La leale rivincita del burro

Il nostro burro è diventato un prodotto di élite. La forte campagna mediatica a favore dei prodotti senza olio di palma ha avuto importanti ripercussioni sul prezzo del principale sottoprodotto della produzione del Parmigiano Reggiano. Ed è così che il burro prodotto nei caseifici dei nostri territorio sta andando letteralmente a ruba. Il suo prezzo all’ingrosso ad oggi è più che raddoppiato rispetto a quello dello scorso anno ed alcuni osservatori prevedono che nel 2018 potrebbe addirittura triplicare. Il burro d’altro canto è l’unico grasso, assieme all’olio di palma, ad essere naturalmente solido a temperatura ambiente. Per questo il burro è la migliore alternativa all’ingrediente più sotto accusa del momento (l’olio di palma) in relazione agli utilizzi alimentari, per i quali fino a ieri era così ricercato nell’industria alimentare come addensante naturale che non interferisce sui sapori.
La campagna mediatica condotta contro l’olio di palma, pur con gli eccessi caratteristici dei nostri giorni, ci riporta con il pensiero a situazioni analoghe che i produttori di burro hanno vissuto in passato. A partire dagli anni ‘70 del secolo scorso infatti il burro è stato per anni accusato di avere strette correlazioni con il colesterolo e le malattie cardiovascolari. Tanto che in tempi non sospetti, si pensi al convegno organizzato dal consorzio del Parmigiano Reggiano che si è svolto a Reggio Emilia il 24 giugno 2011, i produttori locali si sono sentiti in dovere di difendere un prodotto che, pur essendo innegabilmente grasso, ha delle peculiarità straordinarie esaltate peraltro dalla qualità del latte che lo origina e dalla tecnica di produzione. Lo hanno fatto presentando tesi scientifiche proprio come ha fatto di recente un importante marchio dell’agroalimentare italiano, sottoponendosi ad importanti investimenti economici destinati ad una campagna pubblicitaria chiarificatrice rispetto ai pregi e difetti dell’olio di palma.
Pregi e difetti, appunto. Oggi purtroppo non esiste più la via di mezzo ed è molto più facile schierarsi a favore di quello che vuol sentirsi dire il consumatore. Il risultato in questo caso è stato un ridicolo fiorire di slogan volti ad esaltare ovunque l’assenza di olio di palma. Qualcuno da sempre, altri da ora, altri ancora a favore dell’olio di girasole.
Al di la del favorevole momento di mercato del burro, che non può che fare piacere per i nostri allevatori, quello che oggi angoscia ogni produttore agricolo è il fatto che domani un qualsivoglia macigno mediatico abbia la possibilità di distruggere un prodotto preso di mira in quel momento. Il risultato sarebbe un drastico calo dei consumi, causato dall’omologazione del pensiero dei consumatori imposto dai mezzi di comunicazione, l’economia di una zona rivoluzionata ed un’immagine di quel prodotto completamente da ricostruire.
Il burro è un prodotto ottenuto dalla crema ricavata dal latte di vacca e per legge non può contenere grassi diversi aggiunti. È per questo che è un prodotto totalmente naturale, non è idrogenato, e ricco di tanti fondamenti nutrienti come il calcio, le proteine del latte, i sali minerali e la vitamina A. Nel territorio del Parmigiano Reggiano lo si ottiene per affioramento visto che la tecnica di produzione del nostro formaggio tipico prevede il lungo riposo del latte delle sera. Da 100 litri di latte si ottengono poco più di 4 chili di burro. Il consumo di burro a livello europeo, aumentato dell’8% negli ultimi 5 anni si attesta oggi a 4,3 kg annui pro-capite, mentre il consumo degli italiani è di solo 2,3.

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