La lotta al virus è anche psicologica

I consigli della dott.ssa Marchi per vincere l’angoscia

“Come andò a finire, Capitano?”
“Acquisii tutte quelle abitudini nuove, ragazzo. Mi fecero scendere dopo molto più tempo del previsto”.
“Vi privarono anche della primavera, ordunque?”
“Sì, quell’anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela piu”.
tratto dal Libro Rosso di C. G. Jung –

 

Difficile affrontare questo periodo: ansie, paure, preoccupazioni per noi e i nostri cari, senso di impotenza e di perdita… ma anche una percezione, un’intuizione che qualcosa di positivo potrebbe accadere, in noi, nella collettività. Potremmo avere l’occasione di portarci la primavera dentro.

Abbiamo fatto, su questi temi, una chiacchierata virtuale con la Dottoressa Linda Marchi, psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale che ha conseguito il primo e secondo livello dell’EMDR, approccio terapeutico per il trattamento degli eventi traumatici.

Linda è nata e cresciuta a Correggio, dove attualmente vive e lavora come psicologa scolastica presso il liceo R.Corso oltre all’attività clinica privata nel suo studio.

Linda, questa situazione legata all’emergenza sanitaria ci obbliga a vivere cambiando le nostre abitudini, a stare in casa lontani dai nostri affetti con molta preoccupazione per noi e nostri cari. Qual è la tua opinione di professionista in merito? Come possiamo affrontare questi vissuti?

«Quando un grave evento come questa epidemia colpisce la collettività, si viene a creare una condizione di elevata emotività, che riguarda sia l’individuo che la comunità. Un fenomeno che  improvvisamente frammenta l’equilibrio precedente, creando una situazione di allerta e disorientamento, con conseguenti reazioni di pericolo, di stress e sintomi di ansia. Penso sia importante sottolineare che la paura è un’emozione naturale, sana e funzionale a farci mettere in atto quei comportamenti preventivi che tutelano la nostra salute e quella degli altri. Tendenzialmente si ha più paura dei fenomeni sconosciuti, rari, nuovi e dagli esiti incerti: la diffusione del Covid 19 ha proprio queste caratteristiche. Quando siamo in preda ad un elevato livello di stress e di ansia tendiamo a rimuginare, a non tollerare l’incertezza di quanto sta accadendo e a catastrofizzare, vedendo gli scenari più terribili come i più probabili. È importante in primo luogo riconoscere queste emozioni, dare loro un nome, accettarle ed essere consapevoli che si tratta di una reazione ad un evento inaspettato e tragico.

È importante ricordare che preoccuparsi, lasciandosi prendere solo dalle emozioni, può essere controproducente: è fondamentale razionalizzare e occuparsi del problema; le nostre autorità sanitarie hanno dato poche, chiare e semplice regole da seguire alle quali è fondamentale attenersi.

Per cercare di tranquillizzarsi, una persona può, erroneamente, consultare compulsivamente i media: questo rischia di avere un effetto controproducente aumentando il carico cognitivo e di conseguenza la sensazione di essere costantemente sotto pressione. Meglio quindi limitare l’utilizzo dei media a pochi momenti nella giornata.

Un aiuto molto importante rispetto alla gestione degli stati di stress è l’avere la possibilità di poter narrare i propri stati d’animo, di poterli condividere; il consiglio è quello di non isolarsi ma di tenersi in contatto il più possibile con famigliari e amici. Un atteggiamento psicologico valido può aiutare non solo chi lo attua ma anche gli altri, innescando un circuito virtuoso e aumentando la capacità di fronteggiare i traumi dei singoli, della famiglia e della comunità».

 

Qualche consiglio per provare ad approfittare di questo tempo e non solo subirne le restrizioni?
«Un periodo di quarantena costringe a interrompere le rassicuranti abitudini quotidiane creando uno stato temporaneo di disorientamento. Non siamo abituati a rallentare e ad avere spazi vuoti e questo può spaventare molto. Questa può essere letta come un’importante occasione per cambiare il nostro modo tipicamente frenetico di utilizzare il tempo, per imparare a stare nel tempo vuoto; la dimensione della noia che può anche creare moltissime potenzialità.

