La Goldoni è salva. Dopo mesi di incertezze e numerosi momenti in cui l’azienda di Migliarina sembrava essere sull’orlo del baratro, finalmente è arrivato l’aiuto in cui tutti speravano. Come è ormai noto, a intervenire è stata la belga Keestrack, che ha acquisito la storica azienda tra Rio Saliceto e Carpi. Il caso Goldoni ha avuto negli scorsi mesi eco nazionale, coinvolgendo figure istituzionali in Regione e a Roma, e perfino diplomatici italiani e cinesi. Tutto era iniziato l’anno scorso, con la richiesta di concordato presentata da Lovol Arbos, colosso cinese che aveva acquisito la Goldoni nel 2015. Presto emerse che mancavano potenziali investitori per il concordato liquidatorio e si affacciò l’eventualità del fallimento. Negli ultimi sette mesi, i lavoratori della Goldoni hanno così messo in piedi un presidio permanente davanti all’azienda, dove hanno trascorso giorno e notte, senza mai mollare. Quando ormai la speranza di una riapertura era quasi scomparsa, è arrivata la proposta di Keestrack, che ha salvato centodieci lavoratori.
«Finalmente, il 29 marzo i lavoratori sono rientrati in fabbrica. La Goldoni è stata salvata. Ci sono stati dei sacrifici, abbiamo sofferto ma abbiamo condiviso ogni passaggio con i lavoratori. L’approccio di Keestrack è stato corretto, come quello di una vera azienda che vuole fare impresa e non ha fini diversi» racconta Angelo Dalle Ave, funzionario Fiom che si è occupato della vicenda. Da più parti, infatti, erano giunte voci sulle vere finalità della proprietà cinese: acquisire la Goldoni per impadronirsi della sua tecnologia e del suo sapere, per poi andarsene senza guardarsi indietro. Fortunatamente, la nuova proprietà dà tutta l’impressione di stare adottando un approccio diverso, ha scelto di non stravolgere il marchio Goldoni e di ritornare al colore originale dei trattori, l’arancio.
Sta di fatto, però, che sessantanove dipendenti sono rimasti fuori dal nuovo accordo con Keestrack e sono ora in cassa integrazione, fatto che dà sicuramente un sapore agrodolce a questa vittoria. Tuttavia, c’è la possibilità concreta di un loro reintegro. «Nel prossimo anno e mezzo», spiega Dalle Ave, «l’azienda si rivolgerà a questi lavoratori nel caso in cui sia alla ricerca di personale. Facciamo fatica ad immaginare la Goldoni con solo centodieci persone, un numero troppo ridotto per le esigenze della produzione». La sensazione è quindi che la nuova proprietà si sia approcciata in modo cauto, con la speranza di poter presto ampliare l’organico andando ad attingere proprio da quei sessantanove lavoratori per ora lasciati a casa. È da sottolineare quanto questo salvataggio sia stato reso possibile dalla solidarietà del territorio e delle istituzioni. Non solo: «Nei mesi di presidio», racconta Dalle Ave, «si sono creati dei rapporti che vanno ben al di là di quelli tra semplici colleghi di lavoro. Da un punto di vista umano, questa fratellanza è stata senza dubbio l’aspetto più bello».