La cucina italiana è accademia

Chiacchierata con la delegazione Carpi-Correggio

Virginia Woolf scriveva: “Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene se non ha mangiato bene”. Chi meglio di noi emiliani conosce il cibo tradizionale? La nostra cucina ci rende famosi nel mondo per la qualità delle materie prime che danno vita a piatti succulenti, spesso di origine povera ma di grandissimo impatto gustativo. La conoscenza frutto della passione per la tradizione e della capacità artigianale giocano un ruolo fondamentale nel rendere la nostra cucina non solo un’esperienza per il palato, ma anche oggetto di una cultura gastronomica di altissimo livello.

Da questo concetto nasce l’Accademia Italiana della Cucina: essa ha il compito di salvaguardare la cultura italiana della tavola, espressione viva e attiva dell’intero Paese. La cucina è infatti una delle espressioni più profonde delle radici di una nazione: è il frutto della storia e della vita dei suoi abitanti, diversa da regione a regione, da città a città. L’Accademia Italiana della Cucina è nata da un’idea di Orio Vergani nel 1953 e si è capillarmente diffusa in tutta Italia, arrivando anche a Correggio. Ho così incontrato il Delegato della sezione Carpi – Correggio, nata nel 2003, il Prof. PierPaolo Veroni, a cui ho rivolto alcune domande per capire meglio le loro attività.

Per poter far parte dell’Accademia ci sono requisiti particolari?
«Gli Accademici non sono specialisti, ma cultori della materia: il cultore è colui che si documenta, approfondisce le conoscenze ma non è un professionista. L’importante è che ci sia questa voglia di confrontarsi. Monitoriamo costantemente il territorio e visitiamo vari ristoranti (sempre a pagamento): il risultato delle nostre conviviali, le relazioni che stiliamo, vengono pubblicate diventando patrimonio di tutti. L’Accademia poi organizza nel mondo la Settimana Italiana, facendosi così promotore all’estero della cultura italica; le Delegazioni sono oltre 300, di cui 90 all’estero, dato in costante crescita».

 

Come si riconoscono i prodotti tradizionali?
«Molto spesso si parla di tradizione senza conoscerne il significato. Nel 1998, proprio allo scopo di difendere la tradizione gastronomica con l’apertura massiccia al mercato europeo, il nostro Ministero ha istituito i prodotti agroalimentari tradizionali (PAT). Poi è nata la possibilità di istituire le De.Co, cioè le Denominazioni di origine Comunale, che però non hanno avuto ancora un grande sviluppo. I PAT sono organizzati in sistemi regionali che devono controllare e tutelare l’evoluzione di questi prodotti, rappresententando l’archetipo dei prodotti DOP e IGP, che prima di diventare tali devono essere PAT eda almeno 25 anni».

 

Quanto è importante il dialogo con gli Enti Locali?
«È tutto. Il dialogo è la prima cosa perché l’Accademia, in quanto Istituzione Culturale, deve mettersi a disposizione degli enti locali per sua natura, essendo un nucleo di persone esperte che lavorano per un bene comune».

 

Obiettivi per il 2019? Replicherete il convegno organizzato a Novembre al Teatro AsiolI?
«Ci piacerebbe organizzare un evento sulle paste fresche, approfondendo la conoscenza di pietanze straordinarie che abbiamo la fortuna di avere, come le diverse varianti dei tortelli».

 

Quest’anno avete consegnato a due attività correggesi, Forno Benassi e Pasticceria Alfieri, premi importanti.
«È un grosso riconoscimento, perché non è assegnato da noi, bensì direttamente dai vertici dell’Accademia a Milano: la Consulta esamina le proposte delle Delegazioni locali e autonomamente decide chi lo merita. Vincendo questi due premi, l’Alberini e il Villani (estremamente prestigioso), hanno dimostrato chiaramente lo spessore culinaria della città».

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