Organizziamo, quindi, gli spazi e i tempi, evitando di lasciare la giornata totalmente destrutturata: le abitudini, le routine sono molto importanti per il nostro equilibrio psicofisico perché trasmettono un senso di sicurezza. Cercare di riscoprire le proprie passioni, godere delle piccole cose, vivere la casa come un rifugio e non una prigione, beneficiare di azioni come cucinare, leggere, vedere film… attività che spesso trascuriamo perché fagocitati dalla frenesia della vita».

 

La scuola chiusa per così tanto tempo ha obbligato anche i bambini a fare i conti con il virus, come possiamo parlare loro di ciò che accade?
«Anche se stiamo vivendo una situazione complessa, che richiede di tenere alta l’attenzione, non dobbiamo trasmettere paura ai più piccoli. È fondamentale dire loro la verità ma in modo semplice, usando parole adatte alla loro età senza aggiungere particolari che possano spaventare. Dialogare con loro, utilizzando un linguaggio chiaro e comprensibile, sui rischi e sui comportamenti da tenere, per responsabilizzarli. Dire loro che ci sono persone specializzate e fidate che si stanno occupando di risolvere la situazione. Gli adulti devono autoregolarsi, gestire l’ansia mostrando che sono sì spaventati ma che riescono a difendersi dalla paura; i bambini imparano per modellamento, per imitazione. I bambini possono così imparare che la paura, se gestita, può essere nostra alleata nel difenderci.

Ancor di più, è necessario ascoltare i nostri figli, lasciandoli parlare e dando loro il tempo di esprimersi. Altro consiglio è quello di vedere, per quanto possibile, l’enorme potenzialità di avere tanto tempo per stare con loro senza tempistiche e scadenze particolari; sfruttare quindi questo momento per farli sentire al sicuro, accudirli, affiancarli, sostenerli, giocare con loro, coccolarli, rassicurarli».

 

E gli adolescenti, che faticano a capire le limitazioni della loro libertà e si sentono immuni?
«L’adolescenza è una fase complessa dove il tema del limite risulta essere centrale rispetto allo sviluppo, in cui i comportamenti a rischio sono anche un modo per mettere alla prova sè stessi.  Se alcuni si sentono immuni, sostenuti da un senso di onnipotenza abbastanza tipico di questa fase evolutiva, altri stanno vivendo questo momento con molta cautela, ascoltando le indicazioni ed aspettando che queste restrizioni finiscano. Ascoltandoli in questo periodo, mi sembra che la reazione iniziale sia stata più spavalda e poco consapevole, mentre ora mi pare che molti ragazzi sentano la paura, si sentano smarriti. Quello di cui hanno più necessità è di essere sostenuti e rassicurati, ma, soprattutto, non “infantilizzati” ma richiamati ad una responsabilità reciproca, ad un patto tra generazioni in cui ognuno in questo momento di emergenza deve fare la propria parte. Limitando le angosce e facendo capire loro che siamo sinceri ed aperti con loro e che, comportandoci con solidarietà, ne usciremo. La speranza va educata, sempre, e la si educa con l’onestà, la chiarezza e l’incoraggiamento delle risorse che sono presenti in ciascuno».

 

Prima di salutarci ti chiedo una riflessione personale su come questa esperienza potrebbe cambiarci, magari in meglio, come singoli, famiglie e collettività?
«Le situazioni di emergenza e di crisi si possono rivelare anche delle grandi opportunità evolutive di crescita. C’è una capacità importante e preziosissima che tutti possiamo potenzialmente sviluppare: è la resilienza, ovvero la possibilità di superare le difficoltà della vita rafforzando il nostro “sistema immunitario emotivo”. Le ferite che stiamo subendo in questo momento difficile potrebbero aiutarci a diventare più umani, empatici.

Auspico che questa esperienza possa allontanarci dall’individualismo tipico dei nostri tempi, a fare un salto dall’io al noi, a diventare solidali sviluppando una cittadinanza attiva, facendoci sentire vivi oltre che umani».

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