperata. Lo shock e il risentimento mostrato da Freddie nel momento della scoperta del tentato suicidio della compagna non migliorano certo le cose.
Inizialmente Hester appare una donna che ama profondamente, senza porsi limiti, spingendosi fino al punto di annullarsi nell’uomo che ha di fianco, arrivando a non considerare più se stessa, i propri desideri e bisogni; si presenta fragile, debole, in balia di una passione che la lacera; alla fine della vicenda invece, che dura ventiquattro ore, si trasforma in un’eroina forte e risoluta, in grado di trovare quella determinazione che contraddistingue le donne di carattere.
Infatti, in tarda serata, grazie all’intervento di Mr Miller, il bravissimo Luciano Scarpa, inquilino del palazzo ed ex dottore radiato dall’albo per motivi non chiariti nel corso della narrazione, Hester prende una decisione tanto importante quanto difficile: sceglie di rinunciare per sempre a quell’amore che la sta svuotando lentamente e di vivere per sé stessa e per una passione, la pittura, che appartiene a lei sola.
Lo spettacolo riesce a condurre nelle pieghe dell’amore folle che tutto avvolge e travolge, nel profondo mare azzurro di quei sentimenti che sconvolgono mente e cuore; poi però spinge oltre, verso la speranza che porta alla vita e alle mille ragioni per viverla. E tra queste ragioni ce n’è che conta più di tutte le altre, perché come dice il signor Miller: «Oltre la speranza c’è la vita… e per me l’unico scopo della vita è viverla».
Il pubblico presente ha potuto immergersi, per 150 minuti, nei tratti della fragilità e della forza umana; e questo grazie ad una vicenda che, pur essendo scritta agli inizi degli anni ’50, continua a regalare un sorprendente sapore di attualità.