Il primo luglio è arrivato, si parte!
Nel programmare l’attività estiva, i cicloamatori della Ciclistica Correggio non dimenticano mai di cerchiare sul calendario la data di un appuntamento, ormai divenuto leggendario la Gran Fondo per antonomasia, la “Maratona Dles Dolomites” in quel di Corvara, Alta Badia.
Un evento internazionale, alla quale migliaia di ciclisti tentano di iscriversi: soltanto una ristretta cerchia, tuttavia, vi riesce, e tra i tanti compaesani che tentano la sorte dobbiamo sottolineare i tre iscritti d’ufficio, per merito, costanza e attaccamento. Superata la dodicesima iscrizione consecutiva, infatti, si diventa partecipanti di diritto: a dire il vero, i nostri portacolori hanno valicato di gran lunga tale soglia, con le 24 edizioni filate per Paride Lugli e le 22 di Giuliano Mussini e Pietro Cingi.
La scelta di prendere parte ogni anno a questa meravigliosa corsa è facilmente spiegabile: si tratta senza dubbio della più iconica manifestazione ciclistica nazionale, una vera e propria festa della bicicletta, incastonata nel cuore delle Dolomiti. Il poter godere appieno delle strade di quelle montagne, private del chiassoso viavài delle automobili e col solo fruscio delle biciclette a interrompere il silenzio, è una goduria indescrivibile. Certamente bisogna essere allenati per poter oltrepassare le sue ripide ascese, ma chi ama le due ruote sa benissimo che ogni sacrificio viene abbondantemente ripagato, che la sofferenza fisica si trasformerà in soddisfazione.
Tre diversi percorsi sono a disposizione degli oltre 9.000 partecipanti, tutti con partenza da La Villa e arrivo a Corvara. Il più agevole (si fa per dire), denominato “Percorso Sellaronda”, è lungo 55 km per 1780 m di dislivello: prevede il Passo Campolongo, il Passo Pordoi, il Passo Sella e il Passo Gardena. I nostri 3 vecchietti (li chiamo così perché hanno superato abbondantemente i sessanta, e non di velocità oraria) si cimentano invece sul “Percorso Medio”, 106 km per 3130 metri di dislivello: arrivati a Corvara, davanti a un bagno di pubblico festante, proseguono valicando nuovamente il Passo Campolongo; al bivio di Arabba, in fondo alla discesa, si svolta a sinistra verso Alleghe, dirigendosi verso la salita del Passo Falzarego, assai insidiosa poiché da affrontare con cinque valichi e settanta chilometri di corsa sulle gambe. Terminata l’ascesa si ha già la sensazione di aver compiuto una impresa stupefacente, subito ridimensionata dall’incontro coi primi ”Superman” del percorso lungo, che al loro passaggio “sverniciano” i nostri, più lenti ma rinfrancati dall’arrivo sempre più vicino. Purtroppo i corridori non hanno ancora finito di soffrire, perché i mille metri che portano dal Passo Falzarego al Passo Valparola si palesano come un terribile “drittone”, con impervie pendenze superiori al 10%: raggiunta la cima la soddisfazione è tanta, il panorama ineguagliabile, il corpo e lo spirito ne sono ristorati. Si ha l’impressione che il più sia fatto. Si riparte così in picchiata verso La Villa passando da San Cassiano, piena di pubblico sempre pronto ad incitare tutti quanti. Da due anni a questa parte, gli organizzatori “sadici” hanno complicato la vita a tutti questi eroi, inserendo una deviazione di ottocento metri che porta allo strappo detto “del Gatto”, i cui 100 metri conclusivi sfiorano il 20% di pendenza. Una tortura. Nella mente risuona la voce del buonsenso, che urla di scendere dalla bici e percorrerlo a piedi, ma l’incitamento della folla porta “quasi tutti” a compiere un ulteriore sforzo per arrivare in cima, raschiando dal barile quel po’ di adrenalina che è rimasta.
Gli ultimi 5 km dei 106 previsti, dopo sei ore di pedalata, sono una facile “passerella” in falsopiano che porta fino a Corvara: alla comparsa dei ciclisti sul rettilineo del traguardo, sono molti i sospiri di sollievo da parte dei congiunti, che pensano fra loro “meno male, anche quest’anno portiamo a casa la pelle”. Poco importa della classifica, poiché la sola gioia di aver concluso il tracciato ha il sapore di una grande vittoria.
C’è anche chi è così folle da intraprendere il percorso più lungo, intitolato “Maratona”, che si differenzia dal medio non solo per gli oltre 40 km aggiuntivi, ma soprattutto perché include lo spauracchio di tutti, il mitico Passo Giau, 12 durissimi chilometri ad una pendenza media del 9,7%. Anche i nostri prodi Paride, Giuliano e Pietro, “quando saltavano i fossi per il lungo”, optavano per il più impegnativo dei tragitti, tuttavia ad oggi l’età, le gambe, l’adipe, il fiato e le patologie varie non permettono più questa immane fatica.
Giunti allo striscione conclusivo, i triumviri della bicicletta ci hanno rilasciato queste brevi, sfiatate impressioni: «Tutto stupendo come sempre, il prossimo anno la rifaccio senz’altro perché vorrei arrivare a 25 fatiche consecutive» dice Paride, mentre Giuliano, al contrario, dichiara: «Basta, questa è l’ultima, dalla prossima farò solo lo spettatore» (l’abbiamo già sentita diverse volte, ma sarà dura resistere al richiamo di queste montagne).
Pietro, come la virtù, sta nel mezzo: «la prossima volta accorcerò un po’ il percorso, rallentare di più non posso altrimenti “cappotto” (voce del verbo cappottare), ma non mollo neanche se mi legano».
La Maratona non è solo fatica, è l’incontro di migliaia di persone, provenienti da tutto il mondo, che si radunano in un luogo magnifico della nostra Italia: nei giorni che precedono la Gran fondo ci si può concentrare sulla natura rigogliosa, sulla ghiotta enogastronomia e su queste meravigliose montagne, che fanno da cornice all’ “enrosedira”, l’ora in cui al tramonto si dipingono di colori che vanno dal rosa al viola, colori che non esistono in nessuna tavolozza, neanche su quella dei grandi impressionisti. Montagne fatte di “dolomia”, dal nome di chi per primo le ha studiate, il francese Deodat de Dolomieu: non a caso questo sito mozzafiato è stato proclamato patrimonio dell’Unesco. Alla partenza per il ritorno verso casa (in macchina, non vorrei pensaste male) c’è un po’ di nostalgia, ma i nostri tre eroi pensano già, irrimediabilmente, alla prossima edizione. Età permettendo, s’intende.