Ha fatto molto bene il Circolo Culturale Primo Piano a ricordare lo scrittore Primo Levi a trent’anni dalla sua morte, proponendoci un incontro dal titolo Parole come pietre d’inciampo, il 10 marzo scorso al Palazzo dei Principi.
Sono intervenuti due relatori di grande competenza e prestigio come Marco Belpoliti, lo scrittore che ha curato la recente edizione integrale delle Opere complete di Levi, e Simona Forti, docente di filosofia politica e studiosa di Hannah Arendt e di totalitarismi.
Che Primo Levi sia uno scrittore straordinariamente attuale, mi pare fuori discussione.
Ma è doveroso ricordarlo, rileggendo la sua testimonianza umana e letteraria, con i valori, gli insegnamenti morali e politici che ci consegna.
Le sue parole costringono la distrazione di massa spesso imperante a fermarsi, per riflettere con disincanto e spirito critico su come va il mondo.
Pensiamo solamente ai muri che separano stati e popoli, all’Europa che sembra ricadere nel nazionalismo, al risorgente razzismo, alla violenza xenofoba, all’intolleranza per ogni diversità, all’attenuarsi dello spirito civico, allo sfarinamento del senso di appartenenza ad una unica comunità.
Ricordare ciò che è stato, Auschwitz, l’Olocausto, serve.
Per capire che il male è banale, che si annida instancabile nella natura di persone normali e che bisogna conoscerlo per tempo e combatterlo, ascoltando i lamenti di oggi di tanti uomini e popoli.
È «quell’angoscia che tante volte ad ora incerta ritorna e ci brucia nel petto», per ricordare le parole che Primo Levi prende dalla Ballata del vecchio marinaio di Coleridge, facendone il prologo del suo testamento spirituale, I sommersi e i salvati.
«La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace» dice Primo Levi, poiché anche un ricordo spesso rievocato rischia di trasformarsi in stereotipo, di non contenere più il senso di cui una volta era portatore.
Dunque va coltivata, alimentata. Siamo qui, tra il 27 gennaio, giorno della memoria che ricorda le vittime della Shoah, e il 25 aprile, la ricorrenza della Festa della Liberazione dal nazifascismo.
Come Amministrazione Comunale di Correggio, cerchiamo di fare la nostra parte per ricordare, chiamando i cittadini a partecipare in prima persona alle tante manifestazioni in programma.
Arianna Tegani, insegnante del nostro Liceo ha riportato durante la serata le domande degli studenti: ma chi erano quei terribili aguzzini di Auschwitz? «Salvo eccezioni, non erano mostri, avevano il nostro viso, ma erano stati educati male»: sono le parole di Primo Levi, che rispondeva alle domande di allora, quando andava lui nelle scuole.
Quella risposta di Levi è ancora valida. Ieri come oggi. Educare, dunque, educare.
E il fatto che alla serata di Primo Piano fosse presente un pubblico folto e attento, con un bel gruppo di giovani, fa davvero ben sperare.