Dove l’ansa di via Roma sfocia nel ciottolato del corso, sotto i portici che l’accompagnano sinuosi, la vetrina liberty del “Tre Spade” offre un invitante richiamo alla buona tradizione.
Ricetta dei tortelli scritta su una grossa pentola di alluminio e vetrofania di Slow Food appiccicata in bellavista: l’antipasto visivo è promettente. Anche il nome è preso dalla tradizione: un’antica osteria del nostro borgo correggese.
Eccoci qui con Marzia Masoni, la titolare, che iniziò la sua avventura con la Trattoria Tre Spade ben 33 anni fa, nel 1983. Lo Slow Food nascerà a Bra, in Piemonte, solo nel 1986.
Chiedo allora subito a Marzia come abbia intravisto un futuro in questa concezione di “ristorazione della tradizione”, più che nelle mode della “nouvelle cuisine” di allora, per arrivare poi a inserire nel menu i prodotti dei presidi Slow Food e aderendo al movimento che da Bra s’è fatto largo nel mondo.
«Il primo contatto con il mondo slow l’ho avuto da privata cittadina e non come ristoratrice. Mi ero iscritta all’ARCI GOLA, frequentavo vari corsi di cucina per conoscere sempre di più la materia con la quale avrei dovuto confrontarmi nel lavoro. I corsi erano organizzati dall’allora responsabile della condotta di Reggio Emilia Mirco Marconi».
Quali sono i prodotti tutt’ora inseriti nei vostri menù e che valore aggiunto ti portano i presidi Slow Food?
«Nel menu abbiamo la gallina di Saluzzo, il Parmigiano Reggiano delle vacche rosse stagionato 30 mesi, il Culatello di Zibello e la Mariola di Cotechino. Abbiamo anche dedicato una speciale attenzione ai vini locali, con un occhio particolare al Lambrusco, privilegiando piccole realtà produttive in grado di restituire per intero la ricchezza del nostro territorio».
Dove hai incontrato la gallina di Saluzzo? Razzolava per caso per Correggio?
«Sì la incontrai per caso, ma non qui. Durante un viaggio nei luoghi dove vive il mio idolo Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, l’ho assaggiata e subito adottata. Fu amore… al primo palato. È una gallina pesante, ottima da brodo e da arrosto con una carne soda e saporita».
Quanto gratifica essere inserita stabilmente dal 2007 sulle guide gastronomiche e in particolare sulla guida “Osterie d’Italia Slow Food”?
«Parecchio! Sia dal punto di vista professionale che economico. Arrivano commensali con le guide in mano soprattutto nei week-end, specialmente appena edite le guide, anche da abbastanza lontano appositamente per provare i nostri menu».
La crisi ha colpito il vostro settore? Come l’avete contrastata?
«La crisi ha colpito forte negli anni scorsi, anche se ora i segnali di ripresa sono evidenti. È stata dura non dover aumentare troppo i prezzi per sopperire al calo di clienti mentre le spese aumentavano. Anche il terremoto del 2012 qui a Correggio ha contribuito ad allontanare la gente, creando una sorta di fobia per gli ambienti chiusi del centro storico. Comunque siamo ancora qua!».
I recenti successi internazionali della cucina italiana e modenese, in particolare con l’Osteria Francescana di Massimo Bottura riconosciuta come il miglior ristorante al mondo, che aiuto vi possono dare? Ne vedi l’effetto?
«Certamente tutto questo fa scuola e aiuta molto l’immagine della cucina emiliana nel mondo. Ma noi stiamo coi piedi per terra. Non cerchiamo super chef blasonati e scenografie particolari.
La nostra scuola è quella di mamma Noemi e di papà Ermes che ci hanno tramandato l’arte del far bene i tortelli, i cappelletti, il busilan e lo scarpasotto, curando gli ingredienti e la qualità. Questi sono i presidi della “Correggio food” che hanno costituito la base del lavoro svolto in cucina da mia sorella Cinzia, a cui di recente, alla luce di un’idea di tradizione intesa come patrimonio in grado di rinnovarsi, si è affiancato il lavoro di Claudio, cuoco con altre esperienze, per promuovere un dialogo che possa essere stimolante per noi e gratificante per la clientela».
Lascio Marzia con il suo commosso ricordo di mamma e papà e vado d’istinto ai ricordi più belli della mia giovinezza gastronomica. Mi congedo dalla sala sobria ed accogliente del Tre Spade, poi uno sguardo all’insù a quella vetrina liberty e… penso che sia opera davvero meritoria valorizzare i prodotti del nostro territorio in modo serio, onesto e responsabile. E se la gallina di Saluzzo può aiutare a farlo, sia la benvenuta tra di noi.