Anni fa, in un libro (L’ultimo distretto, di Patricia Cornwell) trovai questa frase: “Quando si nega il passato si tende a ripeterlo.
La coercizione a ripetere è un meccanismo potentissimo. Se non lo interrompi ti distrugge, ti risucchia in un gran buco nero”.
Me la annotai nel mio taccuino delle frasi da non dimenticare, un piccolo libretto dalle pagine ormai ingiallite che tendono a staccarsi, ma che mi tengo molto caro.
Qualche sera fa, dopo lo spettacolo teatrale “Il sindaco del rione sanità” in scena all’Asioli nelle giornate di martedì 8 e mercoledì 9 marzo, quella frase mi è tornata in mente, perché Don Antonio Barracano, il protagonista della pièce tratta dal testo di Eduardo de Filippo, lotta tenacemente per far sì che il futuro degli abitanti del suo quartiere non diventi una copia del passato, ingarbugliandosi irrimediabilmente nei fili di traiettorie già tracciate.
Ci riesce? Non proprio, per la verità.
Dalla casa di Barracano passano tutti coloro che vivono nel rione Sanità per chiedere pareri a Don Antonio su ogni tipo di problema: la vertenza familiare, il tasso dell’usuraio, la disputa lavorativa.
E Don Antonio, che in cuor suo insegue un disegno di giustizia, cerca di trovare soluzioni che portino la storia del quartiere ad una svolta, ad un futuro non più fatto di faide legate tra loro da una catena interminabile di vendette.
Il punto è che quella che mette in campo è una giustizia personale, soggettiva, “fatta in casa”.
Prima o dopo aver emesso il suo verdetto, lascia che sia il suo fidato amico medico a curare quella stramba popolazione di clienti/pazienti, ma entrambi gli uomini sono schiavi di una mistura che sa un po’ di bene e un po’ di male.
Perché comunque, nonostante i buoni propositi, Don Antonio Barracano non riesce a fare un vero balzo in avanti, lasciandosi per primo alle spalle la figura del camorrista; e probabilmente nemmeno lo vuole.
Al contrario, invece, utilizza a piene mani il suo potere, anche se forse davvero convinto di riuscire a gestirlo esclusivamente per elargire bene.
E un po’ di bene Don Antonio lo porta anche in scena.
Così, quando muore, ferito da un personaggio, un padre umiliato che non vuole piegarsi ai suoi disegni di pace, personalmente ho anche provato un po’ di dispiacere per questo pesce convinto di saper nuotare controcorrente tanto forte da riuscire a liberare i concittadini riottosi dalla forza avvolgente del destino.
Don Antonio Baraccano, comunque, risulta alla fine un paladino un po’ sghembo, perché è pronto a disarmare le persone, ma mantiene sempre la propria pistola, pronta a sparare, in tasca.
E il passato si riprende il futuro, nel rione Sanità.
È un insuperabile Eros Pagni a impersonare il ruolo di Don Antonio Barracano, che con questa parte ha ottenuto il premio Maschere del Teatro come migliore attore protagonista.