Una testimonianza del CE.DO.ST.OR.CO, Centro di Documentazione della Storia Orale di Correggio.
D – Signor Agenore Pizzetti, lei era vicesegretario del direttivo della sezione del PCI negli anni ‘60 e ‘70, quando la Pirondini Mafalda frequentava il partito.
Adesso accendo il registratore e lei può parlare liberamente.
Come sa, vogliamo raccogliere le vostre testimonianze prima che… insomma… (nell’imbarazzo in cui sprofonda quell’attimo di silenzio, si può immaginare Agenore Pizzetti che si tocca le parti basse)… Come se la ricorda la Mafalda? Che posizioni politiche teneva?
R – Conobbi la compagna Pivèta nelle serate di preparazione della festa dell’Unità, quando veniva con le altre donne a preparare i cappelletti. Tu non lo sai ma preparavamo trecentocinquantamila cappelletti, tu lo sai cosa vuol dire tirare-riempire-piegare-pressare la pasta per trecentocinquantamila cappelletti?
Compravamo sei quintali di carne di maiale dalla cooperativa d’ingrasso e macellazione dei maiali, che ogni anno quando s’avvicinava luglio i maiali giuro si davano la voce e cominciavano a piangere come i tacchini il giorno del Ringraziamento in America.
Poi compravamo tre quintali di polpa di manzo tenera dalla cooperativa di allevamento e macellazione.
Le vacche vengono tenute per il Parmigiano Reggiano fino alla vecchiaia, mentre i manzi vengono cresciuti un po’ e poi venduti per il ripieno alle feste dell’Unità. Almeno qui in Emilia, ed è una vera sfiga per i manzi. Che l’avevamo anche discusso in sezione, cioè che si stava consumando un vulnus alla parità dei sessi: si mantenevano le femmine e si sacrificavano i maschi. Ma fu difficile arrivare ad un documento unitario, perché le compagne dell’UDI si erano ribellate dicendo che non si era mai visto i cappelletti con la carne di vacca in pensione, anche se io e il segretario della sezione, il povero Gallingani, eravamo convinti che dicessero così per partito preso.
D – Capisco: il PCI e la questione delle pari opportunità, è un tema di straordinario interesse… e la Pirondini Mafalda, coordinatrice distrettuale di Noi Donne, ovviamente era in prima fila su questo problema, no?
R – Calma, porta pazienza. Prima l’analisi del contesto, mi dicevano sempre alla scuola di partito. Mica è così semplice fare i cappelletti! Per esempio il Grana da grattugiare, che ce ne andava nel ripieno e anche nel brodo. La latteria sociale del ponte di Marina ci consegnava le venti forme tagliate a spicchi, poi la festa dell’Unità di Reggio ci prestava una grattugia che dritta era alta come un uomo… sì come un uomo basso…
D – Per favore tralasci i dettagli. Veniamo al dunque.
R – Dunque: i chiodi di garofano tu dove li metti?
D – Dove metto i chiodi di garafano?
Ma cosa vuole che me ne…
R – No, perché il numero esatto di chiodi di garofano è uno ogni venti cappelletti che vuol dire diciassettemilacinquecento chiodi, praticamente il raccolto di una intera regione del Madagascar non so se rendo l’idea, che ordinavamo a gennaio alla bottega dell’equo e solidale così la raccolta poteva essere pianificata dai compagni del Madagascar, che sono venuti una volta a Correggio con un gemellaggio organizzato dalle Botteghe Oscure, e sono venuti a vedere come facevamo a mangiare tutti quei chiodi di garofano a Correggio. Erano molto stupiti e noi li abbiamo portati in giro per le cooperative della zona, e loro dicevano: sì, ma i chiodi di garofano? Purtroppo era marzo ed eravamo troppo lontani dal tempo della festa dell’Unità…
D – Sì. Sì, molto interessante… la politica estera del PCI e i gemellaggi può essere una bella pista di ricerca… e certo la Mafalda ne è stata una delle protagoniste…
R – Adesso ci arriviamo, se hai un attimino di pazienza ci arriviamo…
(l’improbabile conclusione al prossimo numero)