«L’ho già detto e lo ripeto… preferirò sempre salvare una vecchia donna ebrea che uccidere dieci, e dico dieci, soldati tedeschi» e di questo ne era veramente convinto, Tuvia Bielski, e lo ridiceva a gran voce mentre cercava di chiudere al meglio il vecchio giaccone e ripararsi dal freddo del bosco.
Perché loro, i fratelli Bielski, avevano fatto di questa frase il loro motto, e nelle foreste di Naliboki, una regione paludosa, di difficile accesso, sulla riva destra del fiume Niemen, a est di Lida e nordest di Nowogrodek, in Bielorussia Occidentale (che in precedenza faceva parte della Polonia), avevano creato una vera e propria comunità di ebrei salvati dall’epurazione nazista.
I Bielski erano una famiglia di contadini ebrei e nel 1941, dopo l’uccisione dei genitori e di due fratelli da parte dei Tedeschi, avvenuta nel ghetto di Nowogrodek, tre dei fratelli sopravvissuti della famiglia, Tuvia, Asael e Zus decisero di creare un gruppo partigiano.
Il gruppo partigiano Bielski operò tra il 1942 e il 1944 e costituì uno dei più importanti sforzi attuati nell’ambito della Resistenza Ebraica contro la Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Sotto la loro protezione più di 1.200 ebrei riuscirono a sopravvivere alla guerra, una delle operazioni di salvataggio di maggior successo dell’Olocausto.
Tutta avvenuta nei boschi.
Di questo e di molto altro ci ha raccontato la mostra collettiva La selva oscura realizzata nelle sale espositive del Museo “Il Correggio” (Palazzo Principi) con il patrocinio del Comune di Correggio a cura di Margherita Fontanesi.
Una intera mostra dedicata alla #giornatadellamemoria, quest’anno al 70° anniversario della liberazione del Campo di Concentramento di Auschwitz, che ha messo a confronto artisti ebrei e non sul tema della Shoah attraverso la metafora del bosco e degli alberi.
Nell’ebraismo il bosco è strettamente legato alla memoria: si usa infatti piantare alberi, o interi boschi, per ricordare le vittime della Shoah e i “Giusti”, i non ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista.
L’albero e il bosco sono metafore delle vittime dell’Olocausto, ma possono assumere anche un’accezione più vicina al concetto di “selva oscura” dantesca nella quale “la diritta via era smarrita”. Il bosco si connota in questo caso come luogo dello smarrimento dell’umanità intera di fronte a quel capitolo oscuro della storia che è stata la “soluzione finale” nazista.
Davvero una bella mostra su cui riflettere. Alessandro Bazan, Fulvio di Piazza, Kim Dorland, Manuel Felisi, Giovanni Frangi, Fabio Giampietro, Hyena, Giorgio Linda, Raffaele Minotto, Luca Moscariello, Barbara Nahmad, Simone Pellegrini, Pierluigi Pusole, Tobia Ravà, Max Rohr, Hana Silberstein, questi i nomi degli artisti (Catalogo Vanilla edizioni).
La mostra di Correggio è stata anche inserita nella piattaforma 70.auschwitz.org, realizzata dal Memorial and Museum Auschwitz-Birkenau (www.auschwitz.org) come punto di riferimento ufficiale delle celebrazioni di questo importante 70° anniversario: su di essa è stata creata la mappatura mondiale di tutti gli eventi organizzati per ricordare la liberazione del campo.
Commozione e ricordo, per non dimenticare MAI, perché non accada mai più.
Per Resistere SEMPRE.