La forza dell’amore, la forza delle parole

Siamo ad inizio anno e voglio sentirmi baldanzosa; vi farò quindi una confessione, nonostante sappia già che sarò poi odiata da tutte quelle signore (e sappiate che sono tante) che hanno assistito ed applaudito con vigoroso entusiasmo al reading La Sirena, portato in scena da Luca Zingaretti nelle giornate di Venerdì 19 e sabato 20 gennaio: non mi piace Luca Zingaretti. Non mi piace Zingaretti come uomo e, soprattutto, non mi piace come attore; lo trovo irritante nell’interpretazione del commissario Montalbano e mi ha sempre deluso nelle performance di teatro.
Detto ciò, voglio e devo ammettere che, proprio nel corso del suddetto reading, mi sono ricreduta. O meglio: penso che non arriverò mai ad amare l’attore romano quando veste i panni dell’investigatore siciliano, però devo riconoscere che ne La sirena ha dimostrato di avere la capacità di dare vita alle parole scritte, trascinando lo spettatore in mondi costruiti con mattoni fatti di suoni e di voci. E, lasciatemelo dire, questa non è una capacità da poco!
Il reading di teatro non è un genere semplice perché, durante la lettura, ci sono solamente la forza evocativa dell’interprete e quella del testo a conquistare lo spettatore. Tutto ciò che fa parte della scatola scenica è stato annullato, la magia è rimasta senza trucchi. Ma l’attore, quello bravo per davvero, ha ancora una carta speciale da esibire al pubblico: la sua voce, potente, avvolgente, coinvolgente, che dona spessore ai personaggi, tangibilità ai sentimenti, fa uscire dalle pagine bianche situazioni immaginarie lasciandole poi aleggiare nella sala, tra poltrone e spettatori. E Zingaretti è riuscito a fare questa magia, che forse è risultata ancora più toccante proprio per la semplicità del materiale utilizzato.
Egli, a fine spettacolo, ha poi confessato di essere stato il primo a rimanere incantato dal testo che ha scelto di portate in scena, ossia un racconto di Tomasi di Lampedusa nel quale la realtà si mescola alla fantasia, la vita alla morte; dove l’amore è quello eterno, e di una profondità tale da condizionare l’esistenza intera di uno dei protagonisti; è un amore tanto grande da apparire sovrumano, reso, infatti, con l’immagine della sirena.
Sempre all’amore in grado di superare il distacco della morte l’attore ha poi dedicato anche la recitazione di una poesia di Montale, ossia: Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale. Vi do un consiglio: leggetela, tenendo presente che l’autore l’ha dedicata alla moglie deceduta Drusilla Tanzi, la quale era stata affetta da una forte miopia. E se vi commuoverete, niente paura… siete senz’altro in buona compagnia!

 

Tomasi di Lampedusa è un autore italiano, nato a Palermo il 23 dicembre del 1896. Si dedicò alla scrittura a sessanta anni e morì a sessantadue. Durante questa sua breve carriera scrisse il noto romanzo Il Gattopardo, dal quale fu tratto l’omonimo film di Luchino Visconti, e alcuni racconti, tra i quali La sirena. Il titolo voluto dalla moglie di Tomasi per questo racconto sarebbe stato Lighea, dal nome di una sirena della mitologia greca. Il racconto è diviso in due parti. Della prima, dallo sfondo realistico, sono protagonisti due uomini di origine siciliana, che si incontrano casualmente in un bar di Torino, ed instaurano un’amicizia nonostante siano diversissimi per età, condizione sociale e cultura. Durante una delle ultime conversazioni, avvenuta prima che il vecchio professore parta per un viaggio, questi rivela al giovane giornalista un evento straordinario che ha tracciato il solco della sua vita: una stagione d’amore vissuto con una sirena. Qualche giorno dopo, il giovane imparerà proprio dalla redazione del giornale per cui lavora, che il professore è caduto in mare, scomparendo tra le onde, ed egli lo immagina finalmente di nuovo in compagnia del suo straordinario amore.

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